In ambito internazionale, molti paesi hanno deciso in piena autonomia come portare avanti il lockdown a seguito dell’epidemia di COVID-19, prendendo molto spesso decisioni contestabili.
In Italia, prima della rettifica governativa, i negozi dedicati al vaping erano stati chiusi, giudicati “non essenziali”. La scelta comportava in rischio di far ricadere migliaia di fumatori nel vizio del fumo: l’ansia e lo stress generati dalla situazione insieme alla chiusura dei vapeshops mettevano i tabagisti in una difficile posizione.
Situazione diversa in Sud Africa: la vendita di alcol e tabacco è stata vietata ad inizio quarantena. Nella categoria “prodotti del tabacco” rientrano anche le sigarette elettroniche e snus. Un paese dove il tasso di fumatori è estremamente elevato e la situazione critica a causa dalla possibilità di accedere a prodotti contraffatti sul mercato nero.
Molti svapatori attendevano con ansia la revoca del bando con l’ingresso nella FASE 4 del lockdown, pianificata per il primo di maggio, ma il dietrofront del governo ha suscitato non poco clamore, tanto da portare a una petizione online firmata già da migliaia di persone.
Una decisone che, secondo la VPASA, l’associazione che riunisce produttori e venditori del settore del vaping in Sud Africa, creerà “più danno che beneficio”.
“Siamo molto contrariati dal dietrofront del governo di non permettere la vendita dei prodotti per il vaping con l’entrata in vigore della Fase 4 del lockdown il primo di maggio. Ciò significa che anche l’alternativa meno dannosa delle sigarette elettroniche rimane bandita. Limitarne la vendita non tiene conto della riduzione del danno”. (Dichiarazione della VPSA)
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.