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Al CoEHAR il primo training internazionale del progetto “Diasmoke”, lo studio che fa smettere di fumare i pazienti diabetici

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Lunedì 22 Marzo dalle ore 9,30 alle 17,00 sulla piattaforma zoom, il CoEHAR (Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania) ospita i partner internazionali del progetto dedicato ai pazienti fumatori affetti da diabete. A coordinare il fondatore del CoEHAR, prof. Riccardo Polosa e con lui anche il prof. Agostino Consoli e il prof. Paolo Di Bartolo, rispettivamente presidente della Società italiana di diabetologia e presidente dell’Associazione Italiana Diabetologi. 

“Diasmoke” (Assessing the impact of combustion free-nicotine delivery technologies in Diabetic Smokers) è uno studio randomizzato controllato internazionale progettato per determinare se i fumatori di sigarette convenzionali che passano a sistemi a rischio ridotto hanno un miglioramento misurabile dei parametri di rischio cardiovascolare, come conseguenza della mancata esposizione alle sostanze tossiche del fumo di sigaretta. Lo studio coinvolgerà circa 600 pazienti in diversi paesi del mondo che saranno invitati a smettere di fumare grazie al supporto di specialisti del settore e ad un innovativo sistema di monitoraggio tramite app personalizzata utilizzata da medici e pazienti. Diasmoke app sarà in grado di monitorare e valutare tempestivamente i risultati dello studio per un risultato preciso e tempestivo. 

Il kick off meeting è dedicato alla presentazione ufficiale di tutte le attività previste dall’innovativo progetto e che coinvolge numerosi partner internazionali. Oltre infatti ai team di ricerca dell’Università di Catania, saranno presenti i delegati di: Ashford and St Peter’s Hospital NHS di Londra (UK), Polish Academy of Sciences di Varsavia (Polonia), IMSP Republican Clinical Hospital di Chisinau (Moldavia), Metanoic Health di Londra (UK).

Il CoEHAR in questi mesi ha avviato accordi di collaborazione con le più prestigiose università del mondo con la mission, voluta dallo stesso fondatore, di promuovere un nuovo percorso della scienza aperta, i cui risultati siano condivisibili con il maggior numero di persone possibili.   

Alla prima sessione del meeting parteciperanno, la prof.ssa Vania Patanè – Vice Rettore dell’Università degli Studi di Catania; il prof. Salvatore Baglio, Delegato del Rettore per la Ricerca; il prof. Giovanni Li Volti – Direttore del CoEHAR; il prof. Francesco Purrello, Direttore del Dipartimento Medclin; il prof. Agostino Consoli, Presidente della Fondazione Italiana Diabete e Ricerca ed il Presidente della Società Italiana di Diabetologia ed il prof. Paolo Di Bartolo, presidente dell’Associazione Italiana Diabetologi. 

Parteciperanno inoltre tutti i referenti del progetto e i responsabili delle organizzazioni internazionali coinvolte. 

Scarica il programma del meeting

UE e sigarette elettroniche: nessuna evidenza scientifica a supporto delle conclusioni dello SCHEER

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Lo scontro tra i sostenitori dello svapo e l’Unione Europea entra in una nuova fase con l’approssimarsi della scadenza del 20 Maggio 2021.

Entro tale data, la Commissione dovrà completare la revisione dell’articolo 28 della Direttiva sui Prodotti del Tabacco e sottoporla al Parlamento Europeo per la ratifica finale, in quello che si preavvisa come un “game-change” per il settore.

Si tratta di un passaggio fondamentale per la futura regolamentazione delle sigarette elettroniche e, indirettamente, per lo sviluppo di politiche di Riduzione di Danno da fumo in Europa.

Tale Direttiva, entrata in vigore il 19 maggio 2014, ha stabilito per la prima volta norme comuni in materia di prodotti del tabacco a livello dell’Unione. Tra le regole più importanti, il divieto degli elementi promozionali e fuorvianti sui prodotti del tabacco, le sigarette elettroniche e i prodotti da fumo all’interno dei paesi dell’Unione Europea.

Nel Febbraio 2019, per adeguare la Direttiva ai più recenti studi scientifici sugli effetti dello svapo sulla salute, e valutare l’efficacia della sigaretta elettronica come alternativa alla sigaretta convenzionale, la Commissione ha incaricato il Comitato Scientifico per la Salute, l’Ambiente, e i Rischi emergenti (SCHEER) di stilare una relazione come “parere scientifico sulle sigarette elettroniche.

Il 23 Settembre 2020 è stato quindi pubblicato un rapporto preliminare in cui si affermava come le sigarette elettroniche siano solo parzialmente efficaci come mezzo alternativo e meno dannoso rispetto alla sigaretta convenzionale. Il testo indicava inoltre le “e-cigarettes” come strumento che induce i giovani ad aprire la porta del tabagismo.

La Commissione Europea non può chiudere gli occhi di fronte a uno strumento che in molti
Paesi ha già dimostrato grande successo ed è stato inserito nelle linee guida nazionali di lotta
al tabagismo
” ha commentato Umberto Roccatti, Presidente di ANAFE Confindustria.

Chi ha iniziato ad utilizzare la sigaretta elettronica in un mercato altamente regolamentato come quello italiano ed europeo, lo ha fatto prima di tutto perché ha deciso di smettere di fumare o perlomeno di ridurre l’uso del tabacco tradizionale” ha poi aggiunto.

Anche numerosi esperti di Harm Reduction (sostenitori delle elettroniche come strumento che aiuta a smettere di fumare chi non riesce a farlo da solo) hanno da subito fortemente criticato lo studio dell’UE, accusando la Commissione di “cecità” nei confronti delle numerose evidenze scientifiche già pubblicate su questo tema.

In particolare, un paper firmato da Riccardo Polosa (autore più produttivo al mondo nel campo della ricerca sulle Ecig e fondatore CoEHAR dell’Università degli Studi di Catania) insieme a Giovanni Li Volti (direttore CoEHAR) e Renèe O’Leary (project leader di In Silico Science) nella prestigiosa rivista Harm Reduction Journal ha pubblicamente denunciato l’incompletezza nelle informazioni fornite dallo Scheer.

Secondo i ricercatori, le conclusioni della Commissione non avrebbero preso in considerazione i benefici per la salute individuale dell’utilizzo delle sigarette elettroniche rispetto a quelle tradizionali. Inoltre – secondo gli autori – le valutazioni sul rischio cardiovascolare e quello di iniziazione dei giovani al fumo sarebbero state “esaminate in maniera superficiale e senza adeguate prove scientifiche“.

La nostra critica verso le conclusioni preliminari prodotte dallo SCHEER a proposito delle sigarette elettroniche si concentra sulla sua sorprendente omissione di qualsiasi valutazione della riduzione del danno da fumo” ha affermato il Prof. Polosa.

“Come scienziati, ci aspettiamo che il rapporto finale sia più solido e accurato. Questo è fondamentale perché il documento avrà una grande influenza sulla revisione della direttiva UE sui prodotti del tabacco e sulla futura regolamentazione delle sigarette elettroniche. Qualsiasi iniziativa contraria alla tutela della salute pubblica europea sarà contrastata sulla base dei dati scientifici che dimostrano risultati epocali nella lotta al tabagismo” – ha concluso.


La paura di rimanere sconnessi: affette più le donne che gli uomini

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Link: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33655815/

Gli italiani sono a rischio di sviluppare dipendenze patologiche da cellulare. La dipendenza da smarthphone è più diffusa tra le donne e i soggetti più giovani

Catania, 9 marzo 2021 – Il periodo di lockdown ha modificato intrinsecamente il nostro modo di relazionarci e di vivere. La tecnologia ha rivestito un ruolo fondamentale per il mantenimento delle attività lavorative e dei rapporti sociali, arginando al contempo la diffusione del virus. Ma se da un lato l’uso dei dispositivi elettronici è diventato imprescindibile, dall’altro la necessità di rimanere connessi il più possibile per vivere ha creato i presupposti per generare una vera e propria dipendenza da cellulare.

È per questo che un uovo studio, condotto dai ricercatori del CoEHAR dell’Università degli Studi di Catania, in collaborazione con i ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, dal titolo: Smartphone addiction across the lifetime during Italian lockdown for COVID-19 ha voluto studiare il legame tra età e sesso e utilizzo dello smartphone, per valutare possibili correlazioni tra dipendenza e disturbi mentali.

Il risultato, sebbene tarato su un campione ristretto, ha evidenziato come una vera e propria dipendenza sia diffusa soprattutto tra i più giovani e tra i partecipanti di sesso femminile. 

LA NOMOFOBIA

La nomofobia è un termine relativamente nuovo, che deriva dal greco -ϕοβία e dall’inglese no-mobile e indica la paura di rimanere disconnessi, di non poter comunicare e di non avere accesso costante alle informazioni. Una pura che genera una vera e propria dipendenza che sfocia nel desiderio compulsivo di avere sempre con sé il cellulare.

Le vere e proprie manifestazioni sintomatiche di questa dipendenza sono: sudore, tremore, battiti cardiaci accelerati e difficoltà di respirazione.

Dipendenza allarmante per i più giovani, tra cui l’abuso del cellulare e dei dispositivi elettronici genera ansia, depressione, senso di fallimento e disordini del sonno. 

LO STUDIO

Il questionario del CoEHAR è stato sottoposto a 1264 partecipanti di età compresa tra i 15 e i 67 anni durante il mese di marzo 2020. Il 59,5% di questi era composto da donne. Il questionario è stato fatto circolare in tre città italiane, rappresentative del sud, del centro e del nord Italia: Catania, Siena e Ferrara.

Dallo studio è emerso che l’utilizzo erroneo dello smartphone e il relativo abuso sono più frequenti tra i giovani, specialmente se donne. Circa dopo i 40 anni, la curva di dipendenza si sposta maggiormente vero i partecipanti di sesso maschile.

Ad oggi non esistono molti studi con cui comparare i risultati del questionario. Sappiamo però, grazie ad alcune ricerche internazionali, che esistono differenze nell’uso dei cellulare tra uomini e donne: infatti, i soggetti maschili, sopratutto in giovane età, utilizzano lo smartphone per rilassarsi e svagare (ascoltare musica, giocare, ecc), mentre le femmine lo sfruttano per comunicare e rimanere connessi ai proprio account social.

Durante il lockdown, il bombardamento di stimoli a cui gli italiani sono stati sottoposti ha generato comportamenti identificabili come vere e proprie dipendenze. 

Secondo quanto emerso dal questionario, infatti, circostanze che impediscono le interazioni sociali convenzionali aumentano il rischio di incorrere in comportamenti patologici e dipendenze da dispositivi elettronici. Dati allarmanti che possono servire per studiare schemi e connessioni tra dipendenze e disturbi mentali. 

Secondo quanto sostenuto da Pasquale Caponnetto, docente di psicologia clinica presso il Dipartimento di Scienze delle Formazione dell’Università di Catania e coordinatore del Centro Antifumo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania:

Lo smarthphone ci ha uniti in un momento delicato e ci ha ingaggiato (per usare un termine d’uso frequente) generando in sua assenza delle sintomatologie simil abbandoniche a cui la psicologia dovrà rispondere con soluzione terapeutiche più che innovative“. 

Autori dello studio: Pasquale Caponnetto, Lucio Inguscio, Sara Valeri, Marilena Maglia, Riccardo Polosa, Carlo Lai, Giuliana Mazzoni. 

Link: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33655815/  

Le ripercussioni del fumo sul sistema scheletrico

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Le ripercussioni del fumo come le patologie cardiovascolari, respiratorie e oncologiche non sono le uniche: il fumo danneggia anche le ossa e causa ripercussioni sul sistema scheletrico. A confermarlo è una ricerca dell’Istituto Ixè, condotta per la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (Siot). Secondo la ricerca, infatti, l’89% degli specialisti ortopedici sostiene che il fumo di sigaretta provochi gravi danni anche al sistema muscolo-scheletrico.

La popolazione italiana è ancora poco informata sui rischi del fumo sulle ossa. Secondo la ricerca Ixè, condotta contemporaneamente su un campione di oltre 800 cittadini fumatori e non fumatori, su circa 350 medici ortopedici e su un campione di circa 100 pazienti ortopedici, solo il 61% degli italiani conosce gli effetti negativi delle bionde a livello scheletrico. Questi dati, poco incoraggianti, forse trovano una spiegazione nel fatto che solo il 33% degli specialisti presenta ai propri pazienti i danni correlati al fumo.

Francesco Falez, past president Siot, ha così commentato:

“Quando si parla di fumo, quello della salute delle ossa è un tema spesso troppo sottovalutato e ignorato dall’opinione pubblica. Ecco perché abbiamo voluto promuovere un’azione di sensibilizzazione per migliorare la consapevolezza tra i pazienti e individuare strategie diverse, mirate a ridurre gli effetti negativi del fumo sulla salute del sistema muscolo scheletrico”.

Fumo: ma quali sono i danni che provoca alle ossa?

Tra i danni più comuni c’è quello del fumo che agisce sulla capacità delle cellule ossee, gli osteoblasti, di poter riprodursi in maniera adeguata. Questo influisce negativamente sulla densità e sulla qualità dell’osso e si traduce con un’aumentata percentuale di osteoporosi, sia negli uomini sia nelle donne.

Il fumo che causa una ridotta capacità cellulare, porta a un aumento di casi di pseudoartrosi, cioè fratture che non si consolidano se non previo atto chirurgico, e rallenta i processi di guarigione delle ferite chirurgiche per gli effetti antiangiogenetici della nicotina.

Secondo la Siot, che ha stilato un decalogo, ecco le possibili strategie di contenimento dei danni fumo correlati:

  • Impostare azioni di sensibilizzazione e informazione utili a ridurre i rischi del fumo sul sistema muscolo-scheletrico
  • Analizzare l’abitudine al fumo del paziente e nel caso in cui non riuscisse a smettere, suggerire il supporto di come un centro antifumo che può informare e fornire strumenti alternativi e a rischio ridotto (come prodotti a tabacco riscaldato o le e-cig)
  • Il ruolo degli ortopedici dovrebbe essere anche quello di informare i pazienti dei rischi e di invitarli subito a smettere, soprattutto in vista di un intervento chirurgico
  • Nella chirurgia protesica lo specialista dovrebbe consigliare al paziente di smettere di fumare entro 6 settimane dall’intervento per ridurre le complicanze e migliorare i tempi di recupero
  • In chirurgia traumatologica, il paziente dovrebbe smettere di fumare almeno 24 ore prima per una migliore ossigenazione del sangue e non riprendere almeno per 6 settimane per evitare le complicanze.

La campagna Siot lancia un messaggio di sensibilizzazione proprio perché si potrebbe fare di più per sensibilizzare maggiormente sia la categoria di specialisti sia i pazienti. Smettere di fumare, ridurre l’abitudine o trovare delle strategie alternative al consumo quotidiano di tabacco e sigarette è fondamentale per salvaguardare la salute di muscoli e ossa e, più in generale, del sistema muscolo-scheletrico.

Donne che fumano più degli uomini. Perché smettere?

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Il fumo, in passato, era meno diffuso tra le donne ed era in voga soprattutto negli ambienti maschili.

Oggi, in Italia, il fumo è un’abitudine di sesso più femminile che maschile. Diversi, infatti, gli studi che lo confermano.

Le donne iniziano a fumare per svariati motivi, ma spesso lo fanno solo per sembrare più sicure di sé e più adulte. A volte iniziano per seguire una moda, magari per sentirsi appartenenti a un certo gruppo (si pensi alle adolescenti che iniziano a fumare a scuola). Spesso il fumo è utilizzato anche come strumento di controllo del peso e molte ragazze temono di aumentare di peso se smettono di fumare. Un notevole influsso è esercitato anche da fattori come l’abitudine al fumo dei genitori o il bisogno di opporsi a un loro divieto, dagli ideali di bellezza e dai trend comunicati dai media. Il fumo finisce così per diventare una parte costitutiva dell’identità.

Secondo delle ricerche, gli uomini sembrano allontanarsi dalle sigarette, mentre il dato femminile torna a salire. Diminuiscono i fumatori totali, diminuiscono costantemente gli uomini con la sigaretta, invece le donne no. Ricordiamo dai racconti delle nostre nonne o dai film, i tempi in cui era disdicevole che una donna fumasse. Negli ultimi anni, invece, il tabagismo femminile si sta diffondendo sempre di più.

Il fumo fa più male nell’uomo o nella donna?

Fumare fa male a tutti, ma le donne che fumano hanno diversi motivi in più per smettere e per fare particolare attenzione.

Quali sono i rischi per la salute femminile?

Il carcinoma polmonare, una delle principali patologie fumo-correlate, è in calo tra gli uomini ma in aumento tra le donne, per le quali questa patologia ha superato il tumore allo stomaco, divenendo la terza causa di morte per neoplasia, dopo il tumore al seno e al colon-retto.

Le fumatrici soffrono anche di disturbi del ciclo mestruale e rischiano una menopausa anticipata. Nelle fumatrici non vaccinate contro l’HPV (papillomavirus umano), il fumo è un co-fattore dell’evoluzione di un infezione verso una lesione pre-cancerosa, contribuendo ad aumentare il rischio di sviluppare un tumore della cervice uterina.

Chi fuma ha più difficoltà di avere una gravidanza, il fumo incide fortemente nella fertilità e, in gravidanza, può danneggiare la salute del feto.

Il fumo è un fattore di rischio anche per lo sviluppo dell’osteoporosi, una malattia caratterizzata dalla riduzione della massa ossea e dalla distruzione del tessuto che compone le ossa.

Fumare può creare danni enormi alla pelle e cambiare per sempre il tuo sorriso.

Oggi, con l’aiuto degli specialisti della smoking cessation, è possibile intraprendere percorsi efficaci per smettere definitivamente. Cercare soluzioni alternative è possibile grazie ai prodotti meno dannosi e senza combustione. Smettere di fumare conviene sempre: sia perché allunga la vita, sia perché ne migliora la qualità.

Leggi anche:

Perché le donne non devono fumare?

Danni del fumo sulla pelle

Zenzero, la radice che aiuta chi vuole smettere di fumare

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zenzero

Molto spesso, per combattere situazioni ansiogene o per aiutarci in percorsi di guarigione, ci dimentichiamo di un nostro forte alleato: la natura. Sono infatti numerose le piante, i fiori e la radici con proprietà antinfiammatorie e antiossidanti.

Come nel caso dello zenzero, una radice dal sapore inconfondibile che, oltre al gusto, ha tante virtù tutte da scoprire. Questa radice trova largo impiego nella culture orientale, dove, oltre che ad essere un ingrediente per molte preparazioni culinarie, è utilizzato nella medicina tradizionale per combattere nausea e congestioni nasali.

Il grande successo dello zenzero è dovuto alla ricchezza di principi attivi e nutrienti racchiusi nella sua radice.

LO ZENZERO PER I FUMATORI

Sappiamo che molti ingredienti base utilizzanti nella dieta mediterranea sono utili per chi vuole smettere di fumare.

È un eccellente antibatterico, gastroprotettore, antisettico ed antinfiammatorio ed è molto indicato tra i tabagisti che hanno i polmoni delicati dopo anni di dipendenza dalle bionde.

Lo zenzero è un rimedio naturale per alleviare i sintomi di bronchite e altre malattie legate al fumo, in particolare della cosiddetta “tosse dei  fumatori” caratteristica in chi ha questo vizio da tanti anni.

Tra i tanti benefici, questa radice medicinale riesce ad eliminare l’espettorato ed apre i bronchi per favorirne l’espulsione, dando un immediato senso di sollievo e benessere, grazie ad un effetto prodotto dai suoi olii essenziali, che permettono di dare sollievo anche per altre patologie come afonie e mal di gola.

Le proprietà calmanti dello zenzero contrastano i livelli alti di ansia e stress che spesso portano molti fumatori ad accendersi una sigaretta. Inoltre, il sapore piccante e deciso della radice lascia un retrogusto in bocca che diventa sgradevole quando si scende una sigaretta.

LA RICETTA

Se avete deciso di utilizzare lo zenzero, questa è una ricetta semplice e veloce: sono necessari 60 g di radice di zenzero grattugiata, il succo di mezzo limone e tre bicchieri di acqua.

Fate bollire l’acqua, aggiungete lo zenzero grattugiato e fate riposare un po’ prima di aggiungere il succo di limone.

È utile bere una prima tazza a digiuno e altre due dopo i pasti principali.

Lo zenzero è un vero e proprio toccasana per mente e fisico, un alleato naturale che ci aiuta nei percorsi di smoking cessation.

Il Covid19 ha ridotto l’attenzione sul cancro e sui tumori fumo correlati

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C’è una tragedia nella tragedia causata dal Covid-19 il cui conto sarà salatissimo nei prossimi anni.

La paura di contrarre il virus ha spostato l’attenzione per la prevenzione e la cura di malattie spesso più letali come il cancro ed i tumori fumo correlati.

Una ricerca condotta tra i pazienti di paesi membri dell’Unione Europea (tra cui circa 900 affetti da varie forme di tumore) ha evidenziato come la situazione attuale stia influenzando negativamente l’assistenza medica, con circa il 70% di pazienti che rinvia o annulla i trattamenti sanitari.

Circa 1/5 tra i pazienti oncologici ha optato per una terapia alternativa a causa del COVID-19, mentre quasi la metà ha considerato la possibilità di modificare le terapie per evitare di contrarre il virus durante le visite ospedaliere.

L’annullamento e il rallentamento nei trattamenti salvavita contro il cancro – al fine di ridurre al minimo il rischio di contagio – hanno generato un enorme arretrato nella cura e nella ricerca provocando un ritardo nelle diagnosi e un burnout tra i professionisti.

A causa di questi ritardi nella diagnosi e cura, è atteso un aumento sostanziale del numero di decessi per cancro nei prossimi anni. Un dramma nel dramma” – cosi il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, ha commentato rifacendosi al suo intervento in seno alla consultazione pubblica europea sul cancro.

Secondo modelli statistici, si stima un aumento significativo della mortalità per i tumori più comuni e spesso legati a stili di vita poco sani – come ad esempio quelli polmonari – con un incremento di 3500 decessi nei prossimi 5-6 anni rispetto ai dati pre-pandemici.

Sebbene la situazione odierna causata dalla diffusione incontrollata a livello mondiale del SARS-CoV-2 abbia creato una crisi sanitaria senza precedenti, molti esperti avvertono come questa possa non essere l’ultima. La vulnerabilità dei sistemi sanitari nazionali è stata evidenziata impietosamente e, senza miglioramenti e potenziamenti sistemici, qualsiasi futura pandemia potrebbe nuovamente causare crisi generalizzate come quella attuale.

In futuro dovremmo rafforzare la prevenzione primaria per ridurre il carico sui sistemi sanitari e gestire i fattori di rischio. Gli sforzi finanziari e programmatici dovrebbero essere dedicati alla prevenzione: aumentando l’immunizzazione, promuovendo diete e attività fisica più sane, riducendo la prevalenza del fumo” – ha spiegato Polosa.

In particolar modo, per quel che riguarda uno dei tumori più aggressivi e in rapida crescita come quello al polmone la prevenzione è fondamentale.

Nell’aprile 2020 è stato ideato un questionario online anonimo con il fine di comprendere gli effetti del lockdown sulle abitudini di fumo degli italiani. Ed è stata osservata una diminuzione della prevalenza di fumatori durante la prima fase del lockdown con una leggera contrazione dell’1,4%, che corrisponde a una stima di 630.000 fumatori in meno (circa 334.000 uomini e 295.000 donne).

Durante il lockdown però il numero di sigarette fumate ogni giorno è cresciuto dell’8,55%. L’assunzione media giornaliera di sigarette è passata dal 10,9% al 12,7%, corrispondente a un aumento percentuale del 9,1.

In parole povere, lo stress e l’ansia causate dall’attuale pandemia hanno causato un incremento nel consumo di sigarette tradizionali. Una situazione che ha nuovamente evidenziato l’assoluto bisogno di una chiara e coerente politica finalizzata alla riduzione del fumo e alla creazione di alternative meno dannose.

Il fumo rappresenta ancora la principale causa di cancro, oltre ad essere un importante contributo alle malattie cardiovascolari e respiratorie.

Dobbiamo accelerare la fine delle sigarette tradizionali prevenendo l’inizio della dipendenza, rafforzando gli strumenti e i servizi di cessazione statali, promuovere una regolamentazione sul controllo del tabacco basata sulla scienza, aiutando i fumatori che non riescono a smettere di fumare da soli ad utilizzare alternative meno dannose” – cosi ha concluso il Prof. Polosa.

World Wildlife Day: l’industria del tabacco che avvelena il pianeta

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world wildlife day tabacco

Oggi si celebra il “World Wildlife Day”, la giornata mondiale voluta dall’ONU per ricordarci della fondamentale importanza della biodiversità animale e vegetale e per celebrare l’importanza dell’ambiente selvatico.

Il tema della giornata di quest’anno è “Foreste e mezzi di sussistenza: sostegno delle persone e del pianeta”, voluta per sottolineare il ruolo fondamentale delle foreste per il sostentamento di milioni di persone nel mondo, in particolare della comunità indigene, che dalle foreste traggono non solo cibo, ma anche riparo e protezione.

Secondo le stime ONU si parla di oltre 200 milioni di persone che vivono sfruttando le foreste, grazie alle quali alimentano anche le proprie identità culturali.

Un ambiente che ad oggi risulta essere minacciato non solo dai cambiamenti ambientali, ma anche dalla deforestazione selvaggia compiuta dall’uomo, che sottrae spazio sia all’ambiente naturale sia alle popolazioni che abitano queste aree.

FORESTE E TABACCO

Discorso che non suona nuovo per quanto riguarda le piantagioni di tabacco: sappiamo che tale produzione alimenta un giro multimiliardario a livello globale, soprattuto grazie alla vendita dei derivati, come le sigarette, a loro volta causa di danni alla saluta umana.

L’impatto sulla salute ambientale della produzione del tabacco è incredibile: secondo l’OMS non solo la coltivazione di tabacco contribuisce alla deforestazione di vaste aree, aumentando quindi l’utilizzo di pesticidi e sostanze chimiche che inevitabilmente avvelenano l’ecosistema circostante; ma l’essiccazione delle foglie molte volte richiede l’utilizzo di grosse quantità di legna, circa 11,4 milioni di tonnellate l’anno.

Un processo che altera la fertilità e la produttività dei terreni interessati.

SFRUTTAMENTO DEL LAVORO MINORILE

Ma il risvolto peggiore riguarda lo sfruttamento del lavoro minorile: secondo dati risalenti al 2018, raccolti sia da Human Rights Watch che dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, in Asia, Africa e Centro America, circa 1 milione e 300 mila lavoratori sotto i 14 anni vengono impiegati nella catena produttiva del tabacco.

Ragazzi pagati circa 30 centesimi (dollari) per ogni kg di foglie raccolte: basti pensare che un 1 kg di foglie permette la produzione di circa 1200 sigarette.

Bambini che non solo devono abbandonare gli studi e che vengono sottoposti a ritmi di lavoro estenuanti, ma entrano anche in contatto prematuramente con il tabacco e le sostanze tossiche utilizzate nella produzione, con conseguenze gravi per la loro salute.

Inoltre il lavoro nei campi incentiva il consumo orale del tabacco anche in età prematura.

Un problema trasversale che riguarda moltissimi stati sparsi in diversi continenti, come Argentina, Bangladesh, Brasile, Cambogia, Ghana, Honduras, Kenya, Malawi, Mozambico, Tanzania, Tailandia, Uganda e Zimbabwe.

Una produzione ipocrita divisa tra il divieto di vendere sigarette ai minori e lo sfruttamento di bambini e ragazzi nella catena produttiva.

Accendere una sigaretta significa anche capire che tipo di industria vi è dietro. I cambiamenti sono possibili: smettere di fumare è una scelta che non riguarda solo la propria salute ma anche quella dei lavoratori sfruttati e dell’ecosistema.

Sport: il migliore alleato per chi vuole smettere di fumare

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sport

Chi, in questo momento della propria vita, sta pensando di smettere di fumare può trovare interessante sapere che uno studio recente condotto dalla Harvard School Of Public Health di Boston ha dimostrato che lo sport può essere fondamentale per chi vuole dire addio al vizio del fumo.

Lo studio, condotto su 25 fumatori di età compresa tra i 18 e 65 anni, ha dimostrato quanto la dedizione all’attività sportiva sia importante per tenere impegnata la mente e, di conseguenza, non cedere alla tentazione di fumare in continuazione.

Lo sport è in grado di aiutare sia a livello fisico, sia a livello psicologico. In questo particolare periodo di pandemia è gratificante praticare attività sportiva all’aperto.

Tra le attività più consigliate, ci sono la corsa, che permette di purificare l’organismo liberandosi dalle tossine e da tutte le sostanze nocive, e la bici.

Entrambe le attività citate sono alla portata di tutti e permettono di mantenere una sana routine quotidiana.

Ma soprattutto per chi vuole smettere di fumare, lo sport diventa uno dei migliori alleati e viene consigliato specialmente dopo i percorsi di cessazione. Gli studi che ne hanno dimostrato l’importanza sono tanti e diversi, ma sottolineano la sostanziale differenza tra chi fa semplicemente movimento e tra chi, invece, pratica sport con costanza e dedizione.

Nel primo caso, infatti, l’attività saltuaria comporterà una diminuzione della voglia di fumare, mentre una vera e propria routine di esercizi può portare alla cessazione definitiva.

Benessere, quello derivante dall’attività sportiva, che non si traduce solo nell’avere un corpo più magro e tonico, ma vengono abbassati i livelli di stress, solitamente accomunati ai percorsi di abbandono del fumo. Inoltre, un effetto collaterale del dire no alla sigaretta convenzionale risiede nel possibile aumento di peso: lo sport diventa così un alleato che combatte su più fronti aiutandoci a raggiungere il nostro obiettivo.

Leggi anche: Fare sport è tra i vantaggi delle sigarette elettroniche

SRNT 2021- Li Volti: “Un ruolo potenziale della nicotina come fattore protettivo da Covid-19”

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Catania 26 Febbraio, 2021 – Il Direttore del CoEHAR Giovanni Li Volti ha presentato oggi al meeting 2021 della Society for Research on Nicotine & Tobacco (SRNT) lo studio “Il ruolo del fumo di sigaretta sull’espressione della membrana proteica ACE-2 nelle cellule epiteliali bronchiali utilizzando un modello di interfaccia aria-liquido.”

Lo studio mira a valutare l’effetto del fumo delle sigarette sull’espressione della proteina ACE-2 nelle cellule epiteliali bronchiali.

La ricerca – presentata una delle sessioni del meeting dal titolo: “Impatto multisistemico dell’esposizione alla nicotina: Covid e Oltremira a comprendere l’espressione di ACE2 per dimostrare se vi è un collegamento pericoloso tra fumatori e  Sars-Cov-2 o vi è semplicemente una correlazione casuale.

Per arrivare a risultati ottimali, i ricercatori del CoEHAR utilizzano la “smoking machine”, uno strumento altamente innovativo che consente una perfetta riproduzione di quello che succede all’interno del tratto respiratorio del fumatore durante l’atto di fumare. In condizioni normali, questa macchina legge in pochi minuti le condizioni reali di esposizione.

L’analisi del CoEHAR (tra le prime in questo ambito) ha dimostrato la non -correlazione tra la riduzione dell’espressione di ACE 2, proteina attraverso il quale il virus del Covid-19 entra nel corpo umano, e la risposta infiammatoria.

Durante il suo intervento live, a margine della presentazione dello studio, il Professore Li Volti ha anche risposto ad alcune domande specifiche riguardo la capacità penetrativa del virus SARS-COV-2 all’interno delle cellule, sottolineando come:

Uno dei grossi limiti dei dati della letteratura è che non vengono riportati le abitudini da fumo delle corti che vengono studiate e questo spiega i dati discrepanti tra trial clinici e dati in vitro. Esiste la necessità sempre più urgente di riprodurre il più perfettamente possibile le abitudini reali dei tabagisti. I nostri studi si baseranno in futuro ancora di più su esposizioni in acuto al fine di comprendere definitivamente il ruolo della nicotina in tale processo“.