domenica, Gennaio 12, 2025
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VPZ lancia la prima “Vape Clinic”

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Arriva dal Regno Unito una delle ultime novità pensate appositamente per i fumatori: la “Vape Clinic”, ovvero una “clinica dello svapo” per aiutare chi vuole smettere di fumare a sottrarsi dalla dipendenza da fumo.

Il programma pilota dell’azienda Vape Clinic è stato lanciato lo scorso lunedì 5 luglio a Edimburgo, presso il flagship store dell’azienda a Newbridge. Grazie a la Vpz, l’azienda che opera nel settore delle sigarette elettroniche e che ha voluto per questo realizzare la prima clinica per supportare i fumatori della nazione a smettere per sempre e aiutare così il Paese a ritrovare il suo slancio per diventare una nazione senza tabacco entro il 2030.

“Siamo orgogliosi di lanciare la prima Vape Clinic qui a Edimburgo e presto lanceremo il servizio in tutta la nostra area di vendita al dettaglio per dare ai fumatori il supporto di cui hanno bisogno per smettere”, ha dichiarato Doug Mutter, direttore di VPZ, in una dichiarazione via e-mail.

Il direttore Doug Mutter ha inoltre aggiunto: “VPZ è lo specialista leader nel vaping del Regno Unito e stiamo guidando la lotta contro il killer numero uno della nazione: il fumo”. VPZ ha già aiutato oltre 700.000 fumatori nel Regno Unito a smettere di fumare dalla sua fondazione nel 2012.

Come funziona la Vape Clinic?

Il programma della clinica riflette l’impostazione anglossassone verso il settore del vaping.
Assolutamente certi di come l’esperienza della clinica sarà positiva, i creatori hanno pensato di mettere in pratica la formula del “soddisfatti o rimborsati”, ciò significa che se un paziente che entra all’interno della clinica non riuscisse a smettere con il metodo indicato dagli specialisti, si vedrebbe restituita la somma versata per il pagamento delle cure.

Il trattamento della dipendenza da tabacco dovrebbe diventare la norma in tutte le aree dell’assistenza sanitaria, con servizi di trattamento opt-out offerti e forniti in tutti i punti di contatto del SSN, il personale sanitario ha bisogno di un’istruzione mirata e prendere atto del fatto che combattere il fumo è un dovere fondamentale. L’intenzione è quella di creare una rete di cliniche su tutto il territorio del Regno Unito.

Sigaretta in pausa lavoro? Seguire il gruppo può essere l’inizio

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Stare in gruppo molto spesso si traduce nel condividere momenti e situazioni oppure adottare abitudini nuove, che alcune volte non sono così salutari.

Il prof. Venerando Rapisarda ci racconta la sua esperienza nel progetto che ha fatto smettere di fumare i dipendenti di Eurospin, una delle catene di supermercati più grandi d’Italia.

Pensa che io ho iniziato a fumare proprio in pausa: tutti i miei colleghi lo facevano e dopo un po’ è diventata un’abitudine, un modo per stare con gli altri senza tenere le mani in tasca”.

A parlare è Salvatore, un cameriere di un ristorante di pesce sul lungomare di San Leone, vicino ad Agrigento, con cui abbiamo parlato un po’ per caso, mentre si accendeva la una sigaretta alla fine del turno.

All’inizio si chiacchierava, dopo un po’ ho voluto anche io provare e, senza rendermene conto, sono diventato un fumatore, per stemperare la tensione di giornate di lavoro intense”.

La storia di Salvatore non è un caso isolato o particolarmente strano: il gruppo, che sia in un contesto lavorativo o di svago personale, agisce in maniera profonda sulle scelte che si intraprendono.

Mentre da un alto le aziende si fanno promotrici di percorsi di prevenzione e di consapevolezza sui danni del fumo, approvando limitazioni sugli spazi destinati a tale pratica all’interno dei luoghi di lavoro, dall’altro il fattore aggregativo può giocare in maniera determinante nella lotta al tabagismo.

E non solo: basti pensare ai ragazzi arrivati all’università che iniziano a fumare, perché tra una lezione e l’altra o prima egli esami chiedono una sigaretta ai propri compagni.

Le motivazioni? Simili in tutti i casi: alleviare ansia o stress, stare in gruppo, non essere esclusi.

Serve davvero la nicotina per ridurre la carica ansiogena di certe situazioni?

Il fattore “gruppo”, al pari di quello imitativo, è uno di quegli elementi che rende il fumo un’abitudine difficile da combattere: una volta che si innescano determinati comportamenti ritualistici, nonostante si inizi per noia, per sperimentare o con noncuranza, è difficile smettere.

E la dipendenza causata dalla nicotina rende il percorso ancora più ostico.

Il fumo contiene una forte componente aggregativa: le persone sono propense a provare a fumare se vivono in un ambiente dove tale pratica è diffusa, che sia al lavoro o in un’università” ci spiega il prof. Venerando Rapisarda.

E proprio per valutare gli effetti del fumo sul luogo di lavoro, che la LIAF, grazie alla collaborazione con il Centro Prevenzione e Cura del Tabagismo dell’Università di Catania coordinato dal prof. Pasquale Caponnetto, aveva avviato un progetto in collaborazione con Eurospin.

L’obiettivo era avviare una serie di interventi che promuovessero percorsi di sensibilizzazione e cessazione tra i dipendetti della catena, traslando nel positivo lo spirito di gruppo.

Un percorso primo nel suo genere in Italia, che ha permesso di entrare in contatto con persone che non avevano intenzione di smettere e rivolgersi ai centri antifumo.

Dando alle persone la possibilità di aprirsi, di raccontare i propri problemi o le proprie difficoltà e cercando di far capire i benefici che sono legati allo smettere di fumare, allora assisteremo a un cambiamento significativo” ci racconta il prof Rapisarda.

Se anche il mio collega non fuma, il percorso diventa condiviso. L’energia del gruppo viene usata per proporre un cambiamento in positivo, e il fattore aggregativo gioca un ruolo fondamentale”.

La motivazione dello stress o la necessità di rimanere nel gruppo non possono compensare la mole di rischi provocati dal fumo:  esistono comportamenti e azioni che possono aiutarci a contrastare ansia o periodi difficili e che non prevedano per forza l’assunzione di tossine e composti chimici dannosi.

E perchè non pensare che Salvatore avrebbe potuto, da non fumatore, essere un esempio positivo invece di assumere un’abitudine deleteria?

A Catania la campagna contro l’abbandono dei mozziconi nell’ambiente

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Presentato a Catania “Piccoli gesti, grandi crimini”, il progetto realizzato da Marevivo in collaborazione con British American Tobacco ( Bat) Italia e il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica e dell’Anci, Associazione dei Comuni Italiani, che mira a sensibilizzare cittadini e amministrazioni locali sul “littering”, cioè l’abbandono di mozziconi di sigaretta nell’ambiente e soprattutto raccogliere dati utili per capire e prevenire il fenomeno. 

Quella siciliana è la seconda città che, dopo il lancio nazionale avvenuto a Roma lo scorso maggio e la prima tappa di Fermo, ospiterà l’iniziativa anche a Bari. Ogni anno sono 4,5 i trilioni di mozziconi che finiscono nell’ambiente, solo in Italia 14 miliardi, confermando questo dato come rifiuto più diffuso.

Il filtro di sigaretta, infatti, è composto da acetato di cellulosa che impiega circa 10 anni a decomporsi è quasi il 65%dei fumatori non smaltisce correttamente i mozziconi delle sigarette, buttandoli per lo più in strada o in mare, dove pesci e altri animali muoiono scambiando questi rifiuti per cibo.

Oltre a locandine informative per le vie della città, sul manto stradale, saranno posizionate sagome di animali marini che riporteranno un QR code attraverso il quale si potrà interagire con un sistema di intelligenza artificiale. Il monitoraggio effettuato lo scorso anno, per l’iniziativa pilota a Sorrento, ha registrato una riduzione del 69% di mozziconi dispersi nell’ambiente e un 45% di altri piccoli rifiuti. Nonostante quello di buttare a terra una cicca di sigaretta, può apparire un gesto trascurabile è innocuo, come si evince, causa un gravissimo danno ambientale.

Da un report di Marevivo si è evidenziato i comportamenti errati dei fumatori con queste percentuali: mancanza di sensibilità verso l’ambiente (62%), nessuna consapevolezza sul danno arrecato (36,6%), assenza di cestini e portacenere sul territorio (26,5%), carenza di sanzioni per chi adotta questo errato comportamento (26%).

Anche la Liaf, Lega Italiana Antifumo, ritiene il fumo di sigaretta un grave danno per la salute delle persone e per l’ambiente per questo ha spesso sostenuto le campagne di prevenzione su questi temi e proprio a Catania, sede ufficiale della LIAF, sono già state attivate diverse campagne di promozione di stili di vita sani che si associano a quella di recente presentata da Marevivo. 

Nuova Zelanda: come i divieti indiscriminati hanno fatto esplodere il mercato nero delle sigarette

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I costi proibitivi delle sigarette convenzionali uniti ai bassi prezzi delle bionde nei paesi confinanti hanno reso la Nuova Zelanda un obiettivo primario per la criminalità organizzata, che adesso guarda al crescente mercato nero come un lucroso affare.

Da anni gli esperti di Riduzione del Danno da Tabacco avvertono sui potenziali rischi derivanti dell’adozione di divieti indiscriminati e di alte tassazioni senza una reale alternativa per i fumatori. Il caso della Nuova Zelanda, che ha la tassazione da tabacco più alta al mondo, potrebbe finalmente essere un esempio per tutti quei governi che continuano su questa strada.

La Nuova Zelanda ha fissato un obiettivo che prevede entro il 2025 di abbassare l’incidenza dei fumatori tra la popolazione al di sotto del 5% attraverso la protezione dei bambini dall’esposizione al marketing e alla promozione del tabacco, riducendo l’offerta e la domanda di sigarette, ricercando le migliori alternative possibili al fumo tradizionale.

Nell’Ottobre del 2017 il Ministero della Salute ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava come i prodotti da svapo abbiano il potenziale per dare un contributo effettivo all’obiettivo di Smoke-free 2025 e che potessero migliorare le significative disuguaglianze presenti all’interno del paese.

Per questo, il Ministero della Salute neozelandese ha condotto una consultazione pubblica di sei settimane (chiusa il 31 maggio 2021) per chiedere proposte e feedback da parte dei cittadini sul programma antifumo nazionale. Molte persone e organizzazioni hanno condiviso i loro pensieri sui prossimi passi per supportare al meglio gli obiettivi della campagna; smettere di fumare sigarette convenzionali o aiutarli a passare ad alternative meno dannose. 

Il governo neozelandese si trova ora davanti ad un grosso dilemma. Wellington deve infatti scegliere fin da subito se offrire delle alternative maggiormente sicure alla sigaretta convenzionale per i tabagisti nazionali o ritrovarsi il mercato interno inondato da sigarette di contrabbando con scarsi o nulli controlli di qualità alla fonte. Una situazione, quest’ultima, che di fatto azzererebbe qualsiasi sforzo per eradicare il fumo nel paese e gli obiettivi di Smokefree 2025. 

Con il governo pronto ad una ulteriore stretta nei confronti delle sigarette convenzionali c’è un serio rischio che il contrabbando possa solo aumentare. Potrebbe però non accadere se i fumatori fossero incoraggiati a passare a prodotti più sicuri a base di nicotina” ha affermato Nancy Loucas, condirettore di Aotearoa Vapers Community Advocacy (AVCA) citata dalla Coalition of Asia Pacific Tobacco Harm Reduction Advocates (CAPHRA).

Secondo fonti interne alla dogana nel Paese dei Kiwi ogni mese vengono sequestrate in media 125.000 bionde di contrabbando e 155 chili di tabacco sfuso. Un mercato redditizio, con ampi margini di guadagno e che ha già attirato l’attenzione di molti gruppi di criminalità organizzata locali ed internazionali.

Lo scorso Luglio, un cittadino malese è stato arrestato mentre cercava di contrabbandare più di due milioni di sigarette nel più grande sequestro di tabacco mai effettuato nel paese, con il carico che sarebbe fruttato almeno 3 milioni di dollari.

In primo luogo, dobbiamo allontanare quanti più cittadini dalla sigaretta convenzionale e dalla dipendenza dal fumo, altrimenti molti continueranno ad alimentare il mercato nero. Se poi riusciremo a far passare dalle sigarette convenzionali allo svapo quante più persone possibili non solo salveremo innumerevoli vite, ma infliggeremo un danno al crimine organizzato” ha aggiunto la Loucas.

Dal 1° agosto i liquidi per svapare costeranno di meno: emendamento confermato

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Mentre nel resto del mondo si assiste ad una forte opposizione agli e-liquid, l’Italia si conferma ancora una volta leader in Europa per politiche innovative nei confronti delle sigarette elettroniche.

Dal 1° Agosto entra in vigore l’emendamento che ridurrà l’imposta sui liquidi per lo svapo. La tassa scenderà dunque ai livelli del 2020, con un importo variabile dai 0,42 ai 0,84 centesimi.

La riduzione dell’imposta sugli e-liquid

L’emendamento presentato dalla Lega al decreto Sostegni, circa la riduzione delle tasse da imporre sui liquidi per lo svapo è dunque stato confermato. Fino alla fine del corrente anno, i livelli tornano quelli del 2020. A essere tassati sono i flaconi da 10 millilitri di ricarica per la sigaretta elettronica. Nello specifico, la tassa è di 0,42 centesimi per i flaconi di liquidi senza nicotina, e del doppio (0,84 centesimi) per quelli contenenti nicotina.

Le premesse all’emendamento della Lega

Alle motivazioni di ordine salutistico, comunque, se ne aggiungono anche alcune di ordine economico. Lo scenario della pandemia, infatti, non ha lasciato immuni neanche i negozi di e-cig, sebbene per loro non fosse stata prevista la chiusura. Eppure, questo settore è stato l’unico a venire colpito dall’aggravio fiscale con cui si è cercato di dare risposta all’emergenza covid-19: ne è conseguito l’aumento della tassazione sui liquidi da inalazione, cui l’emendamento al decreto Sostegni proposto dalla Lega ha risposto con una riduzione percentuale notevole dell’imposta.

Nello specifico, la riduzione percentuale proposta dalla Lega prevedeva di modificare l’imposta dal 15% e 10% sugli e-liquid rispettivamente con nicotina e senza nicotina, al 10% e 5%. È pur vero che l’emendamento – sebbene ormai confermato – potrebbe trovare un limite nell’incremento automatico della tassazione previsto dalla legge di bilancio per il 2021: ovviamente, si spera che anche gli aumenti previsti per il 2022 e Gennaio 2023 vengano abrogati del tutto.

Nonostante l’emendamento sia ormai stato confermato, è bene sottolineare come la vittoria della proposta della Lega non fosse poi così scontata. Il testo è stato infatti elaborato, proposto e firmato dai soli parlamentari leghisti, senza alcun accordo di coalizione che avrebbe potuto limitarlo o blindarlo. La votazione comunque è stata favorevole all’emendamento che, una volta confermato dalla Commissione di Bilancio della Camera dei deputati, ha permesso di modificare il decreto Sostegni appena al limite del tempo utile.

Le impressioni della Lega e di Confindustria

In attesa di questo risultato, Matteo Salvini (segretario della Lega) si è detto soddisfatto del buon risultato ottenuto, confermando l’obiettivo di tutelare le imprese, i posti di lavoro, i negozi di e-cig e, soprattutto, la salute degli italiani. Nelle sue parole, la Lega ha riconosciuto la prosperità del settore delle sigarette elettroniche e dello svapo, vedendo nella tassa gravante su questi prodotti un limite che avrebbe potuto frenarne la crescita.

La riduzione dell’imposta sui liquidi da inalazione ha colpito positivamente anche Gianluca Giorgetti, vicepresidente di Anafe-Confindustria. Egli si dice soddisfatto per il conseguimento di questo risultato, che reputa favorevole per tutto il settore dello svapo, in termini di giovani, negozi, famiglie e imprese. Anche Giorgetti sottolinea come la battaglia portata avanti dalla Lega di Matteo Salvini e del suo sottosegretario Durigon sia legata a due obiettivi: uno di ordine economico, in quanto a sostegno di migliaia di lavoratori, e uno di ordine salutistico, poiché il mondo della sigaretta elettronica allontana l’utente dai rischi della sigaretta tradizionale e del fumo combusto.

In breve, tutti i principali attori in campo vedono in questo emendamento una boccata d’ossigeno per il settore delle sigarette elettroniche. La situazione torna dunque a essere più favorevole alle imprese dello svapo, almeno a partire dal 1° Agosto e fino al 31 Dicembre di quest’anno.

È bello sapere che – oltre al Regno Unito – anche l’Italia sta facendo progressi sostanziali nella lotta al fumo promuovendo la riduzione del danno da tabacco. Per milioni di fumatori è una grande notizia. Non devono prosciugare il conto se desiderano sostituire le sigarette combustibili con alternative senza combustione molto meno dannose, ha sottolineato il Prof. Riccardo Polosa, lo scienziato più noto nel campo della riduzione del danno da tabacco in Italia.

Fonte: SigMagazine

Sigaretta, IQOS, sigaretta elettronica: cosa fa più male? Il video raggiunge 5 milioni di visualizzazioni

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Il video “Sigaretta, IQOS, sigaretta elettronica: cosa fa più male?”, realizzato con la collaborazione degli scienziati italiani più noti del settore e divulgato dalla Lega Italiana Anti Fumo, ha raggiunto in questi giorni 5 milioni di visualizzazioni.

Il video che ha come topic un nuovissimo studio, dà voce a sei esperti che rispondono a diverse domande, cercando ancora una volta di fare maggiore chiarezza sulla riduzione del danno da fumo.

Ai fumatori servono informazioni puntuali e veritiere sulle frontiere raggiunte dalla ricerca antifumo ma servono anche strumenti concreti per trovare le risposte che stanno cercando.

Il successo del video, che risulta tra i più visti degli ultimi anni, è dato anche dalle centinaia di testimonianze pubblicate e condivise in questi giorni tramite i canali social di LIAF Magazine. Sono tantissimi infatti i messaggi di sostegno e apprezzamento per il video ma anche di condivisione di esperienze di chi ha smesso di fumare, di chi ci sta provando e di chi, grazie all’utilizzo di strumenti a rischio ridotto, è riuscito a cambiare vita completamente.

Un bagaglio di esperienze che dovrebbe essere condiviso e analizzato dai tecnici del settore e da chi, ancora oggi, ha il ruolo fondamentale di decidere per il prossimo, di stabilire e pianificare strategie di politiche sanitarie che dovrebbero basarsi sui dati e sui numeri” – cosi il presidente della Lega Italiana Anti Fumo, Ezio Campagna. “Siamo a disposizione del Ministero per condividere e riportare la voce più autorevole tra tutti, quella degli ex fumatori“.

I commenti:

“Alcuni aromi mi fanno tossire altri no. Svapo da 8 anni e i miglioramenti rispetto alle sigarette (fumavo 13/15 al giorno) sono evidenti, non più fiato corto, percezione sapori e odori ottimo e soprattutto non più puzza di mozziconi in casa e sui vestiti, che era la cosa che più odiavo in assoluto”. (Mara Zilioli, Facebook)

“Avevo 10 anni e fumavo ho smesso a 37 grazie alla sigaretta elettronica mi ha aiutato tantissimo”. (Dino Fasano, Facebook)

Io ho smesso ormai da 8 anni. Felicissima, tutta un’altra vita!. (Roberta Allegrini, Facebook)

“Io mi trovo bene con la sigaretta elettronica che miracolosamente ho deciso di adottare come metodo per smettere di fumare, sentire il parere della Lega Antifumo mi soddisfa. Anche perché mai avrei pensato di smettere, ed anche quando ho iniziato a fumarla pensavo solo di diminuire, invece a luglio sarà un anno”. (Cinzia D’Armiento, Facebook)

“Ho fumato per 10 anni tre pacchetti al giorno e per un breve periodo 5 pacchetti al giorno. Adoravo fumare e pensavo di non poter smettere anche se mi creava parecchi disturbi ed un dispendio economico molto alto. Poi ho comperato un’elettronica, l’ho usata due mesi con la nicotina e altri 4 senza. Successivamente ho smesso anche quella e sono libero da tre anni!” (Patrik Arrigoni, Facebook)

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Addio alla sigaretta? In 20 minuti già i primi benefici per il corpo

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Vale davvero la pena di accendere questa sigaretta? Possibile che una così piccola decisione possa cambiare qualcosa? D’altronde, sono vent’anni che fumo, non penso di poter davvero fare la differenza”.

Molto spesso i fumatori, soprattutto i più incalliti, sono scettici nei confronti del cambiamento. Certo, abbandonare il vizio del fumo non è facile. Ma soprattutto si instaura un meccanismo, tipico di tutti i comportamenti ritualistici, per cui pensare di dire “oggi smetto” non sembra realistico.

Ma il nostro corpo reagisce a qualsiasi cambio di abitudine, anche se lieve. Ecco perché, molto spesso, chi decide di usare la sigaretta elettronica nei percorsi di smoking cessation osserva dei cambiamenti nel giro di breve tempo.

Ma cosa succede al nostro corpo quando smettiamo di fumare?

Smettere di fumare si traduce in un’immediata boccata di ossigeno per il nostro organismo: in una recente intervista, il sessuologo Emanuele Jannini ci ha raccontato di un piccolo test che esegue sui pazienti fumatori.

Se un fumatore si reca presso il suo studio per un doppler, gli viene richiesto di lasciar passare qualche ora dall’ultima sigaretta fumata: all’esame i livelli sanguigni sono accettabili. Al paziente viene poi richiesto di ripetere il medesimo esame subito dopo aver fumato una sigaretta. In questo caso, si nota una diminuzione drastica del flusso sanguigno.

Scegliere di non fumare si traduce quindi in immediati benefici: scopriamo quali.

Dopo 20 minuti 

Nello stesso tempo che impieghiamo a preparare un piatto di pasta, dalla cottura all’impiattamento, il nostro corpo già reagisce: le pulsazioni e la pressione sanguigna iniziano a ritornare nei valori di norma. Piedi e mani riacquistano gradualmente la propria temperatura.

8 ore

Dalla mattina alla sera, non fumare comporta un dimezzamento della quantità di nicotina e di anidride carbonica nell’organismo. Meno monossido di carbonio si traduce in più apporto di ossigeno a muscoli e cervello.

Il risvolto negativo è che iniziano a manifestarsi i primi sintomi dell’astinenza: il nostro corpo reagisce ribellandosi alla mancanza di nicotina. Ecco perché, a chi decide di smettere, si consiglia di abbinare ai metodi tradizionali o alle sigarette una terapia comportamentale.

12 ore

Complimenti! Stai già ottenendo un grosso successo: il cuore inizia a sforzasi di meno per pompare sangue ricco di ossigeno nel corpo.

24 ore

Un fumatore ha il doppio delle possibilità di essere colpito da un infarto rispetto a un non fumatore. Anche un giorno senza fumo diminuisce tale probabilità.

48 ore

Dopo due giorni, i cambiamenti si fanno via via più importanti. I nervi cominciano a rigenerasi e il senso dell’olfatto e  quello del gusto iniziano ad acuirsi nuovamente. I livelli di nicotina si sono quasi azzerati e i polmoni si avviano verso un processo di guarigione.

Purtroppo, dopo due giorni, i sintomi dell’astinenza sono i peggiori: si avverte stanchezza, irritabilità, fame o ansia. Possono sopraggiungere mal di testa improvvisi o stati depressivi. È normale ed è qui che la lotta si fa più dura. 

In questa fase, è importante avere un network di riferimento che possa contribuire all’adozione di comportamenti che contrastino la voglia di fumare, attraverso distrazioni o attività alternative.

2 settimane – 3 mesi

La qualità della vita progressivamente migliora. Aumenta la tollerabilità alla fatica e allo sforzo fisico. Diminuisce anche il rischio di diabete.

1 anno

I polmoni si ripuliscono dalle sostanze nocive prodotte dalla combustione. La qualità e la durata dei respiri è diversa rispetto a quando si è detto addio al fumo.

5 anni

Dopo cinque anni, il rischio di infarto è lo stesso di quello di un non fumatore, a parità di età, sesso e stile di vita. Si dimezzano le possibilità di incorrere in cancro alla gola, alla bocca e all’esofago.

15 anni

Pensare che solo dopo 15 anni il fisico rientra nei parametri di un non-fumatore fa capire quanto il percorso di abbandono del fumo sia lungo e difficile. In questo lasso di tempo, però, si sono apprezzati tutti i benefici connessi allo smettere di fumare e si capisce l’importanza di aver preso una simile decisione. 

BPCO: Migliore qualità della vita, l’intervista al Prof. Polosa

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riccardo polosa

Articolo originale di  Dr. Denis Vitel

In Inghilterra, nei programmi per smettere di fumare, è raccomandato da medici e operatori sanitari l’uso di prodotti a basso rischio: “Speriamo di poter presto assistere allo stesso cambiamento in tutto il mondo”, afferma il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.

Il professor Riccardo Polosa ha discusso i risultati del suo studio in un’intervista su Medical Tribune: I prodotti a tabacco riscaldato producono meno esacerbazioni e una migliore qualità della vita nei pazienti con BPCO rispetto alle sigarette convenzionali”.

Ci può presentare i risultati del recente studio, in cui pazienti con BPCO per tre anni hanno abbandonato completamente o in parte le sigarette convenzionali per passare a prodotti «heat-notburn»?

In base alla mia esperienza, molti pazienti con BPCO non possono o non vogliono smettere di fumare, sebbene sia noto che il fumo di sigaretta è un fattore di rischio primario della BPCO. In questo studio, il primo nel suo genere, sono stati monitorati indicatori di salute in pazienti con BPCO che dopo il passaggio a prodotti a tabacco riscaldato hanno smesso di fumare sigarette. Nel follow-up di tre anni si è constatato che l’uso di questi prodotti ha ridotto di più del 40 % il numero delle esacerbazioni acute di BPCO e si è accompagnato a un miglioramento della qualità della vita e delle capacità fi siche. Nei pazienti con BPCO che hanno continuato a fumare, invece, non è stato osservato alcun cambiamento.

Nella comunità medica e nelle organizzazioni di pazienti si percepisce l’interesse alla riduzione del rischio tramite le sigarette elettroniche nei pazienti con BPCO?

Di fronte al fatto che la maggior parte dei programmi di disassuefazione dal fumo non sembra funzionare in una larga maggioranza dei pazienti con BPCO e che molti continuano a fumare malgrado i loro sintomi, l’interesse verso approcci alternativi è alto e continuerà a esserlo. I pazienti affetti da BPCO devono convivere con una malattia molto gravosa e, se una disassuefazione dal fumo con l’aiuto di prodotti «heat-notburn» costituisce una possibilità per migliorare la loro salute, non vedo alcun motivo per non incentivare questo passaggio. In Inghilterra l’utilizzo di prodotti a basso rischio nei programmi di cessazione del fumo è raccomandato da medici e professionisti sanitari. La mia speranza è che questa filosofia venga presto abbracciata in tutto il mondo. Purtroppo circolano molte informazioni fuorvianti sul consumo di prodotti a tabacco riscaldato e di sigarette elettroniche, che spesso vengono equiparati alle sigarette a combustione. Ma l’uso di questi prodotti può migliorare la qualità della vita dei pazienti. In futuro sarà possibile inserire i prodotti a basso rischio in programmi terapeutici, soprattutto per alcune malattie specifiche: l’interesse delle organizzazioni di pazienti e pubbliche dimostra che stiamo andando in questa direzione. La pandemia ha aiutato molti fumatori a riflettere su uno stile di vita più sano e talvolta li ha spinti a passare ad alternative che presentano molti meno rischi rispetto alle sigarette.

In un altro studio ha applicato la stessa metodologia per descrivere gli effetti a lungo termine della sostituzione delle sigarette a combustione con sigarette elettroniche in una popolazione affetta da BPCO.

Sì, l’approccio metodico è lo stesso. Si tratta sempre della sostituzione di sigarette a combustione di tabacco con tecnologie di rilascio della nicotina che fanno a meno della combustione. I risultati positivi ottenuti in questi studi sono statisticamente significativi e clinicamente rilevanti. E soprattutto non sono una sorpresa. Le conclusioni coincidono con quello che abbiamo imparato negli ultimi 30-40 anni sulla composizione chimica del fumo di tabacco e sulla patogenesi della BPCO. Eravamo quasi sicuri che la sostituzione di sigarette convenzionali con fonti di nicotina non combustibili, ossia il vaping o i prodotti a tabacco riscaldato, avrebbe prodotto un miglioramento significativo.

Ci può dare un commento sui risultati dello studio appena pubblicato?

L’obiettivo dello studio era valutare ogni cambiamento soggettivo e obiettivo della BPCO. È ampiamente noto che evitare l’esposizione alle sostanze chimiche prodotte dalla combustione di sigarette rallenta la progressione della BPCO e migliora la salute dei pazienti. Quasi il 60 % dei pazienti con BPCO che hanno utilizzato prodotti a tabacco riscaldato ha rinunciato del tutto durante lo studio a fumare sigarette, mentre quelli che hanno continuato a fumare («dual user») hanno diminuito progressivamente il loro consumo giornaliero di sigarette. Abbiamo bisogno di più studi prospettici sugli effetti sulla salute a lungo termine dei prodotti a tabacco riscaldato, ma già ora abbiamo osservato una regressione delle esacerbazioni di BPCO, simile all’effetto della farmacoterapia standard. I prodotti a tabacco riscaldato diminuiscono la suscettibilità alle infezioni delle vie respiratorie. Lo studio, va detto, è relativamente piccolo con un follow-up limitato a tre anni. D’altro canto, è ora di smetterla con il mantra secondo cui gli studi con un campione di pochi pazienti sarebbero di poco valore e generalmente inutilizzabili. Nel caso particolare del nostro lavoro, i risultati si sono rivelati significativi e clinicamente rilevanti lungo l’intera durata dello studio malgrado il campione di piccole dimensioni, il che implica una probabilità molto bassa che i risultati siano frutto del caso. È troppo facile sostenere che il nostro studio abbia una potenza insufficiente per trarre qualsiasi conclusione: quello che abbiamo dimostrato era praticamente certo già prima di avviare lo studio.

Ha posto un forte accento sulla qualità della vita. In uno studio è possibile rilevare un miglioramento significativo di questo parametro?

Molti dei miglioramenti riportati dai pazienti con BPCO in questo studio sono per definizione soggettivi. Tuttavia, se combiniamo questi risultati riferiti dai pazienti con i dati di valutazioni obiettive, emerge un quadro molto rappresentativo che possiamo usare come argomentazione con i pazienti.

In un altro studio ha osservato per cinque anni il consumo di sigarette elettroniche da parte di pazienti con BPCO. C’è qualcosa che contraddistingue la sottopopolazione dei «dual user»?

I «dual user» sono persone che combinano il consumo di prodotti a basso rischio con le sigarette convenzionali. In questi studi, i «dual user» hanno ridotto considerevolmente il numero di sigarette al giorno e mostrato miglioramenti sia soggettivi sia obiettivi dei parametri respiratori, paragonabili a quelli osservati nelle persone che hanno smesso completamente di fumare.

La ricerca sulla sostituzione di sigarette a combustione con dispositivi alternativi di erogazione della nicotina è un campo considerato «ambizioso», che genera molte controversie.

In questo campo di ricerca abbiamo fatto un’opera pionieristica ed è vero che lo stato delle conoscenze sulla reversibilità del danno a livello individuale è ancora nello stadio embrionale. Ma io non vedo controversie. Non esiste alcuno studio che contesti i vantaggi per la salute di una sostituzione di fonti di nicotina a combustione con fonti non combustibili. L’interesse alla riduzione del danno causato dal tabacco sta crescendo e con esso migliora anche la qualità della ricerca. Presso il CoEHAR (Center of Excellence for the acceleration of Harm Reduction) coordiniamo una serie di programmi di ricerca innovativi che mirano a elucidare approfonditamente i vantaggi e i rischi dei sistemi alternativi di erogazione di nicotina.

Cosa serve per una certezza più solida: studi più lunghi con popolazioni più numerose? Maggiori conoscenze sugli effetti molecolari e cellulari della sostituzione, come la risposta infiammatoria, i danni al DNA, lo stress ossidativo, eccetera?

Sono necessari studi prospettici multicentrici di lunga durata per confermare e precisare il ruolo delle tecnologie di rilascio di nicotina senza combustione per la disassuefazione dal fumo, la prevenzione delle recidive e/o la reversibilità del danno nei fumatori affetti da BPCO che decidono di passare a questi prodotti. Gli effetti negativi delle sostanze chimiche contenute nel fumo di tabacco sui sistemi cellulari sono noti da decenni ed è pertanto prevedibile che la sostituzione delle sigarette con fonti di nicotina non combustibili (vaping e prodotti a tabacco riscaldato) produca un miglioramento significativo. Nel contempo bisogna cautelarsi dalle informazioni errate che possono scaturire da studi sperimentali mal concepiti. Gli studi preclinici esistenti (sistemi in vitro e su modelli animali) possono rivelarsi inconcludenti o persino fuorvianti a causa di un pessimo disegno sperimentale che non imita le normali condizioni di consumo, nonché per la mancanza di standard metodologici robusti.

Leggi anche: Pazienti con BPCO possono migliorare la patologia passando a strumenti a rischio ridotto

Sigarette elettroniche:Hong Kong tra divieti e occasioni mancate

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A man smokes in front of a "no smoking" sign outside a shopping mall in Shanghai January 10, 2014. Now, rising public awareness about the hazards of smoking, coupled with China's hardening stance on smoking in public, is opening up an opportunity for e-cigarettes to make inroads into the world's biggest tobacco market. Picture taken January 10, 2014. REUTERS/Aly Song (CHINA - Tags: POLITICS BUSINESS) - GM1EA1F1T4J01

Hong Kong, è un territorio autonomo nel Sud-est della Cina con una popolazione di circa 7 milioni di abitanti ed un passato da colonia britannica. Il suo ruolo geopolitico, insieme alla fragile ricerca di equilibrio tra la pesante influenza di Pechino e le tentazioni occidentali, ne fanno un esempio paradigmatico delle attuali politiche di Riduzione del Danno nel continente.

Mentre la contrapposizione tra sostenitori delle sigarette elettroniche e i suoi detrattori catalizza l’informazione negli Stati Uniti ed in Europa, dove si combatte una “battaglia” informativa sui vantaggi e gli svantaggi dei prodotti alternativi alle sigarette internazionali, in Asia la Riduzione del Danno da Tabacco rimane bloccata su posizioni oltranziste di opposizione “tout court” a tali prodotti.

Eppure il terreno di scontro, lì dove è fondamentale ampliare tutte quelle politiche tese a ridurre il numero di fumatori, rimane proprio il continente asiatico. Più della metà dei fumatori globali e il 60% delle morti causate dal fumo di sigaretta sono infatti concentrati in Asia.

 Il continente ospita una vasta gamma di politiche sulla nicotina, che vanno da approcci innovativi a cui il mondo dovrebbe prestare attenzione a severi divieti, talvolta anche immotivati.

E’ questo il caso di Hong Kong, territorio autonomo nel Sudest della Cina con una popolazione di circa 7 milioni di abitanti ed un passato da colonia britannica. Il suo ruolo geopolitico, insieme alla fragile ricerca di equilibrio tra la pesante influenza di Pechino e le tentazioni occidentali, ne fanno un esempio paradigmatico delle attuali politiche di Riduzione del Danno nel continente.

Nel 2019, il governo di Hong Kong annunciava l’intenzione di applicare un divieto generale su tutte le sigarette elettroniche ed i prodotti smokeless all’interno del Paese, secondo il quale chiunque importasse e vendesse Ecig, rischiava sei mesi di carcere o una multa di 50.000 HK$ (6.370 dollari).

La proposta da legge, da subito criticata dalle associazioni a protezione dei consumatori come draconiana e priva di benefici per i fumatori, da allora si è arenata a causa di tensioni interne e la pandemia da Covid-19. 

Nel frattempo, secondo una ricerca condotta da Youth Quitline, centro telefonico di aiuto per la cessazione del fumo all’interno dell’Università di Hong Kong, almeno l’86% dei fumatori nel Paese al di sotto dei 25 anni ha utilizzato almeno una volta sigarette elettroniche o dispositivi a tabacco riscaldato.

Come conseguenza principale, la discussione pubblica ad Hong Kong si è nuovamente spostata sui rischi delle ecig come porta d’accesso ai giovani verso il fumo, nonostante non vi siano evidenze scientifiche a confermarlo e numerose associazioni a difesa dei consumatori si oppongano alla criminalizzazione di tali dispositivi.

Secondo i detrattori, il ritardo nell’applicazione del divieto non ha fatto altro che agevolare l’accettazione delle sigarette elettroniche tra i giovanissimi. Secondo i sostenitori invece, ha dimostrato come i divieti immotivati siano inutili nella lotta contro il fumo e non dissuadono i consumatori a ricercare alternative meno dannose rispetto alla sigaretta convenzionale.

Nel mezzo di questa contrapposizione, lo scorso 2 Giugno il Consiglio Legislativo di Hong Kong ha abbandonato definitivamente il disegno di legge per vietare i prodotti da svapo nel paese, sancendo una vittoria per i sostenitori della Riduzione da danno da fumo.

Una decisione che si spera finalmente possa portare un cambio di rotta nella regione se il tasso di fumatori nel Paese, già estremamente basso con circa il 10% della popolazione totale, dovesse ulteriormente abbassarsi grazie alla disponibilità di prodotti da svapo e senza combustione.

Una vittoria che, inoltre, potrebbe avere una influenza positiva per tutti quei paesi asiatici che continuano a sostenere un immotivato divieto per tutti quei prodotti da Riduzione del Danno da Fumo.

Pandemia, distanza sociale, sexting: dipendenza o comportamento adattivo?

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Uno studio qualitativo del CoEHAR e dell’Università degli Studi di Catania evidenzia come gli italiani percepiscano il sexting come una dipendenza.

Catania: Nei primi mesi del 2020 lo scoppio della pandemia e le successive restrizioni tese a limitare la propagazione del virus Covid-19 hanno limitato fortemente non solo le libertà di movimento degli italiani ma anche molte attività sociali, ludiche, personali. Tra le tante sfere della socialità umana quella che però ha più risentito delle limitazioni imposte dall’auto-isolamento è stata quella inerente la sessualità ed il sesso.

Uno studio recente condotto dal Prof. Pasquale Caponnetto docente di Clinica delle Dipendenze presso il Dipartimento di Scienze della Formazione (Disfor) e ricercatore del Centro di Eccellenza per la Riduzione del rischio (CoEHAR), pubblicato all’interno della rivista internazionale Journal of Addictive Diseases, ha esplorato le abitudini sessuali degli italiani ed in particolare il loro approccio al sexting, ovvero l’atto di inviare/ricevere messaggi, foto o video sessualmente espliciti tramite smartphone e PC.

Una pratica sicura che consente un certo livello di intimità eliminando qualsiasi possibilità di contagio ma che potrebbe portare con se conseguenze a livello psicofisico tra cui una dipendenza. La ricerca, coadiuvata dalla dr.ssa Marilena Maglia e dalla dr.ssa Flavia Gervasi, mira quindi a stabilire se questo fenomeno sia percepito come una potenziale dipendenza o semplicemente un comportamento di adattamento sociale, considerate le politiche di distanziamento sociale e coprifuoco dettate dalla pandemia.

Una ricerca qualitativa che, attraverso interviste condotte su un campione di 37 soggetti di età compresa tra i 19 ed i 39 anni, ha evidenziato come la percezione sia quella di una vera e propria dipendenza piuttosto che una conseguenza della situazione causata dal Covid-19.

Le domande a cui la ricerca ha cercato di trovare risposta sono in relazione all’attuale condizione sociale dei partecipanti ed, in particolare: sul come viene percepito il sexting; se tale fenomeno sia da considerare come un tentativo di provvedere al benessere sessuale dell’individuo nel rispetto delle norme anti-Covid-19 o se il sexting possa diventare una dipendenza.

Attraverso una tecnica di campionamento probabilistico, sono stati reclutati con i social media trentasette soggetti divisi omogeneamente tra uomini e donne (50/50). Le modalità di somministrazione delle domande sono state quelle dell’intervista classica, utilizzando un colloquio semi-strutturato per accedere alla prospettiva personale dell’intervistato. Tra le altre caratteristiche del campione in esame, il 73% ha ammesso di aver utilizzato la pratica del sexting, con la stragrande maggioranza dei partecipanti (97.30%) che ha affermato di non essere sposato.

L’analisi tematica del campione ha evidenziato la presenza di quattro categorie e temi correlati tra cui: la percezione pre e post lockdown; la dipendenza dal sexting durante la pandemia; i pro e i contro della pratica del sexting; il sexting come adattamento alle restrizioni o potenziale dipendenza.

Secondo il prof. Pasquale Caponnetto: “I risultati della ricerca hanno confermato le ipotesi di studio, ovvero che la percezione riguardo al sexting sia cambiato a causa della situazione di emergenza sanitaria creata dal Covid-19. Le evidenze sottolineano infatti come alcuni partecipanti abbiano praticato sexting per la prima volta durante il lockdown, mentre la maggioranza del campione ha affermato di aver percepito un aumento nel bisogno di tale pratica”.

Tra gli aspetti positivi emersi, il sexting viene considerato dagli intervistati come una buona strategia di “sollievo” e come aiuto nella riduzione della distanza percepita rispetto agli altri. Tra gli aspetti negativi, la maggior parte del campione in esame (85%) considera il fenomeno più come una potenziale dipendenza che come un comportamento adattivo rispetto alla situazione creata dalla pandemia.

LINK allo studio: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34196603/