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Appello Beaglehole all’OMS: il successo sarebbe un mondo senza fumo

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La Convenzione quadro per il controllo del tabacco (Fctc) dell’Organizzazione mondiale della sanità”– entrata in vigore da più di un decennio – “non ha mantenuto le sue promesse. L’ingrediente mancante nella strategia dell’Oms è la riduzione del danno”.

Così Robert Beaglehole, medico esperto di sanità pubblica e per anni a capo del Dipartimento malattie croniche dell’OMS, descrive l’efficacia delle linee d’azione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del FCTC. Con un ulteriore commento:“il vero successo da perte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è quello di ottenere un mondo senza fumo da tabacco, non un mondo senza nicotina.”

Nella stoccata contro l’organizzazione internazionale l’ex dirigente sottolinea come la priorità sia quella di ridurre i morti e le malattie causate dal fumo di sigaretta convenzionale e dalle sostanze tossiche prodotte dalla combustione.

“Siamo di fronte ad una piaga sociale ed economica- quella del fumo di sigaretta – che miete otto milioni di morti l’anno ed ha innumerevoli conseguenze per la salute pubblica. L’OMS dovrebbe essere in prima linea nel creare politiche efficaci di contrasto” ha affermato l’ex dirigente.

Le ragioni per cui la Fctc non è riuscita a mantenere le sue promesse, secondo Beaglehole, sono tre:

  • Il problema del’astinenza da nicotina;
  • Il fallimento dell’Oms nell’adozione di prodotti alternativi meno dannosi rispetto alla sigaretta convenzionale;
  • Il concentrare le politiche anti-fumo nel contrasto del fumo tra gli adolescenti a discapito degli adulti che intendono smettere.

Secondo l’esperto, l’Oms avrebbe dunque perso di vista il percorso e gli obiettivi fissati per contrastare l’insorgenza delle malattie croniche fumo-correlate, mentre urge rafforzare il pacchetto di interventi a livello internazionale al fine di poter invertire la tendenza.

“La Svezia – osserva Beaglehole – ha dimostrato l’efficacia di quelle che possono essere delle alternative meno dannose come lo ‘snus’ (tabacco per uso orale, ndr) e di come stia velocemente rimpiazzando il fumo di sigaretta”.

Un altro esempio è “il Giappone, dove i dispositivi smoke-free hanno ridotto la vendita di sigarette del 30%”.

La lezione appresa con la pandemia da Covid-19 avrebbe dovuto suggerire una risposta globale e coordinata con prove forti e indipendenti, per far emergere una politica basata sulla scienza e che non lasci indietro nessuno.

Sono diversi i Paesi ad alto reddito che hanno, e continuano ad ottenere, progressi consistenti appoggiando e sostenendo la Riduzione del Danno. Molti altri stanno facendo piani ambiziosi per accelerare tali progressi.

In altri stati, per esempio, molti giovani non approcciano più il fumo di sigaretta e questo è un traguardo notevole.

Comprendere la natura e l’impatto di questi prodotti sarà importante per formulare raccomandazioni basate su prove valide ed efficaci.

Altrettanto di valore sarà mantenere un dialogo con esperti, epidemiologi, e soprattutto con i fumatori e le persone che utilizzano i prodotti a rischio ridotto.

Nonostante il Regno Unito abbia adottato le sigarette elettroniche come strumento per frenare l’incidenza del fumo tra i propri cittadini, è allarmante notare come l’OMS continui a commissionare ricerche di scarsa qualità e perpetui campagne di disinformazione contro Londra. In futuro, vedremo se altri paesi seguiranno l’esempio del Regno Unito su prodotti alternativi più sicuri costringendo l’OMS ad ammettere i propri errori” ha commentato il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.

Leggi anche: COP9/Riccardo Polosa: “La mancanza di interesse dell’OMS per lo sviluppo globale dei prodotti a rischio ridotto mi preoccupa molto”.

La geografia dell’harm reduction: snus e tabacco da mastico sono ampiamente diffusi a livello mondiale, ma la letteratura è incompleta e potenzialmente disinformante

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Una nuova review ha dimostrato come la maggior parte degli studi sui prodotti privi di combustione si focalizzi principalmente sugli esiti avversi in termini di salute, variando a seconda della regione in cui è stato condotto lo studio e ignorando i possibili benefici di uno switch dalle sigarette a questi prodotti.

Catania, 6 dicembre 2021– Snus, tabacco da masticare, snuff: il consumo di prodotti da tabacco diversi dalle sigarette e dai dispositivi elettronici contenenti nicotina è molto diffuso a livello mondiale e, in alcune forme, rappresenta un’alternativa più sicura al fumo di sigaretta.

Purtroppo, le informazioni sulla relativa sicurezza di questa categoria di prodotti si basa su studi di scarsa qualità.

Un pool di ricercatori internazionali ha voluto quindi monitorare le prove in materia attraverso una review sistematica degli studi condotti sui prodotti del tabacco senza fumo tra il gennaio 2015 e il febbraio 2020.

Lo studio, intitolato The health impact of smokeless tobacco products: a systematic review”, e pubblicato sul prestigioso Harm Reduction Journal, ha valutato i risultati di 53 studi, dividendoli sulla base della forza dei dati ottenuti, della qualità, delle tipologie di strumento monitorato e delle aree geografiche in cui sono stati condotti.

Dall’analisi, è emerso che la qualità generale degli studi è risultata essere bassa (43%), soprattutto tra quelli compiuti nell’area di Asia, Medi Oriente e Africa.

Tutti gli studi rilevano incredibili discrepanze nella sicurezza per la salute dei differenti prodotti del tabacco senza fumo e tra le differenti aree geografiche. Dai zero rischi rilevati per l’uso di snuss negli studi svedesi fino a rischi elevati di mortalità, cancro e patologie respiratorie per l’area mediorientale, africana e asiatica, con un livello di rischio intermedio per i prodotti negli Stati Uniti.

Quello che però colpisce maggiormente, è che nessuno studio riporta un’associazione positiva tra l’uso di questi prodotti e il possibile abbandono della sigaretta convenzionale.

“I risultati di questo nostro studio sono perfettamente in linea con la geografia politica delle principali normative in materia di riduzione del rischio” spiega il prof Polosa, fondatore del CoEHAR e uno degli autori della review “Paesi come la Svezia e la Norvegia, tradizionalmente aperti alle politiche di riduzione del rischio attraverso la commercializzazione di prodotti combustion-free contenenti nicotina, riconoscono ai fumatori il diritto ad alternative a basso rischio e registrano oggi una prevalenza del tabagismo tra le più basse in tutta Europa.”

“L’ampia disponibilità di sistemi a rilascio di nicotina più sicuri senza la percentuale di danno apportata dal tabacco combusto, come è stato dimostrato per lo snus svedese e alcune altre forme di prodotti del tabacco senza fumo, rappresenta una strada da percorrere per porre fine al fumo di sigaretta in un futuro non troppo lontano, come stiamo già assistendo in Svezia e Norvegia. È necessario fare una chiara distinzione tra lo snus, più sicuro, e i prodotti del tabacco raffinati senza fumo utilizzati in Svezia, Norvegia e sempre più negli Stati Uniti, e i prodotti del tabacco senza fumo non raffinati molto più rischiosi utilizzati in Asia, Medio Oriente e Africa” ha aggiunto Cother Hajat, dell’Università degli Emirati Arabi Uniti.

LA REVIEW

I prodotti come snus e tabacco da mastico rappresentano una grossa fetta delle abitudini di molti paesi: in Svezia l’uso di snus si attesta al 20%, mentre in India la popolazione rappresenta  i 2/3 di tutto il consumo globale, con tassi di prevalenza maggiore tra gli uomini (30%) rispetto alle donne (13%).

Sono state identificate 4 principali aree geografiche: di questi 53 studi, infatti, 6 erano globali, 32 sono stati condotti nella zona compresa tra Asia, Medioriente e Africa, 9 negli Stati Uniti e 6 in Europa.

Sorprendentemente, gli esiti in termini di salute sono diversi sia a seconda della tipologia di prodotti usati sia a seconda dell’area in cui sono stai condotti.

Le ricerche svolte nel Sud Est Asiatico ed in Africa hanno riscontrato tassi di mortalità elevati e di maggiori morbidità, come cancro del cavo orale, tumore al collo e alla testa, con rapporti di probabilità fino a 3.87.

Al contrario, gli studi europei non hanno ricontato un eccesso di mortalità o di morbidità (cardiopatia ischemica, ictus, tumori del cavo orale, del pancreas o del colon).

Gli studi statunitensi hanno mostrato risultati contrastanti per la mortalità (aumento complessivo, cancro e mortalità per cancro correlato al fumo, nessun rischio elevato di moralità per deficit respiratori).

Non sono stati riportati prove di studi effettuati sul passaggio da sigarette a questi prodotti.

Una considerazione a parte deve essere effettuata per quanto riguarda lo snus: comparando la situazione europea a quella svedese, emerge come l’uso di snus e possa aver contribuito al numero più basso di morti attribuibili al fumo in Svezia.

L’uso dello snus da parte dei fumatori è associato a una diminuizione del fumo di sigarette e un aumento dell’astinenza. Alcuni studi hanno teorizzato un effetto “gateway inverso” in Svezia: infatti negli studi svedesi si è dimostrato come tra i fumatori che hanno approcciato lo snus in maniera duale, il 10.6% ha iniziato a fumare occasionalmente, mentre  il 76.3% ha smesso completamente.

Questo studio conferma l’importanza di tali prodotti nei percorsi di cessazione e come strumento per le politiche di harm reduction, ma sono necessari ulteriori studi per valutare il loro uso in termini di danni e benefici per la società, come ad esempio il discorso dipendenza, e valutare eventuali danni specifici del prodotto rispetto allo scenario alternativo in cui questi prodotti non sono disponibili.

A Dubai, Polosa unico esperto mondiale su Harm Reduction

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Si è tenuta nei giorni scorsi a Dubai la seconda conferenza internazionale sull’otorinolaringoiatria. Tra gli scienziati presenti, il prof. Riccardo Polosa (fondatore del CoEHAR) è intervenuto per la prima volta come l’unico esperto al mondo nel campo dell’Harm Reduction.

Con un intervento dal titolo: “Impact of e-cigarettes and heatedtobaccoproducts on saccharin test: Evidence for harmreversal“, lo scienziato catanese ha ricordato che i danni provocati dal fumo, anche al sistema otorino, non sono dovuti all’assunzione di nicotina ma alla combustione.

Semplici osservazioni cliniche sui fumatori hanno dimostrato che smettere di fumare provoca benefici quasi immediati sulla salute: ad esempio il recupero del gusto ed un miglioramento evidente nella qualità dell’olfatto.

A Dubai, Polosa ha presentato i risultati di uno degli ultimi studi condotto dai ricercatori del CoEHAR e pubblicato ad Agosto di quest’anno. Impact of exclusive e-cigarettes and heated tobacco products use on muco-ciliary clearance ha comparato i risultati del test sul tempo di transito della saccarina di fumatori esclusivi di sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato, con quelli di fumatori, ex-fumatori e soggetti che non hanno mai fumato.

Il risultato ha tangibilmente dimostrato che il passaggio a strumenti a rischio ridotto (come sigarette elettroniche e tabacco riscaldato) non comporta comporti effetti dannosi sul sistema mucociliare.

L’esposizione cronica al fumo, infatti, è causa anche di un progressivo deterioramento delle ciglia polmonari, uno dei meccanismi di difesa del sistema respiratorio. Il danneggiamento della clearance mucociliare può contribuire a causare stati infiammatori delle piccole via aeree e può incrementare la suscettibilità dei fumatori alle infezioni respiratorie. Passare a prodotti senza combustione, può però ridurre i danni in maniera vertiginosa.

Accolto da una platea di scienziati ottimisti verso le nuove osservazioni sulla riduzione del danno da fumo, Polosa ha ricordato che la scienza deve seguire il suo percorso ma implementare la ricerca in questo settore specifico potrebbe davvero salvare milioni di vite in tutto il mondo.

Leggi anche: un nuovo studio del CoEHAR attesta l’harm reversal sulle ciglia del sistema polmonare

La Nuova Zelanda stabilisce un record storico per la Riduzione del Danno da Fumo

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Può un’isola di soli cinque milioni di abitanti, con un’incidenza già estremamente bassa di fumatori tra la popolazione, fornire un esempio da seguire al resto del mondo nel frenare l’epidemia di tabacco? Guardando i risultati e i dati forniti dalle autorità sanitarie della Nuova Zelanda, la risposta è affermativa.


Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rinviato qualsiasi discussione sulle sigarette elettroniche, grazie alla Nuova Zelanda, il 2022 potrebbe diventare un anno fondamentale per l’implementazione delle politiche di riduzione del danno da fumo a livello globale.


Nella seconda meta degli anni 2000 l’introduzione nel mercato delle sigarette elettroniche suscitava rabbia e preoccupazione tra gli addetti ai lavori per il potenziale rischio di una inversione dei progressi nelle politiche internazionali di controllo del tabacco.

Come principale conseguenza, per anni le autorità sanitarie hanno pubblicamente dichiarato come qualsiasi l’allentamento delle norme su questi prodotti avrebbe provocato un aumento del numero di fumatori tra i giovani adulti contestando, nello stesso tempo, la veridicità del numero crescente di studi scientifici a sostegno della minore tossicità delle sigarette elettroniche.


Due decenni dopo, lo svapo sembra essere associato ad un forte calo del consumo di sigarette nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Canada. Come sottolineato dagli esperti, l’uso di sigarette elettroniche tra la popolazione potrebbe aver contribuito a un calo piuttosto che a un aumento del tasso di fumatori. Il panico causato dalle previsioni secondo cui le sigarette elettroniche aumentano il consumo di sigarette combustibili si è rivelato basarsi sul nulla.


Tuttavia, mentre il Canada e gli Stati Uniti continuano a ignorare queste prove scientifiche e continuano nel loro approccio proibizionista “a priori”, un altro paese ha preso l’iniziativa nel tradurre la teoria in pratica.

Infatti, in linea con la recente decisione del governo del Regno Unito di consentire la sigaretta elettronica come prescrizione per smettere di fumare, la Nuova Zelanda ha stabilito un approccio innovativo che autorizza le sigarette elettroniche come strumento di cessazione approvato dal governo.

L’Atto di modifica degli ambienti senza fumo e dei prodotti regolamentati (Vaping) 2020 è una delle normative più complete sullo svapo e sui prodotti correlati in tutto il mondo. Il suo obiettivo è proteggere i giovani dal fumo fornendo un’alternativa meno dannosa ai fumatori che vogliono smettere.

Rispondendo all’appello del pubblico e dei ricercatori per una politica nazionale anti-tabacco più sostenibile, il Ministero della Salute della Nuova Zelanda ha recentemente istituito un gruppo consultivo di esperti tecnici sulla sicurezza dei prodotti delle sigarette elettroniche per fornire al governo tutte le prove scientifiche disponibili su standard di sicurezza dei prodotti da svapo. Nella prima decisione del genere, il gruppo consultivo ha incluso anche rappresentanti dell’industria del vaping neozelandese.

Le prove fornite dal Comitato hanno convinto il governo ad adottare le sigarette elettroniche per promuovere l’obiettivo di una Nuova Zelanda senza fumo entro il 2025.


Negli ultimi due anni, la Nuova Zelanda è diventata un esempio convincente dell’efficacia dei dispositivi antifumo nel ridurre al minimo il numero di fumatori di sigarette convenzionali attraverso l’utilizzo di ecigs come strumento di cessazione.

Fumatori giornalieri di sigarette elettroniche vs fumatori giornalieri di sigarette tradizionali

“Quello a cui stiamo assistendo è un risultato sorprendente nonostante tutti gli allarmismi da parte degli organismi di regolamentazione internazionali e dei fondi privati ​​di filantropi. L’obiettivo di porre fine all’uso di tabacco tra i giovani non è un risultato impossibile. I dati in Nuova Zelanda (ma anche nel Regno Unito, negli Stati Uniti e Canada) dimostrano che questo obiettivo è raggiungibile e in breve tempo”, ha affermato il Prof. Riccardo Polosa.

“Le preoccupazioni che le sigarette elettroniche possano fungere da ‘porta d’accesso’ alle sigarette convenzionali non si sono concretizzate, nemmeno quando la prevalenza del fumo di base è molto bassa come in Nuova Zelanda”, ha aggiunto il prof. Polosa.

L’esperienza della Nuova Zelanda, con il suo basso tasso di fumatori, presenta una chiara indicazione che un mix di strumenti alternativi meno dannosi alle sigarette convenzionali, insieme a campagne di sensibilizzazione sul rischio del fumo, potrebbe raggiungere l’obiettivo di arginare l’epidemia di tabacco. Un approccio che potrebbe essere esportato in tutto il mondo.


I governi di molti paesi considerano sempre più la Riduzione del Danno come uno strumento efficace per limitare il tasso di fumo domestico e ridurre al minimo l’onere delle malattie legate al fumo sui sistemi sanitari nazionali. Ed è per questo che l’approccio vincente della Nuova Zelanda rappresenta l’accettazione senza pregiudizi dei potenziali benefici per la salute derivanti dallo svapo e apre un nuovo percorso per il progresso della riduzione del danno da tabacco in altre nazioni.

Al via la selezione per il Master Universitario “Smoking cessation e Harm reduction” targato CoEHAR

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L’Università degli Studi di Catania e il CoEHAR annunciano l’apertura del bando per il Master universitario di primo livello dedicato allo studio e approfondimento delle più efficaci tecniche di trattamento del tabagismo. Il termine per la presentazione delle domande scade il 14 Febbraio 2022. 

Le nuove frontiere nel trattamento e nella prevenzione del tabagismo, in Italia e nel Mondo, rendono necessario creare e formare professionisti del settore sanitario che sappiano valutare e comprendere il grave problema medico e sociale rappresentato dal fumo. Un settore in grande fermento con ottimi sbocchi professionali e scientifici. 

Approcciarsi a un fumatore che intende smettere richiede conoscenze e competenze a 360°. Entrano infatti in scena principi medici come il decorso patologico delle malattie fumo correlate, l’assistenza psicologica e psicoterapica, gli approcci farmacologici e terapeutici, oltre alle innovazioni del mondo della ricerca e della tecnologia.

Per questi motivi, l’Università di Catania e il CoEHAR, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dello stesso ateneo, annunciano l’avvio del processo di selezione per il Master universitario di primo livello in “Smoking Cessation e Harm reduction”, il primo al mondo nel suo genere

Il professionista formato in questo settore avrà la possibilità di accedere a svariati contesti lavorativi: centri medici e riabilitativi, cliniche, scuole, ospedali, centri di ricerca, ovvero tutti i settori che sempre più frequentemente necessitano di figure specializzate che impostino un percorso specifico nel trattamento di questa abitudine, con i relativi benefici che smettere comporta in termini di salute.

Il CoEHAR rappresenta un’eccellenza internazionale nel settore, grazie all’implementazione di approcci metodologici innovativi per contrastare la piaga del tabagismo. Grazie a un team di ricercatori multidisciplinare, alla collaborazione con partner internazionali e l’avvio di numerosi progetti di ricerca, agli studenti verrà data la possibilità di essere parte di un network globale e altamente specializzato.

A livello internazionale vi è una sempre maggior richiesta di figure competenti che possano affrontare i problemi correlati al tabagismo – dice il prof. Riccardo Polosa, fondatore del COEHAR e coordinatore del master – Assistere e aiutare i fumatori a smettere significa saper valutare attentamente tutte le componenti che influiscono sulla dipendenza tabagica e le conseguenze che questa abitudine comporta. Abbiamo bisogno di professionisti formati e competenti”

Il master avrà una durata complessiva di 12 mesi per 30 posti disponibili e prevede un percorso di stage di 300 ore presso diverse strutture. Oltre al CoEHAR, infatti, sarà possibile svolgere periodi di formazione pratica presso: il Centro per la Prevenzione e Cura del Tabagismo dell’AOU Policlinico “G. Rodolico-S. Marco”; la struttura di riabilitazione psichiatrica CTA Villa Chiara; l’associazione no-profit Lega Italiana Anti Fumo; ed ECLAT srl, lo spin off dell’Ateneo dedicato alla ricerca e sviluppo nel settore della riduzione del danno da fumo.

Per ulteriori informazioni visitare il sito: https://www.unict.it/it/didattica/master-universitari/2021-2022/smoking-cessation-e-harm-reduction  

Disturbi alimentari negli adolescenti: le nuove frontiere del supporto online

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La pandemia, e i relativi lockdown, hanno peggiorato il quadro clinico di molti adolescenti con disturbi alimentari. Lo sdoganamento dei mezzi di comunicazione e delle nuove tecnologie in qualsiasi campo relazionale ha aperto nuove frontiere per il supporto psicologico a distanza

Ansia e depressione sono due dei principali sintomi direttamente collegati ai lunghi periodi di costrizione nelle nostre abitazioni e che hanno influito negativamente sul trattamento e sull’assistenza di pazienti affetti da disturbi alimentari, sopratutto se adolescenti.

In un sondaggio condotto in Australia da aprile 2020, infatti, è stato evidenziato come il 40% degli intervistati abbia riportato un peggioramento dei sintomi dopo solo poche settimane di lockdown, mentre il 60% ha dichiarato di avere sviluppato forme di ansia e depressione, a discapito della salute generale.

In uno studio condotto dai ricercatori del CoEHAR, “Evaluation of the Effects of Telepsychotherapy in the Treatment and Prevention of Eating Disorders in Adolescents”, e pubblicato sulla prestigiosa rivista International Journal of Environmental Research and Public Health, si è analizzata al correlazione positiva tra servizi di medicina e-health, ovvero a distanza, e il miglioramento di sintomi primari e secondari correlati ai disturbi alimentari.

Secondo la definizione ufficiale, per telemedicina si intendono tutti quei trattamenti utilizzati da operatori sanitari che utilizzano le moderne tecnologie in ambito comunicativo per continuare nel trattamento, nella diagnosi o nella prevenzione di determinate patologie.

Per la review in oggetto, sono stati presi in considerazione 176 studi internazionali relativi ai trattamenti di medicina a distanza: solo 6 hanno centrato alla fine i criteri per poter essere inseriti nella ricerca.

Il numero piuttosto basso di questi studi è già di per se un dato importante che rileva quanto necessario sia continuare ad indagare le potenzialità offerte dalle nuove frontiere delle comunicazione nel trattamento di determinate categorie di pazienti.

Particolarmente rilevante è lo studio condotto da Heinicke, uno dei primi a indagare gli effetti di un programma di supporto online in un campione di ragazzi affetti da disturbi alimentari.

Nel questionario di valutazione finale, il 65% ha riportato la preferenza di seguire un programma di assistenza online e l’88% ha dichiarato un miglioramento moderato o significativo degli schemi alimentari.

Solo il 15% ha dichiarato che avrebbe preferito gli incontri faccia a faccia.

In generale, tutti gli studi analizzati riportano miglioramenti nel medio e nel lungo termine.

“Rispetto ai disturbi alimentari, la telepsicoterapia può essere una soluzione vincente” spiega la dott.ssa Marilena Maglia, prima autrice dello studio “Si deve anche considerare che tali problematiche colpiscono una fascia di età molto giovane, avvezza all’uso della tecnologia in tutte le sue forme: queste tipologie di intervento possono quindi aiutare nell’avere un canale ulteriore di comunicazione con tali soggetti”.

Nonostante, infatti, le terapie di telemedicina debbano ancora essere definite e allargate anche alla platea di soggetti affetti da anoressia, sia i pazienti che le loro famiglie esprimono una generale soddisfazione nei confronti di questo tipo di servizio.

Si tratta di modalità di intervento che si configurano come durature nel tempo, con meno stress per i soggetti considerati e un costo decisamente inferiore per i servizi territoriali di assistenza, sopratutto nelle regioni in cui tali servizi non sono inclusi nelle linee di supporto standard.

Va considerato comunque che tutti i soggetti beneficiano maggiormente di un contato diretto, sopratutto se adolescenti, ma queste nuove forme di assistenza devono essere studiate maggiormente per definire standard qualitativi utili per evitare peggioramenti improvvisi o per preparare forme di intervento laddove non sia possibile intervenire in latra maniera.

In conclusione, è doveroso aggiungere che questo tipo trattamento alternativo, con un assistenza ed un monitoraggio psicologico continuo, potrebbe essere d’aiuto anche per gli adolescenti che, purtroppo, si avvicinano al fumo troppo presto acquisendo abitudini malsane già consolidate in maniera cronica anche prima della maggiore età. Intervenire sugli adolescenti per evitare di introdurli al fumo di sigaretta convenzionale è una priorità per tutti.

Ictus e infarto non danno preavviso

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Una ricerca degli esperti dell’Università Northwestern di Chicago, pubblicata su Journal of the American Heart Association, mette in guardia sui pericolosi effetti dei composti presenti nelle sigarette. Per chi fuma ictus e infarto arrivano senza preavviso.

La ricerca è partita dall’analisi di nove studi di lunga durata e ha coinvolto oltre 106.000 persone, dai più giovani (intorno ai 20 anni) fin quasi agli ottuagenari. Tutti all’inizio dell’osservazione non avevano patologie a lungo termine e sono stati seguiti per un periodo di osservazione variabile tra i 10 e i 25 anni.

Lo studio americano riporta conclusioni davvero significative. Tra queste, non solo che le sigarette accorciano la vita e danneggiano l’apparato cardiovascolare, ma addirittura nei fumatori è più probabile che un infarto o un ictus siano la prima manifestazione della sofferenza delle arterie. Senza preavviso. Anche nella mezza età.

Ma perché chi fuma dovrebbe spegnere per sempre la sigaretta?

Quello che è emerso dall’indagine effettuata è che i fumatori manifestano i segni delle patologie di cuore e arterie, e questo significa che il fumo è collegato alle malattie cardiovascolari che insorgono precocemente. Nei fumatori maschi si presentano con 5,1 anni di anticipo, mentre nelle femmine 3,8 anni prima.

Altro dato interessante è che i fumatori hanno presentato un rischio più elevato di avere patologie cardiovascolari, anche in età più giovanile rispetto ai coetanei che non avevano il vizio. Tra i 40 e i 59 anni, si è ammalata più della metà dei fumatori con una probabilità quasi raddoppiata rispetto ai non fumatori coetanei di decesso per infarto o ictus.

Ad allarmare maggiormente è che nei fumatori si alza di molto la possibilità che gli eventi cardiovascolari mortali come ictus e infarto si presentino senza nessun segnale di preavviso.

Ultimo dato che emerge dallo studio è quanto prima si inizia a fumare, tanto peggio è. Infatti sono proprio i giovani fumatori che rischiano di avere il più alto rischio a lungo termine di infarto (24%), mentre le giovani avevano un rischio maggiormente elevato a lungo termine (11,3%) per altre cause di morte conseguenti ad ictus o scompenso cardiaco.

“Il fumo può uccidere con una malattia cardiaca prima ancora che una persona si accorga di essere malato – riferisce il primo firmatario dello studio Sadiya KhanLa maggior parte delle persone è consapevole dei rischi di cancro ai polmoni derivante dal fumo, ma molte persone che fumano non si rendono conto che è più probabile morire per malattie cardiovascolari che per cancro ai polmoni”.  

STOP SMOKING START VAPING, il libro che sfata i miti sul vaping

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Smettere con i metodi tradizionali o con il vaping? Quanto è sicuro svapare? Quali sono le evidenze dietro al mondo dello svapo?

Avere accesso ad una corretta informazione quanto si parla di riduzione del danno non è mai facile: da un lato esistono prove ormai avvalorate sui benefici per la salute di chi decide di smettere passando al vaping

Dall’altro, le maggiori autorità sanitarie internazionali si mostrano restie nell’accettare metodi di cessazione alternativi a quelli tradizionali, temendo che questa scelta possa in qualche modo impedire di raggiungere l’obiettivo di un mondo senza tabacco.

Il dott. Colin Mendelsohn, autore del libro

È per sfatare alcuni dei miti che potrebbero impedire a un fumatore di smettere grazie agli strumenti a rischio ridotto, che il dott. Colin Mendelsohn, fondatore e direttore di ATHRA, Australian Tobacco Harm Reduction Association, ha deciso di scrivere il libro “Stop Smoking Start Vaping”, un viaggio nel mondo del fumo elettronico e delle evidenze scientifiche a sostegno.

Nella nostra intervista, abbiamo chiacchierato sulla recenti conclusioni del COP9 e su cosa si debba aspettare di trovare in questo libro.

Dott. Mendelsohn, perchè ha deciso di scrivere questo libro?

Principalmente per la disinformazione che aleggia intorno al mondo del vaping e della nicotina.

In quanto medico, ho lavorato con i fumatori per oltre 30 anni. E ho visto quanto sia difficile smettere. Durante questo periodo, ho visto quanto il vaping abbia aiutato tutte quelle persone che non avrebbero smesso con altri metodi.

E queste persone sono diventate molto più sane di conseguenza.

La mia esperienza con i vapers si trova d’accordo con quanto ho letto nelle ricerche: penso che il vaping abbia un enorme potenziale per migliorare la salute pubblica, per diminuire i tassi sul cancro, sulle malattie cardiache e polmonari e per soppiantare il fumo.

Il libro mira a fornire alle persone delle informazioni scientifiche valide, le giuste informazioni, non quelle che si leggono nei media, informazioni sul vaping che possano permettere ai fumatori di crearsi una propria opinione, e prendere decisioni “informate” e se, dunque, approcciare il vaping o no per smettere.

Ha appena accennato alla disinformazione sul vaping: questo strumento aiuta davvero i fumatori a smettere? E più sicuro? Che differenza esiste tra lo smettere di fumare con i metodi tradizionali e smettere con il vaping?

Il vaping è uno strumento unico nel fornire la quantità di nicotina di cui i fumatori sono dipendenti e di cui hanno bisogno.

Ma allo stesso tempo permette di mantenere gli aspetti ritualistici collegati al fumo.

È di questo che i fumatori sentono più la mancanza quando smettono, ovvero l’insieme delle sensazioni connesse al fumo: il vaping soddisfa sia questi aspetti sia quello della dipendenza da nicotina. 

E rende più facile smettere perché ti permette di rinunciare a molto meno.

Per questa ragione penso sia un metodo più efficace. Le persone hanno tassi di ricaduta meno alti rispetto che gli altri metodi per smettere.

Penso che sia per questo che le prove dimostrano che è più efficace delle terapie sostitutive a base di nicotina. Una recente review inglese dimostra che molto probamente il vaping è più efficace di tutti gli altri metodi disponibili per dire addio alla sigaretta.

Recentemente l’Australia ha varato delle nuove regole per l’accesso alla nicotina e al vaping. Pensa che queste regole avranno conseguenze sui fumatori australiani?

I tassi dei fumatori in Australia negli ultimi 5/6 anni sono scesi molto più lentamente rispetto a paesi dove il vaping e più diffuso, come l’Inghilterra.

Pensiamo che questo sia connesso alle difficoltà nell’accedere al prodotto.

Il primo di ottobre il governo ha varato norme molto severe riguardo al vaping, a cui si ha accesso solo grazie alla prescrizione medica.

Questo ha creato una situazione ridicola dove è più facile acquistare sigarette mortali che comprare i prodotti del vaping, più sicuri. E questo sicuramente avrà ripercussioni.

Io penso che sarà molto più difficile per i fumatori passare al vaping perché diventerà più difficile avere accesso alla nicotina, anche perché i dottori prevalentemente si oppongo a questi strumenti ed è diventato molto difficile avere le prescrizioni stesse.

E ritengo che potremmo avere alti tassi di ricadute proprio per queste difficoltà e noteremo un incremento del mercato nero della nicotina, che già esiste, così come un aumento delle persone che decideranno di produrre i propri mix da soli, con un conseguente aumento dei rischi connessi a tale pratica.

Ma il problema principale è uno: stiamo rendendo una alternativa più sicura, che noi sappiamo aiutare i fumatori, molto più difficile da ottenere rispetto al fumo che a oggi uccide 2 fumatori su 3. 

Riguardo al COP9, cosa pensa delle conclusioni a cui sono arrivati?

Penso che siano arrivati alle conclusioni che ci aspettavamo. Sfortunatamente l’atteggiamento verso il vaping e l’harm reduction non è molto scientifico.

L’OMS ha questa lunga storia di opposizione al vaping che è difficile da capire quando si guardano le prove che sostengono il contrario.

L’informazione media che forniscono si basa sull’esagerare i rischi e ignorare le prove del successo del vaping e della maniera in cui il vaping sta soppiantando il fumo in altri paesi. E questo è molto deludente.

Sono abbastanza ossessionati dall’industria del tabacco e vorrebbero vedere una società libera dalla nicotina, ma, ovviamente, questo va contro le teorie di riduzione del danno.

Un approccio che, purtroppo, ha molta influenza sui paesi a basso e medio reddito, soprattutto in quelli dove i tassi di fumo sono molto alti.

Che messaggio vuole mandare a un fumatore che vuole smettere e vorrebbe leggere “STOP SMOKING START VAPING”?

Io penso che i fumatori debbano sapere che non c’è alcun dubbio che la miglior scelta per loro sia smettere del tutto. 

Se non ci riescono, la seconda miglior opzione è passare il vaping. Svapare migliora significativamente la tua salute, sei esposto a molte meno tossine rispetto al fumo e avrai più soldi, migliori capacità respiratorie e migliori la qualità di vita delle persone intorno a te.

Nonostante quello che si legge, è importante sapere che il vaping è molto più sicuro del fumo e sono un convinto sostenitore di questa decisione, se è quella che le persone decidono di adottare.

Stress sul lavoro? Per i fumatori che vogliono smettere, i benefici derivano dalla gestualità data dall’uso di dispositivi a rischio zero

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Da quanto è emerso da un nuovo studio condotto su un campione di lavoratori ad alto livello di stress, combinare supporto psicologico, vareniclina e dispositivi a rischio zero (privi di nicotina) può ridurre la possibilità di ricadute e favorire l’addio alla sigaretta in ambiente lavorativo. 

Link allo studio

https://healthpsychologyresearch.openmedicalpublishing.org/article/24506-impact-of-a-soft-tip-nicotine-free-harmless-cigarette-as-part-of-a-smoking-cessation-program-with-psychological-support-and-varenicline-an-integrated 

Catania, 26 novembre 2021 – Negli ultimi 20 anni, l’azione in seno alle aziende a tutela delle risorse umane ha cercato di impostare attività di sostegno e prevenzione per contrastare la tendenza ad assumere cattive abitudini in condizioni di stress e difficoltà. Si deve però aspettare il primo decennio degli anni 2000, per i primi studi in merito alla correlazione tra abitudine tabagica e fattori di stress o di rischio in ufficio, con una ricerca che ha attestato quanto periodi di carico elevato siano determinanti nell’aumento o nella diminuzione nel numero di sigarette fumate quotidianamente.

Purtroppo, nonostante in questo ventennio i tassi di fumatori siano effettivamente diminuiti, o perlomeno assestati, la percentuale di fumatori che con successo riesce a mantenere l’astinenza rimane stabile. Solo una percentuale compresa tra il 30% e il 50% riesce a non ricadere nel vizio nonostante lo stress percepito in ambito lavorativo. 

Ma cosa succede nel lungo periodo? È possibile combinare un approccio basato su diverse linee di intervento che favorisca la cessazione anche in un luogo, come quello lavorativo, in cui abitudini e atteggiamenti si influenzano vicendevolmente?

Queste sono le domande che si sono posti i ricercatori del CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania. Le risposte sono nell’innovativo studio “Impact of a soft tip nicotine-free harmless cigarette as part of a smoking cessation program with psychological support and varenicline: an integrated workplace smoking cessation intervention”, che ha valutato il comportamento di due gruppi di lavoratori/fumatori di un’azienda a cui è stato fornito supporto psicologico, terapia farmacologica a base di vareniclina e possibilità di utilizzare dei dispositivi considerati a rischio zero, privi di nicotina, i cosiddetti QuitGo.

Lo studio ha rilevato per la prima volta che l’utilizzo di prodotti a rischio ridotto può significativamente ridurre la dipendenza da nicotina, soprattutto in presenza di aspetti comportamentali dannosi.

LO STUDIO

Per questo studio, sono stati selezionati 120 fumatori (considerando cioè un numero di sigarette giornaliere fumate maggiore di 10 al giorno) di un centro di produzione di medicinali, che hanno manifestato alti livelli di stress correlato al lavoro. I lavoratori sono stati divisi in due gruppi di osservazione ma solo ad un campione selezionato è stata data anche la possibilità di utilizzare le QuitGo. L’astinenza veniva verificata attraverso controlli periodici a 4 e 24 settimane: dai dati di studi precedenti, i ricercatori si aspettavano di avere circa un 50% di fumatori capaci di abbandonare il fumo già nelle prime 4 settimane. Già dopo il primo mese, il 20% di partecipanti nel gruppo QuitGo e il 26.6% dell’altro non si è presentato. Percentuali che salgono al 25% nel primo gruppo e al 30% nel secondo. Solo il 76.6% del campione che ha utilizzato le QuitGo e il 72.5% hanno completato le visite a 4 e 24 settimane.

I RISULTATI

I risultati dell’analisi del modello logistico hanno mostrato possibilità più alte di smettere alla 24 settimana nel gruppo che ha utilizzato le QuitGo rispetto a quello con alti livelli di dipendenza da fumo. L’80% di tutti i partecipanti ha dichiarato che avere apprezzato il dispositivo come strumento per combattere i sintomi dell’astinenza.

Questa ricerca, che è la prima nel suo genere, ha indagato l’impatto e l’aiuto fornito da dispositivi che mimano la ritualità connessa al fumo, soprattutto in ambienti con alte percentuali di stress so di rischio, come quelli lavorativi.

Il prof. Pasquale Caponnetto, docente di clinica delle dipendenze dell’Università di Catania e membro del CoEHAR, ha affermato che: Una percentuale di stress elevata è correlata a maggiori probabilità di tornare a fumare, indotte anche da scarse risorse personali, come l’incapacità di gestire frustrazione, stress o legate allo sviluppo di altre abilità sociali

La dr.ssa Marilena Maglia, prima autrice dello studio, ha spiegato come: l’importanza di associare l’impegno per la cessazione tabagica al supporto di uno strumento innovativo ma a rischio zero, porti la persona, incentivata o meno, a mantenere costante l’attenzione sull’obiettivo. Per tale ragione diventa fondamentale istruire i lavoratori che fumano alla fidelizzazione con il prodotto a rischio ridotto come strumento utile soprattutto per la lotta alla dipendenza comportamentale”. 

Negli studi presenti in letteratura è confermata la necessità di monitorare il consumo tra i fumatori sul posto di lavoro, poiché esiste un’associazione tra dipendenza da sigarette e fattori di stress legati al lavoro, con tassi di prevalenza elevati per i fumatori che si attestano in almeno il doppio di quelli delle altre tipologie di consumatori” – così il prof. Giuseppe Santisi docente di Psicologia del lavoro e Coordinatore del Corso di studi in Psicologia. 

Questo studio ha concluso il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR ci permette di comprendere quanto la soddisfazione che deriva dalla gestualità conti più che quella indotta dalla nicotina,  suggerendo per i futuri studi di valutare non solo molteplici ambienti lavorativi ma anche diverse figure professionali”.

Unghie gialle? Smetti di fumare

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white spots on toenails after removing nail polish

Le donne ma ultimamente sempre più, anche gli uomini, sono premurosi nella cura delle mani, in modo particolare all’attenzione alla bellezza delle unghie. Una manicure perfetta è indice di dettagli non solo estetici ma anche salutari, infatti delle mani con delle unghie curate, rappresentano  un ideale estetico ma non solo.

Dal punto di vista pratico, le unghie, danno alle dita una maggiore sensibilità e protezione. Tra le varie patologie che colpiscono questa parte del corpo, sia mani che piedi, ci soffermiamo sulla Xantonichia, un inestetismo che origina l’alterazione cromatica delle unghie, assumendo il colore giallo.

Le cause sono molteplici, ma primeggia il fumo, che provoca appunto un ingiallimento delle unghie, colpendo attraverso la nicotina la lamina ungueale, con strisce lineari singole e multiple o eritema giallastro.

Fumare indebolisce le unghie delle mani con sfaldamenti e disidratazione e un netto cambio di colore. Le cosiddette unghie gialle, infatti, sono tipici del fumatore con la caratteristica di fragilità e poco belle da vedere.

Ci sono dei rimedi della nonna per togliere quel colore giallastro, come ad esempio:

Il succo di limone che è in grado di sbiancarle in poco tempo, basta passarlo con  un batuffolo di cotone.

L’olio extravergine di oliva rinforza ed elimina le macchie gialle, soprattutto se usato in combinazione con il limone.

Il bicarbonato di sodio usato come scrub o impacco per le unghie, riesce a dare notevoli risultati, il tutto abbinato anche a l’acqua ossigenata. 7

Tanti trucchi e terapie insomma, ma la parola d’ordine principale rimane quella di spegnere la sigaretta una volta per tutte, per ritrovarsi più sani e belli, soprattutto esponendo delle mani e unghie perfette.