Sondaggi effettuati negli anni in diverse parti del mondo hanno dimostrato che la maggior parte delle persone intervistate sulla percezione della nicotina crede che essa sia il fattore di rischio determinante collegato ai danni da fumo.
Il risultato di questi sondaggi ci dice, infatti, che il 38% degli intervistati crede che la nicotina sia un fattore di rischio per infarto e ictus; il 50% la ritiene un fattore di rischio moderato ed il 40% la ritiene la principale causa di tumori.
Va detto altresì che un paper intitolato “Tobacco Harm Reduction in the 21st century” (e realizzato dalla ricercatrice Renée O’Leary e dal prof. Riccardo Polosa) offre una visione a 360 gradi della dipendenza da tabacco che parte dalla definizione chiara del ruolo che ha la nicotina nei danni fumo correlati.
La comunità scientifica da sempre dibatte su questo tema ed è molto importante che chi fornisce servizi sanitari sia preparato sull’argomento, proprio per evitare che passi una comunicazione sbagliata.
“Se analizzassimo la nicotina, sapremmo che è uno stimolante ed è il principale componente della pianta del tabacco. Si trova in quasi tutti i prodotti a base di tabacco, ma anche in diversi tipi di medicinali, come quelli che vengono utilizzati dai centri antifumo e nei percorsi di smoking cessation, si pensi alle gomme o ai cerotti. La nicotina può avere anche degli effetti positivi, utile nella gestione di patologie depressive” – si legge nel report.
Quand’è, allora, che bisogna fare attenzione?
La nicotina è velenosa se assunta in elevate concentrazioni, e può aggravare lo stato di salute quando un individuo presenta già dei problemi correlati. Se assunta durante la gravidanza, ad esempio, risulta dannosa e può causare danni al feto.
La nicotina crea dipendenza? Sì.
Questo è, infatti, uno dei fattori più complessi per chi prova a smettere di fumare.
Il grado di dipendenza da nicotina dipende dalla velocità con cui viene introdotta nell’organismo e raggiunge il cervello. Nei fumatori l’assunzione avviene rapidamente e questo è ciò che causa la dipendenza a tutti gli effetti. Naturalmente questo processo non avviene durante le terapie dei centri antifumo. In quel caso la nicotina viene rilasciata a dosi, gradualmente.
Le barriere socio-culturali ed economiche, tra cui tasse elevate e percezioni sbagliate sulla nicotina, hanno influenzato negativamente la comunicazione e questo ha impedito che tali prodotti fossero accessibili a tutti.
Gli strumenti a rischio ridotto sono il 95% meno dannosi rispetto alle sigarette convenzionali. Per chi non riesce a smettere di fumare da solo, passare a prodotti senza combustione consente di ridurre i danni fumo correlati e nel mondo questo consente di salvare milioni di vite. Questo è il principio su cui si basa l’Harm Reduction (la teoria scientifica della Riduzione del Danno).
Martina Rapisarda ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne e la Laurea Magistrale in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo presso l’Università degli Studi di Catania. Ama il cinema, le serie tv e il teatro. Ha fatto parte dell’associazione culturale “Leggo”. Ha lavorato presso il Centro CInAP dell’Università degli Studi di Catania, curandone la comunicazione, i social media e l’organizzazione degli eventi in ambito universitario. L’interesse per la scrittura, e per i temi che riguardano la salute prima di tutto, l’ha portata a collaborare con Liaf dopo un percorso di successo che si è concluso con l’abbandono definitivo della sigaretta convenzionale. Il suo ruolo all’interno del team è quello di copywriter.