Iniziare un percorso per smettere di fumare e pensare di raggiungere l’obiettivo nel giro di poco tempo è una concezione troppo semplicistica: circa l’80% dei fumatori continua a fumare per anni, nonostante si sottoponga a trattamenti intensivi.
È indubbio che il beneficio anche di una singola sigaretta in meno si traduca in un sostanziale miglioramento delle condizioni di salute e della qualità di vita, ma proprio perchè una sigaretta può fare la differenza, così il continuare a fumare reitera comportamenti dannosi.
Metodi tradizionali come i cerotti alla nicotina, gli inalatori o gli spray nasali, se abbinati alla giusta terapia cognitivo-comportamentale possono funzionare, ma i risultati sono modesti: ogni anno, delle migliaia di fumatori che raggiungono i centri antifumo, solo un’esigua percentuale avvia con successo per un percorso di cessazione.
I ricercatori della Queen Mary University of London hanno dunque deciso di indagare quali siano le percentuali di successo se si paragonano i metodi tradizionali alle sigarette elettroniche.
Nello studio “E-cigarettes versus nicotine replacement treatment as harm reduction interventions for smokers who find quitting difficult: Randomised controlled trial”, pubblicato sula rivista Addiction, sono stati reclutati 135 fumatori cosiddetti “incalliti”, ovvero che non erano stati in grado di smettere con le terapie convenzionali.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: al primo, è stata data la possibilità di scegliere una tipologia di terapia sostitutiva a base di nicotina a propria scelta per un periodo di 8 settimane, al secondo è stata fornito un vaping starter pack con l’indicazione di acquistare i liquidi senza restrizioni sugli aromi o sulle concentrazioni di nicotina da utilizzare.
Entrambi i gruppi hanno ricevuto un supporto comportamentale minimo da abbinare ai metodi scelti.
Quali sono stati i benefici di questo approccio?
I fumatori che hanno dichiarato, al follow up dei sei mesi, di aver smesso completamente di fumare o di aver ridotto di almeno la metà il numero di sigarette fumate sono stati invitati a sottoporsi a misurazioni dei livelli di monossido di carbonio.
Basandosi sui dati e sulle misurazioni effettuate, i risultati sembrano parlare chiaro: dopo sei mesi, nel gruppo di fumatori che ha utilizzato le sigarette elettroniche, circa il 27% ha ridotto il numero di sigarette consumate di almeno la metà, a differenza del 6% del gruppo delle terapie convenzionali.
Stesso discorso per i tassi di cessazione, ottenuto da circa il 19% degli utilizzatori di ecig contro il 3% del secondo gruppo.
“Questi risultati dimostrano importati implicazioni cliniche per i fumatori che non sono stati in grado di smettere in precedenza con i trattamenti convenzionali” dichiara la dottoressa Katie Mayers Smithy, prima autrice dello studio “si dovrebbero raccomandare le ecig per coloro che hanno avuto difficoltà a smettere con altri metodi, soprattutto quando vi è un limitato accesso a terapie comportamentali di supporto”.
Dal mondo britannico, un altro importante studio che conferma come le terapie alternative, che si basano sul principio dell’harm reduction, rappresentino un’arma efficace non solo per coloro che si occupano di cessazione, ma per tutti i fumatori che non hanno alternative.
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.