mercoledì, Gennaio 8, 2025
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Global State of THR: ecig una rivoluzione senza precedenti 

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Global state of THR ecig rivoluzione

Dati alla mano, la terza edizione del report Global State of Tobacco Harm reduction traccia un quadro chiaro sui prodotti alternativi a rilascio di nicotina: nonostante più di 100 milioni di persone siano ormai consumatori abituali, le morti tabacco-correlate superano ancora gli 8 milioni l’anno e la strenua opposizione dei governi e di alcune agenzie di salute pubblica sembrano tracciare un percorso in salita per i fumatori che non riescono a smettere 

Opportunità storica o una faccia diversa di una stessa medaglia? Secondo the Right Side of History:Global State of Tobacco Harm Reduction la risposta non è mai stata più chiara e viene confermata dai più di 100 milioni di consumatori di dispositivi alternativi a rilascio di nicotina, dalle sigarette elettroniche ai sacchetti alla nicotina passando per lo snus, e che ormai hanno deciso di abbandonare il fumo combusto.

Purtroppo, le previsioni del report, sebbene trovino conferma nell’ormai innegabile mole di risultati ottenuti in campo scientifico, non delineano previsioni rosee per un’apertura nel breve periodo da parte di istituzioni e agenzie di salute pubblica. 

Il report traccia infatti un’accurata radiografia della riduzione del danno in ambito del consumo del tabacco, partendo dall’invenzione per eccellenza e più rappresentativa dei prodotti emergenti, ovvero la sigaretta elettronica, fino alle aperture da parte di numerosi governi, come quello inglese.

L’ascesa dei prodotti da svapo, nati in piccole start-up, spesso in Cina, ha causato sconvolgimenti, preoccupazioni e confusione tra i principali attori dell’industria del tabacco” spiega nell’introduzione Gerry Stimson, direttore di  Knowledge•Action•Change. “Grandi aziende che producono miliardi di sigarette all’anno sono state spiazzate. Questa nuova tecnologia non è emersa dalle loro strutture di ricerca e sviluppo, né può essere rivendicata dalla sanità pubblica.

Ma le prove contano – e ce n’è una montagna crescente relativa al rischio notevolmente ridotto associato a prodotti a base di nicotina più sicuri. Fortunatamente, un certo numero di paesi ha potuto vedere i vantaggi di consentire alla propria popolazione di fumatori di passare dai pericoli del fumo di sigaretta a prodotti molto più sicuri”.

Nonostante i numeri del fronte della riduzione del danno stiano crescendo, sono ancora troppi i fumatori attratti dalla sigaretta: con oltre 1,1 miliardi di fumatori nel mondo e più di 8 milioni  morti fumo correlate ogni anno, l’emergenza da fumo è ancora lontana dall’essere sotto scacco.

Eppure il potenziale dei prodotti privi di combustione è sotto gli occhi di tutti e rappresenta una delle più valide alternative che oggi abbiamo per poter definitivamente cambiare il mondo della dipendenza tabagica: un esempio lampante è quello del Giappone, dove l’avvento dei prodotti a tabacco riscaldato ha fatto crollare le vendite delle sigarette del 47% tra il primo quadrimestre del 2016 e lo stesso periodo del 2022.

Oltre a scontrarsi però con l’indotto provocato dalla vendite delle sigarette, che conta per il 90% dei profitti dell’industria del tabacco, come si legge nel report, “l’avvento dei nuovi prodotti  rappresenta anche una minaccia per i profitti dell’industria farmaceutica e per un mercato di 50 miliardi di dollari di prodotti sostitutivi della nicotina e medicinali. Per molti anni, l’industria farmaceutica ha sponsorizzato attività internazionali di controllo del tabacco e relative eventi sanitari.

Nel dicembre 2020, la più grande azienda sanitaria del mondo Johnson & Johnson e Cipla, un’importante azienda farmaceutica multinazionale indiana, sono state entrambe nominate “partner” e “aziende del settore privato che hanno offerto supporto” per la campagna “Commit to Quit” dell’OMS”.

A ciò si aggiungono i profitti per i governi: in 18 paesi,  lo stesso governo detiene una partecipazione significativa o addirittura di monopolio nell’industria nazionale del tabacco. A ciò si aggiungono le preoccupazioni per le migliaia di lavoratori impiegati nell’industria del tabacco e per coloro impegnati nella produzione di forme locali e orali di consumo del tabacco, come avviene in India o in alcune zone dell’Asia.

Quali sono quindi le prospettive future per i prodotti privi di combustione?

Negli ultimi 40 anni, i tassi del fumo sono scesi soprattutto nei paesi ad alto reddito grazie ad un mix di restrizioni, tassazioni elevate e campagne preventive. Livelli che si stanno però attestando, complice anche l’innalzamento della popolazione mondiale. I tassi poi rimangono alti soprattutto nei paesi a basso e medio reddito e tra gli strati più svantaggiati della popolazione.

Si prevede che entro il 2100 raggiungeremo quota 1 miliardo di morti fumo-correlate. Ci sono voluti più di 60 anni per stabilire la correlazione tra sigarette e tumore, e questa è una delle motivazioni principali che utilizzano i detrattori del vaping, secondo i quali è impossibile conoscere gli effetti in termini di salute dei nuovi prodotti a rilascio di nicotina nel lungo periodo.

Ma le prove esistono e soprattutto sappiamo quanto fumare comporti in termini di vite umane e salute. La conclusione del Global State of THR non lascia spazio a dubbi: “Una cosa è certa: non possiamo aspettare altri 60 anni prima che la riduzione del danno da tabacco venga integrata nella salute pubblica globale”.

Esperti a CDC statunitense: correggere la disinformazione sul vaping

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ATLANTA – Gli scienziati più illustri in tema di Harm Reduction stanno chiedendo ai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) di controllare e correggere la disinformazione che sopravvaluta i pericoli delle sigarette elettroniche.

L’iniziativa si chiama “Moving Forward”.

Un gruppo di esperti di salute pubblica di 5 importanti università americane, insieme al procuratore generale dell’Iowa, hanno pubblicato un editoriale sulla rivista ADDICTION richiamando l’attenzione su come il CDC e il Surgeon General degli Stati Uniti perpetuano la disinformazione sulle sigarette elettroniche. Chiedono al CDC di adottare misure concrete per affrontare e correggere gli errori, rafforzando così la sua reputazione.

Gli autori identificano la gestione da parte del CDC dell’epidemia EVALI del 2019 come un problema di informazione. Mentre ora è noto che queste lesioni polmonari sono state causate dall’acetato di vitamina E aggiunto ai vapori di marijuana illeciti, il CDC continua a utilizzare una denominazione obsoleta e imprecisa per questa malattia: “E-cigarette, o Vaping, Product Use-Associated Lung Injury” (EVALI) — che fa più male che bene alla salute pubblica.

I fumatori hanno ancora il doppio delle probabilità di identificare le sigarette elettroniche come la causa di una grave epidemia invece che identificare la causa corretta dettata dall’uso di prodotti da svapo di marijuana contaminati“, ha affermato il professor Michael Pesko della Georgia State University.

Poiché molti fumatori credono erroneamente che le sigarette elettroniche siano altrettanto o più pericolose delle sigarette, la disinformazione riduce la cessazione del fumo che altrimenti si verificherebbe. Di conseguenza, la salute della popolazione ne risente”.

Parte del problema nasce dall’incomprensione di cosa siano le sigarette elettroniche.

“Un dispositivo di svapo contenente THC non è una sigaretta elettronica più di quanto uno spinello contenente cannabis sia una sigaretta”, ha affermato il coautore Jonathan Foulds del Penn State College of Medicine. “Raccomandiamo al CDC di fornire una definizione semplice di questi prodotti. “Una sigaretta elettronica è un prodotto che trasforma un liquido contenente nicotina in un aerosol che viene inalato tramite un bocchino”. Questa definizione eviterebbe la recente confusione riguardo ai dispositivi che utilizzano altre droghe”.

Gli autori chiedono inoltre al CDC di correggere la disinformazione relativa al ruolo delle sigarette elettroniche nell’uso di sigarette da parte dei giovani.

“La disinformazione dal sito web del Surgeon General che implica l’uso di sigarette elettroniche come causa del fumo tra i giovani non è coerente con le prove”, ha spiegato il coautore Cliff Douglas dell’Università del Michigan.

Mentre l’uso di sigarette elettroniche da parte dei giovani ha raggiunto il picco nel 2019, il fumo giovanile è recentemente sceso a livelli storicamente bassi, inferiori al 2%. Abbiamo molto rispetto per il lavoro del CDC e dell’Ufficio del Surgeon General”, ha affermato Pesko. “Ma per invertire la tendenza al declino della fiducia nelle istituzioni sanitarie pubbliche, è importante che aggiornino pubblicamente le loro dichiarazioni o raccomandazioni quando diventano disponibili nuove prove significative”.

Londra: Royal College of Physicians, e-cig summit 2022

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Fonte: ADNKronos

Si è svolto al Royal College of Physicians (Rcp) di Londra l’E-cig summit, l’evento annuale dedicato alle evidenze scientifiche e alle normative relative alle sigarette elettroniche, che quest’anno celebra il decimo anniversario. Il 2022 segna anche un’altra importante ricorrenza: sessant’anni fa infatti, il Royal College of Physicians pubblicava il primo innovativo rapporto sugli esiti del fumo sulla salute (“Smoking and Health”, 1962), che confermò la correlazione tra il fumo di sigaretta e il cancro ai polmoni.

Obiettivo principe del convegno, che riunisce ricercatori, clinici e studiosi provenienti da tutto il mondo, è quello di facilitare il dialogo rispettoso e l’analisi minuziosa delle evidenze scientifiche riguardanti il fumo e le nuove alternative alle sigarette tradizionali. L’E-cig summit si propone dunque come una piattaforma di confronto neutra, dove esplorare ed interpretare i dati disponibili al fine di delineare le strategie più efficaci per porre fine alle morti per fumo – che rappresentano tuttora la prima causa di morte prevenibile al mondo – e alle malattie ad esso collegate. 

Le sigarette elettroniche nascono infatti con l’intenzione di fornire agli adulti fumatori un’alternativa alle tradizionali sigarette con combustione poiché, nonostante gli sforzi decennali per il controllo del tabacco e l’educazione alla salute pubblica sui danni provocati dal fumo, il declino del tasso di fumatori tradizionali è stato finora troppo lento. 

“Tanto le autorità regolatorie quando i responsabili politici – si legge nella presentazione del summit – si interrogano sul ruolo della nicotina e delle sigarette elettroniche nella società, ma il fine ultimo comune dovrebbe essere quello di porre fine all’epidemia causata dal fumo. Per farlo bisogna garantire che la discussione sull’argomento venga sostenuta da prove scientifiche e trasmessa attraverso una comunicazione accurata”. 

Secondo quanto affermato durante il panel introduttivo da Tim Phillips, fondatore e consigliere delegato di E-cigIntelligence, nel corso del prossimo anno il valore di mercato dei nuovi prodotti contenenti nicotina raggiungerà i 50 miliardi di dollari a livello globale e gli utilizzatori di tali prodotti arriveranno ad essere 100 milioni. 

Durante il panel “Vaping, nicotine and health effects. What do we know and need to find out?” (Svapare, nicotina ed effetti sulla salute, cosa sappiamo e cosa dobbiamo ancora scoprire?), illustri esponenti del mondo della medicina e della ricerca hanno risposto alle domande proposte dalla moderatrice Ann McNeill, professoressa della dipendenza da tabacco dell’Istituto di psichiatria, psicologia e neuroscienze del King’s College di Londra.

Parlando di come si potrebbero esortare i fumatori di sigarette tradizionali ad abbandonarle in favore delle alternative senza combustione, ed in particolare le e-cigarettes, nonostante non si abbiano ancora dati ed evidenze certe riguardanti i potenziali rischi per la salute collegati ad un utilizzo prolungato delle stesse, Peter Hajek, professore di psicologia clinica e direttore dell’unità di ricerca sulla salute e gli stili di vita del Wolfson Institute of population health, della Queen Mary University di Londra, ha spiegato che “una comunicazione allarmistica riguardo le sigarette elettroniche, da parte di media e istituzioni scientifiche, rischia – paradossalmente – di far tornare alle sigarette tradizionali proprio coloro che avevano invece scelto di utilizzare l’e-cig. È dunque importante che i professionisti siano formati e informati adeguatamente”. 

Per traghettare i fumatori tradizionali verso le nuove alternative senza combustione, secondo la dottoressa Debbie Robson, docente di riduzione del danno da tabacco del centro nazionale per le dipendenze dell’Istituto di psichiatria, psicologia e neuroscienze del King’s College di Londra, un aspetto da non sottovalutare è l’eliminazione dello stigma con cui devono fare i conti coloro che continuano a scegliere le normali sigarette e non hanno mai provato quelle elettroniche: “Non tutti quelli che si trovano in questa situazione lo hanno scelto. Ci sono infatti persone che non possono permettersi di acquistare un dispositivo – ha spiegato la dottoressa Robson – o che non acquistano le sigarette, ma le raccolgono dalla strada. Anche questi sono fumatori che dovrebbero avere la libertà di poter scegliere un’alternativa alle sigarette tradizionali. Non devono essere stigmatizzati”.

Maciej L. Goniewicz, professore di oncologia della divisione per la prevenzione del cancro e gli studi sulla popolazione del Roswell Park Comprehensive Cancer Center, ha rimarcato il fatto che l’utilizzo delle sigarette elettroniche è consigliato solo ed esclusivamente agli adulti già fumatori. “Se una persona non fuma, non ha alcuna ragione per avvicinarsi alle sigarette elettroniche” ha spiegato il professor Goniewicz.

Un altro aspetto cruciale e complesso riguardante le e-cigs è quello regolatorio, come si è evidenziato durante la tavola rotonda dedicata alla sanità pubblica, al controllo del tabacco e alla regolamentazione del settore, ancora una volta moderata dalla professoressa McNeill.

Tra gli speaker era presente il professor Liam Humberstone, direttore tecnico della Totally Wicked- Independent British Vape Trade Association (Ibvta), che, interrogato sull’efficienza della regolamentazione nel Regno Unito, ha commentato: “Nonostante le imperfezioni e le iniziali difficoltà, il Regno Unito rappresenta senza ombra di dubbio un modello a livello globale per quel che riguarda la riduzione dei rischi collegati al tabacco attraverso l’uso delle sigarette elettroniche. A doverci preoccupare dovrebbe essere il mercato nero di questa tipologia di prodotti, che propone device non conformi agli standard e attrattivi per il loro costo ridotto”.

Al vaglio degli enti regolatori è dovuta passare anche la quantità di nicotina che può essere presente nei liquidi delle e-cigs, fissata ad un massimo di 20 mg/ml dalla Tobacco product directive (Tpd), la direttiva europea sui prodotti del tabacco (entrata in vigore in Italia nel maggio 2017). Secondo il professor Martin Jarvis, docente emerito di psicologia al dipartimento delle scienze comportamentali e della salute dell’University College di Londra, le restrizioni sul contenuto di nicotina operate con la TPD “sono un grosso errore ed hanno come presupposto un atteggiamento giudicante nei confronti di coloro che fanno uso di prodotti contenenti nicotina. Questa norma infatti ha come assunto il fatto che spetti ai regolatori giudicare cosa è giusto o sbagliato per la salute pubblica in termini di disponibilità della nicotina, quando invece io credo non siano nella posizione di farlo”.

Polosa: “Le riviste scientifiche devono fermare la narrativa anti-vaping guidata da una scienza di bassa qualità” 

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Catania, 9 Dicembre 2022 – Una pletora di studi di scarsa qualità nel campo della scienza applicata alle sigarette elettroniche sta distorcendo la verità scientifica. Ciò è dovuto in parte al processo di revisione editoriale delle principali riviste scientifiche, che spesso dà voce a interpretazioni errate e conclusioni fuorvianti. Nel loro commentoA tale of flawed e-cigarette research undetected by defective peer review process” published in Internal and Emergency Medicine, i due maggiori scienziati della riduzione del danno, il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, ed il prof. Konstantinos Farsalinos, dell’Università West Attica, denunciano il pericolo di un’escalation nella promozione e diffusione di una narrativa anti-vaping supportata da prove di bassa qualità.

I due scienziati spiegano che sempre più ricerche non tengono conto della rilevanza della tempistica dell’evento che è fondamentale per stabilire relazioni di causa ed effetto: ad esempio, studi trasversali che non includono informazioni sull’età in cui si è iniziato a fumare o a svapare non possono essere affidabili per trarre conclusioni sulle potenziali associazioni all’insorgere di malattie fumo correlate. Quel che è peggio, secondo gli autori, è che nessuno nelle redazioni di note riviste scientifiche sembra verificare questi dettagli. 

Gli autori hanno considerato, come esempio, un lavoro di Parker (2020), che ha analizzato il Behavioral Risk factor Surveillance System (BRFSS) sul possibile “rischio di ictus” associato all’uso di e-cig: hanno riferito che il passaggio dal fumo al vaping non conferisce benefici per l’ictus e che gli utenti di sigarette elettroniche che erano ex o attuali fumatori di sigarette convenzionali avevano probabilità di ictus significativamente più elevate. Il fatto è che all’interno del rapporto non erano disponibili informazioni sull’età di inizio del vaping o sull’insorgenza di ictus. Pertanto, nessuna inferenza causale può essere applicata tra i due eventi. E questo non è l’unico caso. 

“Stiamo assistendo ad una proliferazione di narrativa anti-vaping guidata da scienza e ideologia di bassa qualità, ed è per questo che la posizione degli esperti rimane divisa ed incide sulle politiche pubbliche. Di questo stato di cose sono da ritenersi responsabili i direttori di importanti riviste scientifiche. È in gioco la credibilità dei ricercatori di sanità pubblica” – ha affermato Polosa.

Come simbolo di buona scienza, gli autori citano un documento di Rodu e Plurphanswat (2022) che ha utilizzato il Population Assessment of Tobacco and Health Survey PATH, che contiene informazioni sull’età della diagnosi di una malattia specifica e sull’iniziazione al fumo o al vaping. Come affermato in questo studio, le malattie legate al fumo sono state diagnosticate solo raramente nelle persone che hanno svapato prima dell’età della diagnosi, mentre le stesse malattie sono state quasi sempre diagnosticate dopo l’età d’inizio del fumo. I casi di malattia che si sono verificati dopo la prima esposizione al fumo hanno rappresentato il 97% di tutti i casi di BPCO, il 96% di enfisema, il 98% di infarto del miocardio e il 93% di ictus. Inoltre, la maggior parte di queste malattie è stata diagnosticata negli intervistati che hanno iniziato a fumare prima dei 18 anni di età. 

“Molti articoli pubblicati sulle autorevoli riviste scientifiche non analizzano e non considerano la precedente storia di fumo dei pazienti o qualsiasi informazione di inizio esposizione o diagnosi. Invece di fidarci del processo scientifico, stiamo basando le scelte di salute pubblica sul passaparola, sulla raccolta delle ciliegie e sulle esagerazioni” – ha aggiunto Farsalinos.

La diffusione di informazioni imprecise sui prodotti senza combustione da parte degli editori e, successivamente, dei media contribuisce allo scetticismo e all’incertezza del pubblico, in particolare tra i fumatori, che di conseguenza sono scoraggiati dall’adottare stili di vita a rischio ridotto.  

“Abbiamo bisogno di giornalisti e ricercatori informati che contribuiscano a diffondere dati corretti, comprendendo un semplice assioma che l’associazione non sempre può essere interpretata come un rapporto di causa-effetto” – conclude Polosa.

Il fumo è associato a 56 diverse malattie

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I risultati chiave di uno studio condotto dai ricercatori dell’Oxford Population Health (Regno Unito), dell’Università di Pechino e dell’Accademia cinese delle Scienze mediche, sono stati pubblicato su The Lancet Public Health.

Il 40% dei fumatori a livello mondiale è concentrato in Cina, dove il principale aumento del consumo di sigarette confezionate si è verificato tra il 1980 e il 2010.

I risultati dello studio dimostrano che:

  • Di quasi 85 cause di morte e 480 malattie studiate, il fumo è associato a un’aumentata incidenza di 56 malattie specifice (50 per gli uomini e 24 per le donne) – in particolare 10 malattie cardiovascolari, 14 respiratorie, 14 tumorali, 5 digestive e 13 altre malattie -, e a un maggiore rischio di morte per 22 cause specifiche (17 per gli uomini e 9 per le donne);
  • Rispetto ai non fumatori, i fumatori regolari hanno circa il 10% in più di rischio di sviluppare qualsiasi malattia, che va dal 6% di rischio in piu’ di diabete al 216% di rischio in piu’ di cancro alla laringe;
  • I fumatori abituali che vivono in aree urbane tendono a iniziare a fumare in giovane età, fumano una quantità maggiore rispetto a quelli nelle aree rurali, e sono a più alto rischio di morte;
  • Il 19,6% dei decessi degli uomoni (24,3% di quelli residenti in contesti urbani e il 16,2% di quelli residenti in contesti rurali) e il 2,8% dei decessi femminili sono stati attribuiti al fumo regolare;
  • E’ stato riscontrato che le persone che hanno smesso di fumare volontariamente (cioè prima di sviluppare malattie gravi) hanno livelli di rischio simili a quelli di persone che non hanno mai fumato, 10 anni dopo aver smesso;
  • Nonostante la minore prevalenza e intensità del fumo nelle donne fumatrici, queste hanno maggiori rischi di sviluppare malattie respiratorie, mostrando di avere una particolare vulnerabilità ai danni del tabacco rispetto agli uomini;
  • I ricercatori stimano che i fumatori di entrambi i sessi muoiano 3,5 anni prima dei non fumatori, e sostengono che questo divario di sopravvivenza tra fumatori e non fumatori aumentera’ significativamente nei decenni futuri.

I tassi di fumo in Nuova Zelanda scendono ai minimi storici

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alcoholism, alcohol addiction and people concept - male alcoholic with smartphone drinking beer and smoking cigarette at night

Il tasso complessivo di fumo scende all’8% poiché il Paese persegue l’obiettivo di eliminare totalmente questa percentuale entro il 2025, molti consumatori però potrebbero passare allo svapo.

Articolo di Melania Torrisi

Il numero di persone che fumano in Nuova Zelanda è sceso ad un minimo storico, mentre il Paese avanza con piani ambiziosi per eliminare il fumo nella new generation. I dati rilasciati giovedì 17 novembre, infatti, hanno mostrato che il numero di persone che hanno il vizio del fumo è sceso all’8%, il tasso più basso dall’inizio delle registrazioni, rispetto al 9,4% dello scorso anno.

Il Ministro della Salute Neo Zelandese, la Dott.ssa Ayesha Verrall, ha attribuito questa diminuzione agli interventi del Governo affermando che: “Il piano attuato per ridurre il fumo sta funzionando. Il numero di persone che fanno uso di sigarette è diminuito di 56.000 unità nell’ultimo anno, nonostante le pressioni e lo stress della pandemia, i tassi risultano essere la metà di quelli di 10 anni fa“. A differenza degli altri Paesi che hanno visto un aumento dei tassi di fumo durante la chiusura pandemica, la Nuova Zelanda ha dimostrato avere un’ottima tendenza positiva con un trend decisamente in calo.

La media OCSE Neo Zelandese più recente è stata del 16,5%, mentre il tasso dell’Australia è del 10,7% e quello del Regno Unito è del 13,8%. È probabile, tuttavia, che una parte sostanziale del Paese che ha deciso di smettere stia passando alla sigaretta elettronica. Secondo gli ultimi dati, l’aumento degli utenti giornalieri di svapo è stato maggiore del calo dei fumatori: infatti l’8,3% degli adulti ha dichiarato di utilizzare quest’ultima quotidianamente, rispetto al 6,2% dello scorso anno.

Ad agosto, il Governo della Nuova Zelanda ha presentato un disegno di legge, come prima legislazione al mondo, contenente l’impedimento alla futura generazione di poter acquistare sigarette in maniera legale. Queste, che hanno superato la loro prima lettura, stabiliscono un’età di acquisto in costante aumento in modo tale che gli adolescenti non possano mai acquistare legalmente quest’ultime, dando vita così ad una “generazione senza fumo”. Queste misure sono considerate una novità mondiale e hanno attirato da un lato un misto di elogi per l’innovazione e dall’altro preoccupazioni per la loro natura non testata.

Alcuni dati dicono che i maggiori cali di quest’anno sono stati tra i Māori, che in genere hanno tassi di fumo molto elevati rispetto alla popolazione complessiva. La Verrall ha affermato che un quarto delle fumatrici Māori ha smesso negli ultimi 12 mesi, passando così dal 24,1% al 18,2% di quest’anno. 

Oltre all’aumento dell’età da fumo, le leggi della Nuova Zelanda prevedono una riduzione di nicotina nelle sigarette che potranno essere vendute solo attraverso tabaccherie specializzate, piuttosto che in botteghe o supermercati come avveniva negli anni precedenti. Suddetta legislatura dovrebbe entrare in vigore dal prossimo anno e fa parte del “piano” per rendere la Nuova Zelanda il primo Paese al mondo in cui non si potrà fare utilizzo di fumo dal 2025, come comunicato dalla stessa Verrall. 

Cochrane: ecig più efficaci delle terapie sostituire della nicotina

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Cochrane ecig

Una revisione Cochrane ha trovato le prove fino ad ora più certe che le sigarette elettroniche, note anche come “svapo”, aiutino le persone a smettere di fumare meglio delle tradizionali terapie sostitutive della nicotina, come cerotti e gomme da masticare.

Oggi, una nuova pubblicazione nella Cochrane Library, sottolinea che esistono prove ad elevato grado di certezza che è più probabile che le persone smettano di fumare per almeno sei mesi usando sigarette elettroniche alla nicotina, o “vaping”, piuttosto che usando terapie sostitutive della nicotina, come cerotti e gomme alla nicotina.

Le prove hanno anche suggerito che le sigarette elettroniche alla nicotina hanno portato a tassi di abbandono più elevati rispetto alle sigarette elettroniche senza nicotina, ma sono meno i dati disposizione per quest’ultima analisi.

La revisione Cochrane aggiornata include 78 studi su oltre 22.000 partecipanti, un’aggiunta di 22 studi dall’ultimo aggiornamento nel 2021.

Il fumo è un problema di salute mondiale significativo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2020, il 22,3% della popolazione mondiale ha consumato tabacco, nonostante lo stesso uso abbia ucciso fino alla metà dei suoi consumatori. Smettere di fumare riduce il rischio di cancro ai polmoni, attacchi di cuore e molte altre malattie. Sebbene la maggior parte delle persone che fumano voglia smettere, molti trovano difficile farlo in modo permanente. I cerotti e le gomme alla nicotina sono metodi sicuri, efficaci e ampiamente utilizzati per aiutare le persone a smettere.

I dati della revisione hanno mostrato che se sei persone su 100 smettessero usando la terapia sostitutiva della nicotina, da otto a dodici smetterebbero invece usando sigarette elettroniche contenenti nicotina. Ciò significa che da due a sei persone in più su un campione di 100 potrebbero potenzialmente smettere di fumare con sigarette elettroniche contenenti nicotina.

Il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR ha cosi commentato: “Come abbiamo affermato molti anni fa, si prevede che la rapida innovazione nelle tecnologie dell’ecig migliorerà progressivamente il tasso di sostituzione delle sigarette. Il miglioramento delle prestazioni/qualità dei prodotti di svapo è stato la causa del progressivo aumento dei tassi di cessazione. La revisione Cochrane del 2022 sta solo catturando questa tendenza positiva e la mia previsione è che i futuri Cochranes mostreranno tassi di cessazione sempre più grandi“.

Il dottor Jamie Hartmann-Boyce, professore associato presso l’Università di Oxford, editore del Cochrane Tobacco Addiction Group e autore della nuova pubblicazione, ha dichiarato:“Le sigarette elettroniche hanno generato molti malintesi sia nel mondo della salute pubblica che nella stampa popolare sin dalla loro introduzione oltre un decennio fa.

Questi malintesi scoraggiano alcune persone dall’usare le sigarette elettroniche come strumento per smettere di fumare. Fortunatamente, sempre più prove stanno emergendo e forniscono ulteriore chiarezza. Con il supporto di Cancer Research UK, cerchiamo ogni mese nuove prove come parte di una revisione sistematica vivente. Identifichiamo e combiniamo le prove più forti dagli studi scientifici più affidabili attualmente disponibili”.

Negli studi che confrontavano le sigarette elettroniche alla nicotina con il trattamento sostitutivo della nicotina, gli effetti collaterali significativi erano rari. Nel breve-medio termine (fino a due anni), le sigarette elettroniche alla nicotina causavano in genere irritazione alla gola o alla bocca, mal di testa, tosse e nausea.

Tuttavia, questi effetti sembravano diminuire nel tempo.

La dott.ssa Nicola Lindson, docente di ricerca universitaria presso l’Università di Oxford, caporedattore del Cochrane Tobacco Addiction Group e autrice della pubblicazione, ha dichiarato:

Le sigarette elettroniche non bruciano il tabacco; e come tali non espongono gli utenti allo stesso complesso mix di sostanze chimiche che causano malattie nelle persone che fumano sigarette convenzionali. Le sigarette elettroniche non sono esenti da rischi e non dovrebbero essere utilizzate da persone che non fumano o non sono a rischio di fumo. Tuttavia, le prove dimostrano che le sigarette elettroniche alla nicotina comportano solo una piccola frazione del rischio del fumo. Nella nostra recensione, non abbiamo trovato prove di danni sostanziali causati dalle sigarette elettroniche contenenti nicotina quando utilizzate per smettere di fumare. Tuttavia, a causa dell’esiguo numero di studi e della mancanza di dati sull’uso a lungo termine di sigarette elettroniche contenenti nicotina – utilizzo per più di due anni – rimangono interrogativi sugli effetti a lungo termine”.

I ricercatori concludono che sono necessarie ulteriori prove, in particolare sugli effetti delle nuove sigarette elettroniche con una migliore erogazione di nicotina rispetto a quelle precedenti, per aiutare più persone a smettere di fumare. Sono necessari anche dati a più lungo termine.

Michelle Mitchell, amministratore delegato di Cancer Research UK, ha dichiarato:pastedGraphic.png

Accogliamo con favore questo rapporto che si aggiunge a un numero crescente di prove che dimostrano che le sigarette elettroniche sono uno strumento efficace per smettere di fumare. Sconsigliamo vivamente a chi non ha mai fumato di utilizzare le sigarette elettroniche, in particolare i giovani. Questo perché sono un prodotto relativamente nuovo e non conosciamo ancora gli effetti sulla salute a lungo termine. Mentre gli effetti a lungo termine dello svapo sono ancora sconosciuti, gli effetti dannosi del fumo sono indiscutibili: il fumo provoca circa 55.000 decessi per cancro nel Regno Unito ogni anno. Cancer Research UK sostiene una regolamentazione equilibrata basata sull’evidenza sulle sigarette elettroniche da parte dei governi del Regno Unito che massimizza il loro potenziale per aiutare le persone a smettere di fumare, riducendo al minimo il rischio di assorbimento tra gli altri”.

Dal comunicato stampa di Cochrane

Qui il report completo

Censis: gli italiani fumano ancora, ma pensano che le elettroniche siano meno dannose

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Articolo di Melania Torrisi

Nonostante l’informazione “fai da te” la maggior parte degli utilizzatori di sigarette tradizionali è convinto che i prodotti nuovi, “smoke free” facciano meno danni alla salute. Ma cosa ci dice il primo rapporto del Censis sul fumo di sigaretta e prodotti senza combustione?

Il focus dell’indagine ha coinvolto ben 1300 utenti italiani dai 18 anni in su e ha riguardato, da un lato il rapporto tra innovazione e sostenibilità, dall’altro il processo di metamorfosi del rapporto tra cittadini e sigarette tradizionali o prodotti senza combustioni. 

La Responsabile dell’Area Welfare e Salute del Censis, Ketty Vaccaro, sottolinea che l’indagine svolta per il 2021 ha voluto indagare sull’opinione e sulle conoscenze dei nuovi prodotti da una parte e la percezione su tutti i prodotti da fumo dall’altra. Il target a cui ci si è rivolti può essere poi individuato ed analizzato attraverso due fasce: la prima che comprende i fumatori abitudinari di lungo corso, che vanno dai 20 ai 30 anni di fumo; la seconda ingloba quelli tradizionali, che hanno oltre i 64 anni di età, e che in maggioranza sono donne, le quali sembrano preferire le classiche sigarette ai prodotti senza combustione, di cui ne usufruiscono di più gli uomini. 

La percezione del rischio segue il trend graduato della pericolosità dei dispositivi presi in analisi. Oltre la metà della popolazione sondata pensa che i prodotti senza combustione siano meno pericolosi delle classiche sigarette, ma in realtà questi vengono percepiti come utili per smettere progressivamente di fumare. 

Giorgio Vittadini, della Fondazione per la Sussidiarietà sostiene che “I piaceri, entro certi limiti, sono positivi” e che “Stare da soli fa fumare di più” sottolineando così la centralità dei comportamenti individuali e la dannosità e la gravità della frequenza. 

Ma perché si fuma e si inizia a fumare? 

“Purtroppo, su coloro che dovrebbero smettere di fumare dobbiamo convenire che soltanto il 10% ci riesce. La lotta che il medico compie deve essere quella dell’abolizione totale del fumo, perché questo è il nostro ideale, anche se non sempre gli ideali si raggiungono. Molto spesso, anche in altri campi come nella gestione dell’ipertensione, del colesterolo o del diabete, non riusciamo a raggiungere i target che ci siamo proposti. Quindi non vedo perché non si debba quantomeno valutare l’ipotesi di una riduzione del rischio, attraverso strade che aspettano il nostro lavoro per una dimostrazione clinica efficace e che riducono le componenti tossiche. Dalla ricerca Censis emerge che del 20% che è passato ai prodotti smoke free un 4-5% è poi riuscito a smettere; quindi, potrebbe essere una via da prendere in considerazione, certamente da non demonizzare”. 

Queste sono le parole del Presidente di Fondazione Fadoi, Andrea Fontanella, riportate da AdnKronos, a margine della presentazione al Cnel del primo Rapporto Censis su fumo di sigaretta e prodotti senza combustione in Italia. 

Ciò che emerge è che tutti i fumatori intervistati riferiscono che almeno una volta il medico ha detto loro di smettere, in alcuni casi di ridurre il fumo, però solo il 7% è stato indirizzato a un centro antifumo. L’informazione al riguardo dovrebbe essere potenziata, anche tramite i new media, così da poter prendere in considerazione tutte le fasce d’età. Inoltre, bisognerebbe cercare di dare concretezza all’ipotetico desiderio di concludere il rapporto con le sigarette, anche tramite il passaggio a prodotti smoke free, che indica proprio questa intenzione: avere un prodotto che fa meno male e aiuta a smettere. Essere, dunque, indirizzati su strategie di riduzione del danno ed avere un giusto sostegno potrebbe salvare qualche vita in più.

Motore Sanità: Harm Reduction come strategia di salute pubblica

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Dal Comunicato stampa di Motore Sanità

Il fumo nuoce gravemente alla salute, eppure i fumatori in Italia sono 12,4 milioni: il 24,2% della popolazione (Campania, Umbria e Abruzzo sono le regioni dove si fuma di più).

Gli uomini fumano di più tra i 25 e i 44 anni, le donne fumano maggiormente tra i 45 ed i 64 anni. Tra i maschi il 25,6% di chi fuma supera le 20 sigarette al giorno, mentre le grandi fumatrici donne sono circa 13,4%.

Inoltre, nell’ultimo anno si è registrato un aumento di 800 mila unità rispetto al dato del 2019, che trova spiegazione anche nell’effetto pandemia Covid, visto che rispetto al 2021, nel 2022 si osserva una diminuzione di due punti percentuali della prevalenza del fumo di sigaretta. 

Il Ministero della Salute stima in 93 mila all’anno i decessi dipendenti dal fumo in Italia e questi dati hanno riportato all’attenzione degli studiosi e dei media la questione del fumo di sigaretta. Si è dibattuto di questo durante l’evento: RIDUZIONE DEL RISCHIO COME STRATEGIA DI SALUTE PUBBLICA NELL’ELIMINAZIONE DEL FUMO DI SIGARETTA, realizzato da Motore Sanità

Così Umberto Tirelli, Direttore Sanitario e Scientifico Clinica TIRELLI MEDICAL Group, Past Primario Oncologo Istituto Nazionale Tumori di Aviano: “Il fattore di rischio più importante per i tumori è il fumo delle sigarette, che bruciano e che emettono 60-70 sostanze cancerogene. 

Non è la nicotina la principale causa delle malattie correlate, ma le sostanze cancerogene che ci sono nel fumo delle sigarette che bruciano. Smettere di fumare e non iniziare è sempre la soluzione migliore, ma smettere per molti è difficile, per questi fumatori passare a prodotti privi di combustione – come viene suggerito in Gran Bretagna e in Nuova Zelanda dalle autorità sanitarie perché ritenuto potenzialmente meno dannoso – sarebbe consigliabile rispetto a continuare a fumare sigarette. 

È un dato di fatto che in Italia ci sono milioni di fumatori che non vogliono o che non riescono a smettere”, conferma Riccardo Polosa, Professore Ordinario Medicina Interna, Direttore Scuola di Specializzazione Reumatologia e Fondatore e Direttore Centro per la Prevenzione e Cura del Tabagismo  Università degli Studi di Catania – Direttore UOC Medicina Interna e d’Urgenza, AOU “Policlinico-V. Emanuele”, Catania, Fondatore CoEHAR (Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo ).

Non accettano di essere medicalizzati per via della loro abitudine tabagica. In Italia, ancora oggi, non abbiamo una politica sanitaria che si prenda carico di queste persone. La riduzione del rischio rappresenta la soluzione, un’opportunità straordinaria di cambiamento e di accelerazione in termini di salute individuale e pubblica. 

Ritengo grave insistere nel nascondere ai cittadini le reali opportunità offerte dagli strumenti a potenziale rischio ridotto, addirittura additandoli come pericolosi al pari delle sigarette convenzionali. Bisogna smetterla di enfatizzare i rischi senza considerarne i benefici. L’Italia deve riaccendere i riflettori sulla sensibilizzazione antifumo, integrando il principio di precauzione con quello del rischio ridotto”. 

Fabio Beatrice, Primario Emerito di Otorinolaringoiatria a Torino, Fondatore del Centro Antifumo Ospedale SG. Bosco di Torino e Direttore Scientifico del Board di MOHRE, ha portato l’attenzione sui Centri Antifumo, considerati “l’approccio migliore del Sistema Sanitario nella lotta al fumo di sigaretta”, ma questi sono diminuiti e “attualmente sono 223. La Regione con più Centri Antifumo è il Piemonte. Purtroppo l’affluenza nei Centri Antifumo è molto bassa e i fumatori che tendono a cercare di smettere da soli in gran parte falliscono.

Inoltre non riesce a smettere oltre il 50% dei fumatori che si rivolge ai Centri Antifumo, pur in osservanza delle linee guida. Si ritiene che sia necessario interrogarsi sugli insuccessi, rivedendo più in generale le politiche di contrasto al tabagismo e le politiche di prevenzione per prevenire l’iniziazione delle nuove generazioni”.

Purtroppo, la cessazione del fumo tende ad essere vista come un problema personale, legato alla sola forza di volontà. Parola di Fabio Lugoboni, Direttore USO Medicina delle Dipendenze AOU Integrata Verona, Professore Psichiatria e Docente Scuola di  Specializzazione di Psichiatria e Medicina Interna, Università di Verona. Il fumo è invece una dipendenza legalizzata, e necessita di supporto e terapia specifici, pena un’alta percentuale di insuccesso”, ha detto Lugoboni. 

Gli auto-tentativi tendono a fallire nell’80% dei casi entro la prima settimana. Ogni medico, ogni operatore di salute deve fare la sua parte, ma questo non sta accadendo, anche perché in Italia fuma un medico su 4, contro il 3% di medici fumatori di Gran Bretagna e USA”.

Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica e Presidente della Società Italiana di Heatlh Technology Assessment, ha aggiunto “È inoltre necessario far comprendere ai decisori i costi del fumo di sigaretta sostenuti dal sistema nel suo complesso, in termini di ricoveri, visite specialistiche e test diagnostici, disabilità e perdita di produttività. Sarebbe quindi ideale creare uno studio che analizzi a 360° il risparmio economico se i fumatori passassero completamente ai sistemi smoke free.”

Ha inoltre partecipato alla tavola rotonda, portando i saluti istituzionali, il Senatore Francesco Zaffini, Presidente della Commissione affari sociali e sanità del Senato che ha affermato “è opportuno vagliare la strategia di riduzione del danno, insieme ad una più ampia strategia di prevenzione delle dipendenze”. 

Elettroniche usa e getta tra i giovani: un trend da capire e fermare

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Stati Uniti
Stati Uniti

I dati mostrano che dispositivi elettronici usa e getta a rilascio di nicotina stanno riscuotendo ampio successo tra i più giovani: i dati sul consumo giovanile però devono essere letti alla luce della tendenza generale e dei dati di diffusione del tabagismo tra gli adolescenti, ancora troppo alti.

Il boom delle sigarette elettroniche tra i giovani è un fenomeno che deve essere osservato e monitorato attentamente: ultima in ordine di tempo, la moda che spopola tra gli adolescenti è quella delle sigarette elettroniche usa e getta, ovvero piccoli dispositivi che consentono circa 600-700 puffate, alla fine delle quali, le usa e getta possono essere smaltite (il come farlo è un altro tema da affrontare, e lo faremo).

L’aumento del consumo adolescenziale ha comunque iniziato a preoccupare gli esperti che ritengono questi dispositivi piccoli, facili da maneggiare e con diversi colori e aromi particolarmente pericolosi per i giovani consumatori, portando a sostegno delle proprie teorie alte percentuali di consumo e di dipendenza.Purtroppo, però, si parla di una categoria particolarmente a rischio e influenzabile: lo stesso campione di giovani che un tempo fumava e, per imitazione o per distinzione dal gruppo, aveva accesso ai pacchetti di sigarette è attratto oggi anche dai dispositivi di nuova generazione che, seppur meno dannosi, devono comunque essere vietati ai minori. 

Il punto è, come spiega bene il direttore del CoEHAR, prof. Giovanni Li Volti: “Partiamo dall’assioma che il vaping giovanile è e rimane sempre assolutamente sconsigliato, un fenomeno che dobbiamo fermare immediatamente, così come il fumo di sigaretta. L’accesso a dispositivi elettronici (usa e getta o no) per i giovani sotto i 18 anni deve essere monitorato e vietato. Come? Aumentando le restrizioni e promuovendo una cultura della salute nelle fasce di età scolastica, scoraggeremmo i comportamenti che posso instaurare una nuova dipendenza“.

Se parliamo di dati scientifici, però, bisogna anche sottolineare che sono ormai diverse le pubblicazioni che hanno sviscerato il tema del consumo giovanile: sebbene siano necessari studi sia nel breve che nel lungo termine per valutare effettivamente se l’abitudine allo svapo tra i più giovani possa avere conseguenze dirette di salute e di dipendenza in età adulta, analizzando i dati sul vaping giovanile in America si osserva come negli ultimi anni, a partire dal picco del 2019, assistiamo ad un trend in costante diminuzione. E, analogamente, nello stesso periodo sono diminuiti drasticamente i tassi di fumo tra la popolazione.

Due osservazioni preliminari che suggeriscono come l’avvento di dispositivi elettronici sia riuscito ad arginare parzialmente l’utilizzo di sigarette combuste. L’abitudine allo svapo tra giovani però va analizzata, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi: ovvero valutare la durata e la tipologia di utilizzo e monitorare se l’utilizzo intermittente sia foriero di problemi di salute una volta raggiunta l’età adulta. 

Fermo restando che è ormai smentita l’asserzione per cui lo svapo sia un precursore del fumo combusto, poiché gli stessi ragazzi che avrebbero approcciato, per imitazione o desiderio di trasgressione, la sigaretta, ora provano quelle elettroniche, l’allarme sul fumo rimena ancora alto tra i giovani.

Secondo i dati di uno studio italiano del 2021, in un campione di 382 soggetti tra i 18 e i 34 anni di età, la prevalenza del fumo era del 25%, una percentuale staticamente maggiore è stata poi osservata tra chi consumava caffè o bevande alcoliche. Solo il 7% utilizzava ecig: dati che dimostrano come i giovani italiani ancora indugino in comportamenti dannosi per la salute, moto più elevati rispetto al campione di ragazzi che utilizzano le sigarette elettroniche. 

In merito all’uso di ecig ai sali di nicotina, una ricerca americana più recente, del 2022, conclude  che i fumatori che passano alle sigarette elettroniche con i pod ricaricabili mantengono inalterati i livelli di nicotina e riescono al contempo a trasferire la propria dipendenza, eliminando l’uso di sigarette combuste.

In conclusione, spiega Li Volti: “I dati dimostrano che l’abitudine tabagica è ancora notevolmente eradicata tra i giovani e che, sebbene si debba monitorare attentamente l’abitudine allo svapo, si è ancora in tempo per invertire la tendenza, investendo in politiche adatte alla fascia di età di riferimento che possano fermare questa nuova tendenza“.

Per quanto riguarda i sistemi usa e getta, sono necessarie studi per valutare l’utilizzo nel breve e lungo termine a livello di salute, ma, sicuramente, non si hanno dati certi che possano indicare una direzione o l’altra come più probabili. Il problema dei sistemi usa e getta dovrebbe riguardare attentamente il possibile smaltimento e l’impatto ecologico, oltre che essere oggetto di una regolamentazione più stringente per evitare che diventino una moda tra gli adolescenti