venerdì, Gennaio 10, 2025
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Un liquido nobile che sostiene la ricerca contro il fumo

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“Il nuovo liquido dell’azienda Tstar, denominato Nobile, nasce con l’obiettivo di sostenere concretamente la ricerca contro il fumo in Italia” – così Ivan Cernetti, responsabile dell’azienda, ha presentato questa mattina a Vapitaly 2022 il nuovo progetto frutto della collaborazione tra l’azienda di liquidi italiani e LIAF – Lega Italiana Anti Fumo.

Da anni, LIAF si batte per sconfiggere i danni collegati all’abitudine al tabagismo. “Sappiamo – ha spiegato il presidente LIAF, Ezio Campagna – che per chi non riesce a smettere definitivamente di fumare da solo, soprattutto se affetto da particolari patologie, scegliere di passare a prodotti senza combustione consente di ridurre i danni fumo correlati. Per questo, ogni iniziativa volta a sostenere la ricerca in questo campo è per LIAF di grande importanza“.

Grazie al nuovo progetto targato “LIAF – Tstar” parte del ricavato della vendita del “nobile liquido” potrà essere devoluto direttamente a LIAF con l’obiettivo di sostenere tutte le sue attività di ricerca collegate alla promozione di stili di vita più sani.

In foto: Ivan Cernetti, Marco Cernetti, Alessandro Genovese, Francesco Butera

Vogliamo dare il nostro contributo per sostenere la promozione di questo settore come ambito di ricerca innovativa per la riduzione del danno collegato al fumo di sigaretta convenzionale – ha aggiunto Cernetti – Realizzare un prodotto ideale per POD e MTL indirizzato all’Entry Level in grado anche di soddisfare i Vapers più esperti alla ricerca di un gusto fedele e raffinato, ci è sembrata la soluzione più idonea. Il Nobile è il risultato di un’estesa ricerca, durata oltre un’anno, volta a trovare la giusta composizione in grado di equilibrare aromi e mixture di tabacchi“.

Anche LIAF partecipa a Vapitaly 2022

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Dal 14 al 16 maggio, imprenditori e rivenditori, ma anche vape lovers si ritroveranno a Verona per l’atteso appuntamento con Vapitaly 2022, la sesta edizione della fiera del vaping dedicata alle novità di mercato e agli ultimissimi trend di settore. Nel padiglione 12 di Veronafiere sono attese migliaia di persone, tra operatori ed appassionati delle e-cig e dei liquidi da svapare, in una superficie espositiva di 8.000 metri quadri.

Tra i partecipanti, come ogni anno, anche i ricercatori della LIAF – Lega Italiana Anti Fumo, con la speciale partecipazione per questa nuova edizione anche della redazione di LIAF Magazine.

Presso lo stand di LIAF sarà possibile scoprire tutte le novità nel campo della ricerca applicata agli strumenti a rischio ridotto e tutte le soluzioni utili per aiutare i fumatori a smettere definitivamente di fumare. LIAF presenterà diversi progetti che consentono ai vapers italiani di partecipare attivamente alla ricerca sulla riduzione del danno da fumo. Occasione unica per sostenere la ricerca e combattere una delle piaghe mortali più diffuse nel mondo.

Siamo davvero emozionati per questa rinnovata presenza a Vapitaly – ha detto il presidente LIAF, Ezio Campagna – ancora una volta mostreremo agli svapatori italiani che raccontare la propria storia è di fondamentale importanza per tutti i fumatori. L’esempio di chi ha cambiato vita, passando a strumenti a rischio ridotto può aiutare milioni di fumatori a smettere, soprattutto se affetti da malattie fumo correlate, a gestire meglio la propria vita e a condurre uno stile di vita più sano“.

Vapitaly, per il 2022, conferma il format delle precedenti edizioni: sabato 14 e domenica 15, l’accesso è pensato per far conoscere a vapers, imprenditori e appassionati (ingresso consentito solo ai maggiorenni) le novità proposte al mercato dalle aziende, mentre lunedì 16 la fiera è riservata agli operatori del settore. Una manifestazione, quindi, che affianca opportunità concrete di business ad eventi dedicati agli appassionati del vaping, con un’area esterna coperta, riservata al relax e al food&drink.

“Finalmente si torna alla normalità – afferma Mosè Giacomello, presidente di Vapitaly –. Dopo questi due anni a distanza, siamo pronti a ripartire, con tanti espositori italiani e molti provenienti dall’estero. Torna la più importante fiera italiana del settore e noi siamo orgogliosi di essere la manifestazione di riferimento per un comparto che si dimostra vitale e in crescita. Da Verona, siamo pronti a guardare al futuro. Questa tre giorni sarà l’occasione per fare il punto sulle novità del mercato, sugli ultimi trend così come sulle normative e gli aspetti medico-giuridici che riguardano il vaping. Un’opportunità non solo per gli operatori del settore, ma anche per vaper e appassionati”.

Le ecig sono una porta d’accesso al fumo? Errato!

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porta d'accesso fumo vaping ecig
porta d'accesso fumo vaping ecig

La teoria che le sigarette elettroniche rappresentino una sorta di “porta d’accesso” al fumo, in particolare tra gli adolescenti, è stata usata per anni come argomento principale a sfavore delle ecig, ma ricerche e studi recenti non hanno trovato prove a sostegno di questa teoria.

Anche i ricercatori del CoEHAR, il centro di ricerca catanese, combattono da tempo contro la disinformazione nel campo delle sigarette elettroniche e della riduzione del danno, mettendo in evidenza che alcuni tra gli organi di salute pubblica più importanti, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non hanno sempre recepito nel giusto modo i messaggi lanciati dagli esperti di settore.

La disinformazione che è causa delle scelte di molti organi di salute pubblica dipende in larga parte anche dagli errori metodologici che le ricerche nel campo del vaping contengono.

Molte di queste, infatti, contengono ipotesi non verificate da dati incontrovertibili oppure utilizzano campioni di studio di cui non viene analizzata la pregressa storia clinica o il precedente status di fumatori, senza avere, dunque, una visione a trecentosessanta gradi.

Di recente anche i ricercatori dell’University College di Londra hanno analizzato i dati raccolti negli ultimi dieci anni, attraverso uno studio randomizzato controllato, e hanno dichiarato che le sigarette elettroniche, soprattutto per i più giovani, non sono considerate come una porta d’ingresso al fumo.

Quello che si sono chiesti è se il passaggio allo svapo è da considerarsi come precursore di un cosiddetto “effetto gateway”. La risposta è no.

Non esiste una relazione significativa tra l’uso della sigaretta elettronica e la ripresa del fumo, il che significa che i giovani vapers non sono propensi a iniziare a fumare.

Lo studio

L’University College di Londra ha intervistato circa 300 famiglie a partire dall’anno 2006 per esaminare l’uso dei prodotti di tabacco tradizionali e delle sigarette elettroniche nelle persone di età compresa tra 16 e 24 anni in Inghilterra.

L’obiettivo della ricerca era quello di valutare i cambiamenti tra il 2007 e 2018 riguardanti lo svapo e capire i comportamenti e le abitudini dei giovani che si approcciavano a questo nuovo metodo: se avessero mai fumato tabacco o usato una sigaretta elettronica e per quanto tempo lo avessero fatto.

I risultati hanno mostrato che il 30,5% dei giovani tra i 16 e i 24 anni erano fumatori regolari, mentre solo il 2,9% erano vapers regolari.

L’autrice principale dello studio, la dott.ssa Emma Beard, del Dipartimento di Scienze Comportamentali e Salute dell’University College di Londra, ha dichiarato:

“Questi risultati suggeriscono che la cosiddetta teoria della “porta di accesso” riportata negli studi precedenti possa essere esclusa, in particolare tra i giovani dai 18 ai 24 anni”.

La convinzione che le sigarette elettroniche fossero una porta d’accesso al fumo è stata affrontata molte volte negli ultimi anni perché in molti hanno creduto che i giovani potessero diventare dipendenti dalla nicotina attraverso le sigarette elettroniche, comportando l’adozione di una cattiva abitudine, come iniziare a fumare.

Tuttavia, l’uso regolare delle sigarette elettroniche sia tra i giovani che tra i non fumatori è rimasto costantemente basso negli anni, soprattutto da quando le sigarette elettroniche sono diventate ampiamente disponibili sul mercato.

La scheda informativa annuale di Action on Smoking and Health per il 2021 ha rilevato che solo il 3,3% degli 11-17enni non fumatori ha provato una sigaretta elettronica una o due volte, e solo lo 0,3% ne usa una almeno una volta a settimana.

Hanno anche scoperto che solo il 4,9% di tutti i vapers sono non-fumatori, il che equivale ad appena lo 0,7% della popolazione del Regno Unito.

La maggior parte dei giovani che usano una sigaretta elettronica si identificano o come ex-fumatori o come utenti duali.

L’accesso dei fumatori ai prodotti a rischio ridotto è, come sappiamo, ancora ostacolato dalle false percezioni in materia di tobacco harm reduction.

Altri ritengono che le sigarette elettroniche usate dai giovani possano portare alla dipendenza da nicotina, ma non è così.

Più che pensare al vaping come porta d’ingresso al mondo del tabagismo, bisogna considerarlo come una strategia per uscirne, perché continua a fornire un’alternativa valida ed efficace ai fumatori che vogliono smettere di fumare.

FDA approva prodotti NJOY: nessuna novità per i liquidi aromatizzati

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FDA liquidi aromi

L’FDA annuncia di aver approvato la richiesta di commercializzazione dei prodotti Ace della NJOY, il terzo produttore di prodotti per il vaping in America, dopo VUSE e JUUL. La ditta americana, infatti, ha il controllo di poco più del 3% dell’intero mercato nazionale. 

Una decisione che arriva decisamente in ritardo rispetto i tempi prospettati inizialmente dalla Food and Drug Administration (FDA), che aveva pianificato di vagliare tutte le domande pervenute con tempistiche minori, valutano i singoli casi sulla base del PMTAs, ovvero un procedimento complesso di approvazione di vendita dei prodotti a base di tabacco.

La notizia positiva riguarda il fatto che la ditta NJOY sia la prima produttrice indipendente a ricevere un’autorizzazione da parte dell’FDA.

Secondo gli analisti, le decisioni dell’ente americano starebbero procedendo seguendo un criterio temporale di ricevimento delle domande, considerando che altri prodotti di aziende già approvate sono ancora sotto revisione.

A fronte di notizie incoraggianti per i vapers americani, però, rimangono ancora molte le aziende in stand by, in attesa di ricevere una conferma ufficiale da parte della autorità: se consideriamo infatti che i primi prodotti ad essere approvati risalgono ad ottobre 2021, possiamo immaginare il blocco produttivo che molte realtà commerciali hanno affrontato.

Sono molti i piccoli produttori che hanno infatti deciso di rivolgersi al tribunale in seguito al parere negativo di vendita ricevuto dell’FDA, nell’ottica di contrastare un procedimento definito “arbitrario”, inficiato anche dalle minori risorse che tali aziende possiedono per presentare tutti i file richiesti dal’FDA.

Si configura sempre più chiaramente l’intento da parte dell’autorità americana, almeno di fatto, di impedire la vendita dei liquidi aromatizzati.

Una scelta che strizza un occhio alle teorie secondo le quali gli aromi rappresenterebbero una tentazione ulteriore per i più giovani che, una volta provato svapare, aumenterebbero le proprie possibilità di iniziare a fumare le sigarette.

Sebbene non esistano prove o dati scientificamente validi a sostegno di questa teoria, gran parte dell’opinione pubblica statunitense e degli esperti ritiene che sia necessario porre un limite alla disponibilità dei prodotti aromatizzati in USA. 

Un grave danno per tutti i fumatori adulti, a cui non resta che svapare solo gli aromi tradizionali, ovvero quelli al gusto di tabacco, a volte meno piacevoli degli aromi più dolci o fruttati, che rendono l’esperienza piu piacevole. 

Da un lato la notizia di ulteriori approvazioni da parte dell’ente americano dimostra un’ulteriore apertura nei confronti del vaping e della possibilità che rappresenti un’alternativa efficace al fumo convenzionale ma dall’altro non scalfisce i timori che tali decisioni siano di fatto tronche e non permettono una piena apertura del mercato, basandosi su posizioni fuorvianti e non su una corretta informazione scientifica. Il dogma resta quello di ascoltare gli scienziati. Speriamo che possa accadere presto. In gioco la vita di milioni di fumatori” – così il prof. Riccardo Polosa, fondatore di CoEHAR commenta la notizia.

GFN 2022: a Varsavia anche il prof. Polosa

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Come ogni anno, dal 16 al 18 giugno, si terrà l’incontro annuale del Forum Globale della Nicotina (GFN). Il Summit mette insieme esperti del tabacco e del vaping per discutere della Riduzione del Danno da Tabacco, del futuro riguardante i rispettivi settori e delle sue implicazioni sulle politiche di salute pubblica. Un appuntamento annuale atteso ed importante per il settore delle politiche contro il fumo.

L’evento che si terrà presso il Marriott di Varsavia metterà insieme il successo dell’evento ibrido dello scorso 2021 e offrirà una ricca esperienza online utilizzando la nuova piattaforma GFN•TV per lo streaming di apposite sezioni. 

Il tema di quest’anno avrà come focus “Tobacco Harm Reduction – here for good”, perché ancora una volta bisogna puntare sul giusto messaggio, ovvero come attraverso prodotti a base di nicotina più sicuri, la Riduzione del Danno può accelerare la fine del fumo e dei rischi legati al tabacco. Gli esperti si ritroveranno ad esplorare ed analizzare la scienza che c’è dietro l’approccio alla Riduzione del danno, le politiche e i cambiamenti normativi necessari per massimizzare il suo potenziale e gli ostacoli alla sua attuazione in tutto il mondo. 

La Michael Russell Oration (MRO) onorerà il lavoro e la memoria del professor Michael Russell, un pioniere nello studio del comportamento dei fumatori, degli interventi clinici e delle azioni di politica pubblica, morto nel 2009.

Tra i relatori di questa edizione, come sempre una lunga lista di esperti del settore provenienti da tutto il mondo, anche il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo (CoEHAR).

Gli organizzatori del Summit offriranno l’opportunità di presentare anche quest’anno i GFN Five (brevi presentazioni multimediali della durata massima di cinque minuti come presentazioni video PowerPoint, video descrittivi che dimostrano nuove tecnologie e brevi interviste), per contribuire alla conferenza.

Lo scopo è quello di promuovere una regolamentazione efficace e proporzionata dei prodotti di nicotina più sicuri e del loro uso. Il Summit esamina, infatti, la scienza in rapido sviluppo in relazione alla Riduzione del Danno e al suo approccio, comprese le risposte politiche e normative.

I partecipanti possono registrarsi ora e iniziare a seguire tutti gli aggiornamenti sul Forum Globale della Nicotina.

Per registrarti clicca qui https://gfn.events/register-now

Studio CoEHAR su liquidi italiani: totale assenza di contaminanti da plastiche

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Catania, 21 Aprile 2022 – Il dibattito scientifico sull’efficacia e la sicurezza dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina ha richiesto alla comunità scientifica di produrre informazioni sempre più accurate sulla relativa sicurezza di questi mezzi. Dibattito che si è esteso non solo allo strumento e alle differenze rispetto alle normali sigarette a combustione, ma anche ai liquidi utilizzati dagli svapatori di tutto il mondo, differenti per quantità di nicotina contenute all’interno, per tipologia e per gli aromi utilizzati. 

Come sappiamo, infatti, i liquidi in commercio sono composti da glicole propilenico e glicerina vegetale, aromi e, non sempre, nicotina. Queste sostanze sono contenute e miscelate in quantità e composti diversi in base alla qualità o alla specifica commercializzazione del liquido venduto.  

Il rischio correlato all’utilizzo dei liquidi è dato dalla presenza o meno di residui metallici o microplastiche che potrebbero creare effetti nocivi sulla salute e che spesso sono dovuti ad un mancato o inefficace controllo nel processo di produzione.

Mettendo alla prova alcuni liquidi commercializzati in Italia e abbastanza presenti anche nei mercati esteri, i ricercatori del CoEHAR hanno di recente analizzato i liquidi (aromatizzati con diverse varietà di tabacco) della società Dreamods

I risultati dello studio pubblicati dalla rivista scientifica “Drug Testing & Analysis” dimostrano la totale assenza di contaminanti da plastiche (micro e nano-plastiche) e un contenuto di metalli al di sotto dei livelli consentiti dall’OMS per le acque minerali. 

Gli autori dello studio ritengono che, una volta accertata la riduzione del danno dei prodotti senza combustione, il miglior modo per tutelare la salute degli svapatori sia quello di prediligere prodotti di alto profilo qualitativo. 

Durante lo studio condotto nei laboratori del CoEHAR di Catania, grazie alla collaborazione dello spin off ECLAT e all’utilizzo dei sistemi di valutazione più innovativi al mondo, i ricercatori, oltre a escludere la presenza di contaminanti derivati dai metalli e dalle micro- e nano-plastiche, hanno indagato l’effetto tossico sul metabolismo cellulare dei vapori di questi liquidi su cellule epiteliali bronchiali umane, confrontandolo con il fumo di una sigaretta convenzionale. Il sistema di esposizione al fumo di sigaretta ed al vapore di e-cig utilizzato nei laboratori catanesi consente di riprodurre l’esposizione umana delle cellule polmonari all’utilizzo quotidiano di sigaretta e sigaretta elettronica, riportando dunque risultati certi e inconfutabili. 

Per generare il fumo di sigaretta e l’aerosol delle ecig, sono state utilizzate rispettivamente una smoking machine e una vaping machine. L’esposizione delle cellule bronchiali al fumo di sigaretta ed al vapore delle e-cig è stata effettuata utilizzando una camera di esposizione biologica contenete le cellule e collegato alle macchine in modo da simulare una esposizione fisiologicamente rilevante per un fumatore o uno svapatore. 

In seguito, è stata valutata la citotossicità utilizzando due tecnologie differenti: la tecnologia Real-Time Cell-based Assay (strumento xCELLigence) e la tecnologia High Content Screening (strumento Operetta). Quest’ultima è stata utilizzata anche per la valutazione del danno mitocondriale (ricordiamo che i mitocondri sono le centrali energetiche della cellula).

In seguito, i ricercatori hanno valutato l’effetto dell’aerosol sullo stress ossidativo, misurando la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) direttamente nei vapori di e-cig prodotti dai 4 liquidi analizzati (“Dolce Bacco”, “Red Bacco”, “Deciso” e “Otello”) e da una sigaretta tradizionale. 

Il Prof. Massimo Caruso dell’Università di Catania e autore dello studio si è detto: “soddisfatto del significativamente ridotto (circa l’80% in meno) effetto citotossico dell’aerosol di tutti e quattro i liquidi rispetto al fumo di sigaretta” .

Dato confermato anche dal prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR che ha aggiunto: “Le cellule esposte ai vapori di e-cig mantenevano anche un’ottima integrità dei mitocondri, evidenziando un effetto irrisorio, non significativo anche sul metabolismo cellulare. Inoltre, non è stata rilevata alcuna produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e dunque di stress ossidativo nell’aerosol di sigaretta elettronica”. 

Risultati che supportano sempre di più i dati internazionali che confermano la ridotta tossicità delle sigarette elettroniche rispetto al fumo convenzionale e i benefici, in termini di salute, per quei fumatori che decidono di utilizzarle per smettere di fumare.

L’oscurantismo nel mondo del fumo elettronico: il caso dell’Australia

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no vaping australia
no vaping australia

Nella storia del progresso scientifico, la strenua opposizione al nuovo e al scientificamente dimostrato non è una novità: ma l’approccio paradossale di chiusura nei confronti del fumo elettronico in Australia scatena non poche perplessità tra coloro che di scienza se ne intendono.

Il paese dei canguri ha adottato una delle regolamentazioni più rigide in materia di tabacco e prodotti di consumo, senza distinzione tra sigarette tradizionali e dispositivi elettronici, il cui uso e la cui commercializzazione seguivano filoni regolamentativi molto rigidi. 

Un insieme di regole che, però, veniva facilmente aggirato dai canali di vendita paralleli, attraverso un sistema di contrattazione di grossi quantitativi di merce contraffatta, perlopiù cinese, immessa su un mercato dove la domanda, nonostante i divieti, è elevata.

Il governo dell’Australia, per far fronte a una situazione che stava sfuggendo di mano, ha deciso di adottare, a partire dall’ottobre 2021, una normativa che impedisce l’accesso e il consumo di prodotti del vaping a chi non in possesso di una prescrizione medica

Prescrizione che ovviamente viene rilasciata da medici autorizzati, un piccolo manipolo di esperti che, di caso in caso, decidono se prescrivere la nicotina somministrata attraverso sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato, sulla base delle esigenze e della situazione dei singoli soggetti.

La situazione fino a qui descritta, nonostante il tentativo di sintetizzare il più possibile una gestione intricata, appare paradossale sotto diversi aspetti, molti dei quali relativi alle ovvie conseguenze che un posizione così rigida scatena a livello commerciale e sociale.

Come in diversi esempi internazionali, la decisione si basa sull’idea, alquanto confusa e scientificamente non supportata, che il consumo di tabacco sia dannoso per la salute umana in qualunque forma. Non importa che per la sigaretta si parli di fumo combusto e per le ecig di vapore: nel calderone della confusione mediatica e dell’informazione rientra pressoché di tutto.

Una volta attestata la confusione concettuale alla base delle scelte politiche, ci si concentra sul metodo che viene utilizzato: di fatto, l’Australia ha deciso di lasciare nelle mani dei medici la decisione se concedere a una persona la prescrizione per il vaping o meno.

Una decisione alquanto parziale che non segue politiche informative specifiche o particolari programmi di preparazione dei sanitari.

Se dovessimo seguire il ragionamento alla base delle scelte del legislatore, dovremo configurare quantomeno un sistema imparziale nell’assegnazione delle ricette, considerando anche il fatto che la classe medica australiana è foriera di una strenua opposizione al mondo elettronico. 

Le sigarette elettroniche vengono ostracizzate perchè accusate di essere la porta di ingresso dei giovani al mondo del fumo tradizionale.

È interessante notare che un report pubblicato lo scorso anno e sovvenzionato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha attestato un utilizzo di ecig tra i giovani dell’Australia inferiore all’1%.

Ancora più sconcertante è notare che, nonostante i timori per le classi più giovani, l’acquisto di un tradizionale pacchetto di sigarette, al di la dei limiti di età, non sia minimamente oggetto di restrizioni più severe.

A quanto pare fortuna e giustizia sempre cieche rimangono.

A distanza di soli pochi mesi, però, questo complesso sistema di chiusura e imposizioni arbitrarie di un politiche nazionali oscurantiste ha causato non pochi problemi sul territorio australiano.

I dati dimostrano che a partire dal 2022, il mercato parallelo alimentato principalmente da prodotti di scarsa qualità e dubbia derivazione è aumentato esponenzialmente. 

Le autorità denunciano che solo negli ultimi quattro mesi nel Queensland sono stati aperti 30 store illegali dedicati al vaping.

Dati confermati da un precedente report di novembre, che attestava l’apertura di oltre 70 store nel su-est dell’Australia.

Le difficoltà emergono anche a livello burocratico e amministrativo: raid recenti hanno permesso di ritrovare, oltre a sigarette e tabacco illegali, anche sigarette elettroniche contraffate.

Ma la scelta su come comportarsi nei confronti del ritrovamento è diventata un rimbalzo tra le autorità statali e quelle federali, che rimandano la decisione alla autorità sanitarie competenti, che decidono di non pronunciarsi. E nel frattempo non vengono stabilite linee comuni d’azione.

Senza un atto legislativo che autorizzi la polizia del Queensland ha intercettare e perseguire i contrabbandieri, chi ne fa le spese sono i negozianti e i produttori legittimi, che si vedono costretti a chiudere il proprio business a causa del calo delle vendite.

Come qualsiasi decisione proibizionista adottata nel corso dell’ultimo secolo, impedire l’accesso ad un prodotto non significa automaticamente ridurre la domanda, ma facilitare, invece, l’apertura di crepe nel sistema che favoriscano il posizionamento di mercati paralleli scarsamente controllati. 

Il timore che le ecig cagionino un danno per la salute diventa quindi secondario al rischio reale causato da un’incontrollata attività di vendita sul mercato nero di prodotti non testati o certificati. 

Un rischio prevedibile? Assolutamente si: non si tratta di un fenomeno dovuto a casualità sfortunate, frutto di una concomitanza di eventi nazionali, ma di una logica conseguenza di movimenti di mercato dove la la richiesta rimane alta.

Le conseguenze di questa decisione sono molteplici: i commercianti autorizzati vedono crollare le vendite dei prodotti e ciò implica licenziamenti e produzioni più basse.

I medici che potrebbero consigliare ai fumatori metodi meno rischiosi della sigarette o alternativi ai classici metodi per smettere devono seguire un sistema di ricette che di fatto scoraggia i vapers.

L’aspetto più demoralizzante però riguarda le possibilità negate ai vapers che, qualora non si vedano prescrivere la nicotina sotto forma di ecig, rischiano di ricadere nel vizio del fumo.

Studi scientifici errati anche sulle riviste accademiche

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L’articolo scientifico è un documento scritto e oggettivo, redatto da scienziati o tecnici, che riporta in maniera chiara e coerente il metodo e i risultati di ricerca su un argomento complesso che riguarda ciò che ci circonda e che non è ancora mai stato esplorato e conosciuto. Un articolo scientifico viene pubblicato dalla comunità scientifica su riviste diffuse maggiormente in ambito accademico.

Tuttavia, come riporta Stuart Richie nel rinomato giornale britannico “The Guardian, oggi è difficile imbattersi in un articolo scientifico fisico; questo perché la stragrande maggioranza delle ricerche viene presentata, rivista e letta solo online. Ciononostante, il sistema di pubblicazione delle ricerche scientifiche rimane invariato: ci sono ancora editori e revisori che danno il loro contributo al lavoro degli scienziati.

Gli editori e i revisori che si occupano della pubblicazione tendono a risaltare articoli scientifici che riportano risultati positivi o entusiasmanti. “Questo – come specificato dal giornalista inglese -porta spesso gli scienziati a falsare i risultati delle proprie ricerche per attirare l’attenzione di questi editori e revisori, compromettendo la giusta informazione“.

Tuttavia la pubblicazione degli articoli scientifici online ha dei vantaggi, tra i quali la facilitazione di correzione qualora il documento riportasse degli errori.

A differenza della correzione online, infatti, il processo di correzione su carta stampata richiede numerose procedure e spesso lo scienziato che desidera correggere il proprio articolo viene ignorato o ostacolato dai giornali.

Il consiglio che dà il “The Guardian” è di trasformare i documenti in mini-siti web in modo tale da rendere possibile la visione dell’intero processo dai dati, all’analisi, fino alla stesura e permettendo così a tutti di verificarne la validità.

Come rende noto Stuart Richie, oggi molti campi della scienza si stanno muovendo in questa direzione e si spera che in un futuro prossimo anche il resto di essi segua quest’esempio, passando da fossili viventi a documenti viventi.

Perchè questo articolo risultati interessante per la ricerca sull’Harm Reduction?

Perchè esprime con chiarezza ciò che succede nell’ambito della ricerca sulla riduzione del danno da fumo. Studi scientifici pubblicati senza accurate revisioni, pubblicati con errori metodologici basilari e diffusi per aumentare l’impatto della notizia su argomenti che riguardano la salute pubblica internazionale. La revisione on-line consentirebbe alla comunità scientifica del settore della riduzione del danno da fumo di controllare e verificare maggiormente i risultati della scienza e la metodologia utilizzata cosi da pubblicare e diffondere una informazione reale e verificabile.

Per meglio capire vi invitiamo alla lettura dello studio pubblicato dai ricercatori CoEHAR che mostra errori metodologici su studi condotti e pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche del mondo.

Nuovo studio sul progetto Troina: applicazioni farmaceutiche innovative a base di nicotina potrebbero prevenire l’infezione da Covid

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progetto troina

Dall’inizio della pandemia, è diventato prioritario studiare e comprendere quali fattori fossero responsabili di un possibile aggravamento dell’infezione da Covid-19.

La domanda principale, dunque, verteva sull’esaminare attentamente quali specifici elementi di rischio influivano sul quadro clinico del paziente: trattandosi di una patologia respiratoria, il fumo, con i ben noti effetti sul sistema cardiocircolatorio e polmonare, è stato oggetto delle ricerche di settore.

Come emerso dai primissimi studi, il numero di ospedalizzati tra i fumatori era insolitamente basso, anche se, una volta contratto il virus, le probabilità di incorrere in esiti negativi e gravi erano più alte.

Ma qual è la relazione tra fumo di sigaretta e infezione da covid 19?

I ricercatori del CoEHAR, Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania, in collaborazione con la Duke University negli Stati Uniti e grazie al sostegno del Comune e dell’IRCCS Oasi Maria SS. di Troina, hanno studiato per la prima volta il rapporto tra lo status di fumatori, verificato da specifici marcatori biochimici, e l’infezione da Sars-CoV-2 grazie ad una vasta ricerca sulla popolazione denominata “Progetto Troina”.

Il “Progetto Troina” riguarda uno studio di gruppo condotto tra luglio e settembre 2020 a Troina, un comune siciliano diventato ben presto zona rossa a causa all’elevato numero di contagi.

Considerando il notevole numero di infetti, si è voluto indagare l’incidenza dell’infezione da Covid-19, attraverso test sierologici sia sulla popolazione residente nel territorio comunale sia su un campione di lavoratori sanitari dell’IRCCS Oasi di Troina.

Lo studio – dal titolo “The effect of laboratory-verified smoking on SARS-CoV-2 infection: results from the Troina sero-epidemiological survey” e pubblicato su Internal and Emergency Medicine – ha rilevato che la prevalenza di positività anticorpale per il virus Sars-CoV-2 era inferiore nei fumatori rispetto che agli ex fumatori o a chi non aveva mai acceso una sigaretta: rispettivamente 19.8% e 31%.

Minor prevalenza che persisteva anche dopo aver valutato possibili fattori di confondimento come sesso, età, condizioni croniche, precedenti infezioni e gruppi di rischio.

Grazie alla conferma dello status di fumatori, attraverso specifici marcatori biochimici, i ricercatori del CoEHAR hanno chiarito una volta per tutte i risultati contrastanti di precedenti ricerche in merito all’associazione tra il fumo di sigaretta e il rischio connesso all’infezione da Sars-CoV-2.

Come afferma il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR

«Rispetto ai non fumatori, i soggetti di cui è stata appurata in maniera oggettiva la condizione di fumatori sembrano essere meno suscettibili allo sviluppo dell’infezione da Sars-CoV-2. Questi risultati sono in accordo con dati precedenti che hanno dimostrato l’associazione tra lo status di fumatori autoriferito e una riduzione dei marcatori dell’infezione da Sars-CoV-2. I nostri risultati supportano l’idea che nuove applicazioni farmaceutiche innovative a base di nicotina possano prevenire l’infezione». 

Per rilevare lo status di fumatori si è deciso di associare le dichiarazioni dei partecipanti all’individuazione di uno specifico marcatore biologico, la cotinina, un metabolita sierico della nicotina.

Su un totale di 1785 partecipanti allo studio e testati per i valori di cotinina, 1312 (il 73.5%) sono abitanti del comune di Troina, mentre 473 (il 26.5%) fanno parte del personale sanitario dell’IRCCS Oasi di Troina.

Nello specifico, la maggior parte dei partecipanti è rappresentato da donne (61.4%), con un’età media totale rilevata di 50 anni. Il 56.1% riportava almeno una patologia cronica. 

I test sierologici condotti hanno rilevato una positività anticorpale generale del 5.4%; nessuna specifica differenza nella risposta anticorpale è emersa considerando dati su età e sesso.

La concordanza tra la storia clinica autoriferita relativa allo status di fumatori e la soglia sierica di cotinina è risultata essere alta, con valori pari al 97.1% negli ex fumatori e 98.7% nei non fumatori.

Per quanto riguarda, invece, la correlazione tra fumo e infezione da Sars-CoV-2, la prevalenza di positività alle immunoglobuline nei test sierologici è stata sorprendentemente bassa nei fumatori (19.8%) rispetto ai soggetti con cui si è avviato il confronto. 

«Sono rimasta colpita nel vedere che lo status di fumatori era associato a una minore positività anticorpale da Sars-CoV-2– spiega la prof.ssa Venera Tomaselli, docente di Statistica sociale dell’Università di Catania e membro del CoEHAR- Tuttavia, va sottolineato che il fumo è un’abitudine di vita malsana che provoca la morte di circa 8 milioni di persone ogni anno, il doppio del Covid-19».

Smettere dopo un infarto fa guadagnare 4 anni di vita

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giovanni li volti ecig

ANSA – Anche dopo aver avuto un infarto, smettere di fumare può salvarti la vita. Secondo una ricerca coordinata dall’Amsterdam University Medical Centre e presentata al congresso scientifico dell’Esc (Società Europea di Cardiologia), smettere di fumare dopo un infarto fa guadagnare oltre 4 anni di vita senza malattie cardiache senza neanche ricorrere all’assunzione di una terapia preventiva.

Lo studio ha utilizzato i dati di 989 pazienti dai 45 anni in su che avevano continuato a fumare nei sei mesi successivi ad un infarto o a un intervento per l’impianto di stent o bypass.

I pazienti etrano generalmente trattati con farmaci per prevenire altri eventi cardiaci, in particolare con antiaggreganti, statine e farmaci per abbassare la pressione. “Questo gruppo è particolarmente a rischio di avere un altro infarto o un ictus. Per loro smettere di fumare è potenzialmente l’azione preventiva più efficace”, ha affermato Tinka Van Trier, tra gli autori dello studio.

Nel dettaglio, i ricercatori hanno utilizzato un modello in grado di stimare il guadagno in anni di vita passati in salute, cioè senza infarto o ictus, per i pazienti che smettono di fumare. Ne è emerso che il beneficio derivante dall’abbandono del fumo era sovrapponibile a quello derivante dalla terapia con tutti e tre le classi di farmaci. In particolare smettere di fumare avrebbe comportato ai pazienti un guadagno di 4,81 anni senza infarto o ictus, mentre l’assunzione dei tre farmaci insieme avrebbe fornito un guadagno di 4,83 anni.

“Questo indica che smettere di fumare è molto importante per aggiungere anni in salute alla propria vita”, ha commentato Van Trier. “È importante sottolineare che la nostra analisi non ha tenuto conto degli altri vantaggi sulla salute derivanti dalla rinuncia al fumo, ad esempio sulle malattie respiratorie e il rischio di cancro. Sappiamo che il fumo di sigaretta è responsabile del 50% di tutti i decessi evitabili tra i fumatori, di cui la metà è dovuta a malattie cardiovascolari”. 

“Se non si riesce a smettere di fumare – ha concluso il dottor Fabio Bandini, direttore dell’unità operativa complessa di neurologia dell’ospedale Villa Scassi di Genova – le alternative al fumo di sigaretta possono non portare al rischio zero ma sicuramente ad una riduzione del rischio perché i prodotti nocivi della combustione sono quelli più dannosi in generale per l’organismo. D’accordo che la nicotina ha un effetto di dipendenza ma quantomeno gli aspetti più tossici, più nocivi per le arterie e per il resto dell’organismo vengono sicuramente ridotti in maniera significativa. Quindi non rischio zero ma rischio diminuito”.