Cosa lega una iniziativa privata tesa a prevenire il fumo tra gli adolescenti negli Stati Uniti con l’implementazione di Politiche da Riduzione del Danno da Fumo nei paesi maggiormente colpiti da questa piaga? Apparentemente nulla. In realtà, vi è una marcata linea rossa che unisce le due dinamiche.
La Bloomber Philantropies
Nel Settembre 2019 la Bloomberg Philanthropies stanziava 160 milioni di dollari per una campagna dalla durata di tre anni tesa a promuovere politiche anti-fumo tra gli adolescenti statunitensi. Tra gli obiettivi dell’iniziativa, il divieto di commercializzazione delle sigarette elettroniche (e relativi aromi) e il blocco delle attività di tutte le società produttrici di Ecig nel Paese.
Negli anni successivi, il messaggio anti-vaping dominava la discussione politica tra i media statunitensi insieme alla paura crescente di rischi per la salute erroneamente collegate all’uso di sigarette elettroniche. Insieme agli Stati che vietavano tout-court la commercializzazione e l’uso di tali dispositivi montava, infatti, una progressiva campagna di demonizzazione delle e-cig e dei rischi collegati al loro utilizzo.
Tutto questo ha portato un risultato concreto: tra il 2019 e il 2020 si è assistito ad un drastico calo nell’utilizzo di ecig tra gli adolescenti statunitensi.
Una storia di successo, che ha visto l’iniziativa filantropica di un privato raggiungere un obiettivo di salute pubblica.
Ma è davvero cosi’?
Quando la filantropia diventa dannosa
In realtà, secondo molti esperti internazionali, le iniziative del miliardario Michael Bloomberg promuovono un approccio distorto al Tobacco Harm Reduction ed hanno ripercussioni politiche per tutte le politiche di Riduzione dal Danno da Fumo a livello globale.
“La scienza deve servire la verità, non gli interessi e le ideologie – ha commentato il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR e considerato lo scienziato più citato al mondo nel campo degli studi scientifici sulle sigarette elettroniche – “È facile fare allarmismo ingannando chi non ha conoscenze adeguate per valutare le informazioni in modo critico, e trovo che sia molto disonesto che eminenti scienziati e filantropi abusino della loro posizione e della loro conoscenza per disorientare cittadini, giornalisti e governi.”
Numerosi studi scientifici hanno ormai appurato come le sigarette elettroniche siano uno strumento meno dannoso per la salute rispetto alle sigarette convenzionali. Il mercato di riferimento a cui principalmente si rivolgono tali strumenti è quello dei fumatori adulti che non riescono a smettere di fumare da soli e scelgono di passare a soluzioni prive di combustione.
Vietare integralmente l’uso di sigarette elettroniche per stoppare l’utilizzo tra gli adolescenti non sembrerebbe la scelta più opportuna poiché, secondo molti esperti del settore, produce più danni che benefici per tutti gli adulti che cercano di smettere di fumare.
“Qualsiasi crociata contro lo svapo è contro gli interessi della salute pubblica. Ed è tanto più odioso quando sostenuto da milioni di dollari milioni infatti è la parola chiave. Milioni di persone vogliono smettere di fumare ma non ci riescono, quindi continuano con un’abitudine che ne ucciderà la metà a causa di tutte le sostanze cancerogene rilasciate dalla combustione. È il fumo che uccide, non la nicotina. Lo svapo aiuta le persone a smettere” ha dichiarato a LIAF Harry Shapiro, giornalista internazionale e rinomato esperto di Tobacco Harm Reduction.
“Cento milioni di persone in tutto il mondo hanno già intrapreso questa via (della sigaretta elettronica) per evitare il fumo, ma questa è solo una piccola parte rispetto al miliardo di persone che ancora fumano in tutto il mondo. Un’agenda morale contro l’uso della nicotina non fa nulla per ridurre il bilancio delle vittime del fumo che- secondo le stime dell’OMS – causerà un miliardo di vittime entro la fine del secolo” ha aggiunto l’editore esecutivo del Global State of Tobacco Harm Reduction report.
Una crociata contro i poveri
Le attività filantropiche di Bloomberg non si limitano all’Occidente ma, attraverso una complessa rete di organizzazioni senza scopo di lucro che finanziano ed influenzano il processo di definizione delle politiche di salute pubblica, si ramificano anche in molte paesi in via di sviluppo.
Il dibattito sulle Ecig e, in particolare, sul diritto dei fumatori ad avere alternative piu’ sicure rispetto alla sigaretta tradizionale non si limita solo ad una questione di salute pubblica ma fa parte di un più ampio dibattito di giustizia sociale per i paesi più poveri. La maggior parte dei fumatori si concentra infatti nei paesi a medio e basso reddito.
L’80% di fumatori vive nel Sud-Est Asiatico, Africa, Medio Oriente e nell’area Mediterranea. In paesi come Cina, India e Indonesia i fumatori nazionali rappresentano il 46% di tabagisti globali. In queste regioni, anche la mortalità da fumo è la più alta al mondo.
“Nonostante la filantropia sia necessaria nei paesi in via di sviluppo, quando viene utilizzata per influenzare la politica e raggiungere obiettivi ostili agli interessi di un paese, le conseguenze possono essere disastrose.” Così si esprime a proposito del “colonialismo filantropico” Samrat Chowdhery, Presidente dell’International Network of Nicotine Consumer Organisations (INNCO).
Ed è proprio un recente report dell’INNCO a confutare tutte le argomentazioni fornite dall’Unione, finanziata da Bloomberg, sul divieto di alternative a basso rischio nei Paesi in via di Sviluppo.
“Il termine filantropicapitalismo si applica in particolare alle modalità con cui Bloomberg Philanthropies sostiene tutte le politiche anti-svapo nei paesi in via di sviluppo, di fatto privando i fumatori locali di un’alternativa meno dannosa. La discriminazione è evidente perché non propongono gli stessi divieti nel mondo sviluppato” ha dichiarato Chowdhery.
Antonino D'Orto, giornalista, laurea in Comunicazione e Relazioni internazionali è impegnato da anni nella comunicazione istituzionale ed Ufficio Stampa. Per LIAF Magazine si occupa di Esteri, Riduzione del Danno da Fumo, geopolitica sanitaria.