sabato, Novembre 23, 2024
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World Wildlife Day: l’industria del tabacco che avvelena il pianeta

Oggi si celebra il “World Wildlife Day”, la giornata mondiale voluta dall’ONU per ricordarci della fondamentale importanza della biodiversità animale e vegetale e per celebrare l’importanza dell’ambiente selvatico.

Il tema della giornata di quest’anno è “Foreste e mezzi di sussistenza: sostegno delle persone e del pianeta”, voluta per sottolineare il ruolo fondamentale delle foreste per il sostentamento di milioni di persone nel mondo, in particolare della comunità indigene, che dalle foreste traggono non solo cibo, ma anche riparo e protezione.

Secondo le stime ONU si parla di oltre 200 milioni di persone che vivono sfruttando le foreste, grazie alle quali alimentano anche le proprie identità culturali.

Un ambiente che ad oggi risulta essere minacciato non solo dai cambiamenti ambientali, ma anche dalla deforestazione selvaggia compiuta dall’uomo, che sottrae spazio sia all’ambiente naturale sia alle popolazioni che abitano queste aree.

FORESTE E TABACCO

Discorso che non suona nuovo per quanto riguarda le piantagioni di tabacco: sappiamo che tale produzione alimenta un giro multimiliardario a livello globale, soprattuto grazie alla vendita dei derivati, come le sigarette, a loro volta causa di danni alla saluta umana.

L’impatto sulla salute ambientale della produzione del tabacco è incredibile: secondo l’OMS non solo la coltivazione di tabacco contribuisce alla deforestazione di vaste aree, aumentando quindi l’utilizzo di pesticidi e sostanze chimiche che inevitabilmente avvelenano l’ecosistema circostante; ma l’essiccazione delle foglie molte volte richiede l’utilizzo di grosse quantità di legna, circa 11,4 milioni di tonnellate l’anno.

Un processo che altera la fertilità e la produttività dei terreni interessati.

SFRUTTAMENTO DEL LAVORO MINORILE

Ma il risvolto peggiore riguarda lo sfruttamento del lavoro minorile: secondo dati risalenti al 2018, raccolti sia da Human Rights Watch che dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, in Asia, Africa e Centro America, circa 1 milione e 300 mila lavoratori sotto i 14 anni vengono impiegati nella catena produttiva del tabacco.

Ragazzi pagati circa 30 centesimi (dollari) per ogni kg di foglie raccolte: basti pensare che un 1 kg di foglie permette la produzione di circa 1200 sigarette.

Bambini che non solo devono abbandonare gli studi e che vengono sottoposti a ritmi di lavoro estenuanti, ma entrano anche in contatto prematuramente con il tabacco e le sostanze tossiche utilizzate nella produzione, con conseguenze gravi per la loro salute.

Inoltre il lavoro nei campi incentiva il consumo orale del tabacco anche in età prematura.

Un problema trasversale che riguarda moltissimi stati sparsi in diversi continenti, come Argentina, Bangladesh, Brasile, Cambogia, Ghana, Honduras, Kenya, Malawi, Mozambico, Tanzania, Tailandia, Uganda e Zimbabwe.

Una produzione ipocrita divisa tra il divieto di vendere sigarette ai minori e lo sfruttamento di bambini e ragazzi nella catena produttiva.

Accendere una sigaretta significa anche capire che tipo di industria vi è dietro. I cambiamenti sono possibili: smettere di fumare è una scelta che non riguarda solo la propria salute ma anche quella dei lavoratori sfruttati e dell’ecosistema.

chiara nobis

Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.

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