Lo scorso maggio, veniva dimostrato da una pubblicazione dei ricercatori del CoEHAR che: l’assunzione di nicotina derivata dalla modalità di svapo, potrebbe – ma sono necessari ulteriori studi per confermarlo – avere un’azione protettiva in termini di possibilità di contrarre l’infezione da coronavirus.
Secondo l’articolo “Smoking and SARS-COV-2 Disease: Dangerous Liaisons or Confusing Relationships?” firmato dai massimi esperti del CoEHAR, ad oggi, non esistono dati o prove sperimentali che suggeriscano un impatto significativo del fumo nel complesso meccanismo di correlazione tra l’enzima ACE-2 e il virus SARS-COVID-2.
Il direttore del CoEHAR, Giovanni Li Volti, in una nuova intervista rilasciata ai microfoni di LIAF, spiega le novità introdotte da questo nuovo studio e ne sottolinea l’importanza scientifica per tutto il mondo della ricerca.
“Resta confermato – spiega Li Volti – che per chi ha delle patologie già a rischio (come ad esempio la BPCO o altre malattie fumo correlate) e fa uso di sigarette il decorso della malattia contratta resta comunque più difficoltoso che per gli altri“.