“Quasi tutti nella mia famiglia fumavano. Ho iniziato a fumare nel 1969 all’età di 10 anni. Ho rubato la mia prima sigaretta a mio nonno. Lo ammiravo e volevo essere come lui. Ho fumato dal 1969 al 2015. Non sono riuscita a smettere di fumare così tante volte che ho rinunciato anche a provare a smettere. Nel 2014 ho iniziato a usare i prodotti elettronici a rilascio di nicotina soprattutto se mi trovavo in luoghi in cui non potevo fumare. Circa quattro mesi dopo, mi sono resa conto di aver smesso di fumare senza averlo programmato”.
Per mettere a tacere la ricerca scientifica che trent’anni fa iniziava a lanciare campanelli d’allarme sugli effetti devastanti che il fumo aveva sulla salute umana, l’industria del tabacco ha sovvenzionato intere campagne di disinformazione. Il risultato? Un prezzo altissimo, che stiamo pagando ancora oggi, quando anche in presenza di prove scientifiche che dovrebbero darci ragione nel campo del consumo di nicotina siamo portati a titubare.
E, nel frattempo, i più vulnerabili rimangono in balia del gioco della dipendenza da sigaretta e i tassi sul fumo non diminuiscono. La diffusione dei prodotti elettronici rappresenterebbe, sulla carta, una possibilità per arginare il problema, ma comporta incentivare programmi di educazione e prevenzione soprattutto per le popolazioni a rischio, come adolescenti e preadolescenti.
“Fumare era una cosa accettata quando ero adolescente. Nel mio liceo, l’area fumatori dedicata erano i bagno per i ragazzi e le ragazze. Ci veniva permesso di fumare lì” ci racconta Skip Murray, ricercatrice presso il Consumer Center della Taxpayers Protection Alliance, ex fumatrice ed ex proprietaria di un negozio per il vaping negli Stati Uniti. Skip è soprattutto una sostenitrice appassionata dei consumatori di prodotti a base di nicotina a rischio ridotto e volontaria di Safer Nicotine Wiki, un gruppo che lavora per fornire informazioni sui metodi per usare la nicotina più sicuri del fumo.
Skip ci racconta la situazione attuale della dipendenza da fumo e dell’abitudine al vaping tra i giovani americani da una prospettiva diversa, che raramente implica una formazione e un’educazione alla prevenzione corretta “Ad oggi, le persone raramente parlano di adolescenti che fumano. Sembra quasi che siano stati dimenticati. Allo stesso tempo, le nostre scuole sono molto preoccupate per gli adolescenti che svapano. Alcune scuole hanno addirittura rimosso le porte d’ingresso ai servizi igienici o installato monitor che rilevano fumo o vapori. Queste azioni sono sbilanciate rispetto ad altri problemi che i nostri ragazzi stanno affrontando. I tassi di depressione, ansia e suicidio tra gli adolescenti sono in aumento, così come i casi di adolescenti che muoiono per avvelenamento da fentanil. Mi rattrista il fatto che non prestiamo la stessa attenzione alla salute mentale e all’uso di droghe letali come al consumo di nicotina”.
Serve dunque avviare un dialogo costruttivo che alla base presenti le informazioni corrette sulla nicotina e sulle maniere di consumarla e i relativi rischi che ogni scelta comporta. Ma come facilitare il dialogo tra ricercatori e popolazione?
“Parlare di umanizzazione della ricerca scientifica significa che dobbiamo fare un lavoro migliore per comprendere le persone che sono influenzate dalla nostra ricerca. È comune vedere scritta una raccomandazione di tipo politico o normativo nella conclusione di un documento. Vengono mai prese in considerazione le conseguenze indesiderate di tali raccomandazioni o il modo in cui influenzano le persone a cui sono dirette?
Un’altra area che necessita di umanizzazione è una valutazione ponderata del dialogo utilizzato durante la composizione di un sondaggio o la comunicazione dei risultati del lavoro di ricerca. Prima di scrivere un sondaggio, i ricercatori dovrebbero avere familiarità con le parole usate da coloro che vogliono studiare. I sondaggi dovrebbero essere chiari e comprensibili per coloro che vengono intervistati. I risultati della ricerca dovrebbero essere scritti in modo chiaro e conciso che sia facile da capire per tutti, e fare uno sforzo per evitare stigmatizzazione e linguaggio razzista.
Prima di avviare una ricerca sui prodotti a vapore, i ricercatori dovrebbero approfondire l’uso delle apparecchiature utilizzate nei test grazie al rapporto con produttori e consumatori. Senza alcuna comprensione dello strumento, quello stesso dispositivo può essere utilizzato in maniera non tollerabile. E ciò non fornirà i dati accurati necessari per educare e aiutare a elaborare politiche vantaggiose per la salute pubblica.
Voglio vedere più ricerche che includano le popolazioni vulnerabili con la più alta prevalenza di fumatori. Perché fumano? Di che tipo di aiuto hanno bisogno per smettere di fumare? Come possiamo garantirgli più accesso a opzioni per smettere di fumare? In che modo i prodotti alternativi a rilascio di nicotina potrebbero aiutarli?”
Un discorso che non tralascia una delle prime linee di contatto di chi fuma sigaretta con i dispositivi alternativi, ovvero i negozi per i prodotti del vaping, ad oggi oggetto di normative e regolamentazioni stringenti in suolo americano.
“Ho avuto un negozio fino alla fine del 2021. Mano a mano la scelta per i consumatori si è ridotta perché la Food and Drug Administration non ha concesso il permesso a molti prodotti di rimanere sul mercato. A causa delle restrizioni sulle spedizioni, è molto difficile per le aziende vendere online. Altri falliranno in futuro. I prodotti che hanno ricevuto l’autorizzazione a rimanere sul mercato dalla FDA non sono i prodotti venduti dalla maggior parte dei negozi. Anche per i liquidi utilizzati dagli svapori la situazione è cambiata: prima erano disponibili in vari dosaggi di nicotina e ciò consentiva ai consumatori che volevano smettere di svapare di ridurre l’assunzione di nicotina gradualmente fino ad arrivare al punto di smettere di svapare. Fino ad oggi, tutti i prodotti che sono stati autorizzati dalla FDA sono prodotti preriempiti con un alto contenuto di nicotina.
La chiusura di molti negozi significa che i consumatori perdono una vasta rete di supporto composta da persone che fumavano, e che a loro volta aiutavano gli altri a smettere”
Anche per gli operatori sanitari diventa difficile poter avviare un dialogo costruttivo con chi fuma: “Ci troviamo di fronte a una grande quantità di disinformazione che impedisce ai consumatori che non riescono a smettere di fumare di passare a un’alternativa più sicura. Questa disinformazione influenza i nostri operatori sanitari in merito all’uso di prodotti adel vaping per aiutare le persone a smettere di fumare.
Molti prodotti che piacevano ai fumatori sono ora vietati. Quei prodotti sono stati di aiuto all’interno dei loro percorsi di cessazione e hanno impedito per molti una ricaduta”.
Skip, che consiglio daresti a qualcuno vicino a una persona che fuma?
“Sostienili senza giudizio. Fai attenzione ai segnali che potrebbero indicare che queste persone sono pronti a smettere di fumare. Quando sono pronti, assicurati che dispongano di tutte le informazioni corrette sulle opzioni che potrebbero aiutarli a smettere. Lascia che scelgano ciò che pensano possa funzionare meglio per loro, quindi supporta quella scelta. Sii disponibile se hanno bisogno di supporto morale. Alcune persone non smettono subito. Va bene. Smettere di fumare è difficile”
E per i più giovani?
“Dobbiamo aiutare i nostri figli a imparare a fare buone scelte in modo che non inizino mai a fumare. Ciò significa che dobbiamo capire perché potrebbero fumare e agire per affrontare questi problemi. Cose come povertà, malattie mentali e altre esperienze infantili avverse. Non tutti i bambini iniziano a fumare a causa della pressione esercitata dai coetanei. Alcuni usano sostanze perché hanno bisogno di sentirsi meglio. Man mano che un minor numero di bambini inizia a fumare, conosceranno sempre meno persone che muoiono a causa del fumo quando sono adulti.
Un punto importante da ricordare è che quando i genitori fumano, i loro figli hanno maggiori probabilità di fumare. Per questo, mentre facciamo del nostro meglio per prevenire l’iniziazione tra i giovani, dobbiamo anche fare di più per aiutare le persone che già fumano. Preferibilmente prima dei 45 anni, ma smettere a qualsiasi età è vantaggioso”.
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.