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Quale sarà il ruolo del vaping nelle scelte sanitarie del 2021?

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meeting Catania conversation

Catania Conversation è uno dei progetti nati dall’attività del CoEHAR: la piattaforma online si rivolge prevalentemente ad esperti della comunicazione, che possono condividere informazioni e notizie nell’ambito dell’ HArm Reduction, con focus specifico sugli strumenti a rischio ridotto. come le sigarette elettroniche.

Dopo una presentazione la scorsa primavera, Catania Conversation è cresciuta grazie al supporto di una community che continua ad ampliarsi. Per mantenere attivo il dialogo, il prossimo appuntamento sarà il meeting online previsto per il 16 dicembre alle ore 15 (CEST).

Il titolo dell’evento sarà “Vaping and COVID19: Quali sono gli insegnamenti scientifici per la salute pubblica e lo svapo utili per il 2021? Cosa possiamo fare di meglio per i pazienti?”.

Scopo del meeting è quello di aprire un dibattito informativo tra i ricercatori, i pazienti e le associazioni di settore sull’efficacia degli strumenti a rischio ridotto nella lotta al tabagismo. L’idea è quella di trasportare le conoscenze scientifiche apprese durante il lockdown, in un dibattito con chi, in primis, può beneficiare di tali alternative.

L’evento vedrà la partecipazione di alcune tra le più importanti personalità scientifiche nel settore:

  • Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR
  • Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR e Project Coordinator di REPLICA
  • Renee O’Leary, Project Leader di CoEHAR ed esperta di Systematic Review
  • Massimo Caruso, professore dell’Università di Catania e Project Coordinator di REPLICA
  • Pasquale Caponnetto, professore dell’Università di Catania e coordinatore del CPCT Centro Prevenzione e Cura al Tabagismo del Policlinico “Vittorio Emanuele di Catania”

A coordinare l’evento ci sarà Chitra Subramaniam Duella, Project Leader di Catania Conversation, con all’attivo oltre 30 anni di esperienza nel settore dei media, Public Policy e Public Health.

Il meeting verterà sulle seguenti tematiche:

  • Quanto incide il fumo sul virus Covid-19?
  • Le verità sulla THR: la diffusa disinformazione sulla nicotina
  • BPCO e vaping: quali sono i benefici?
  • Il piacere del vaping come una valida alternativa

L’evento sarà disponibile sulla piattaforma Zoom il 16 dicembre e tutti i partecipanti potranno essere parte di questo grande ed importante dibattito!

Per registrarsi cliccare sul seguente link

Lockdown e distanziamento sociale

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LOCKDOWN E DISTANZIAMENTO SOCIALE NON BASTANO: PER ARGINARE L’EPIDEMIA DA COVID-19 DOBBIAMO PUNTARE SULL’ASSISTENZA DOMICILIARE E COMUNITARIA

L’uso irrazionale dei Lockdown può causare effetti inattesi negativi a livello sociale, economico e sanitario. Essi da soli non sono una soluzione duratura al contenimento della pandemia, per via della possibilità di innescare un circolo vizioso di blocchi consecutivi. Una recente collaborazione internazionale tra ricercatori europei, inglesi, russi ed americani ha comparato gli effetti delle attuali politiche di contenimento del Coronavirus dimostrando che per avere effetti a lungo termine dobbiamo puntare sulla medicina del territorio e sull’assistenza domiciliare.

Link: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2214750020304431

Catania, 10 dicembre 2020Oltre 25 ricercatori, divisi in più di 15 differenti centri di ricerca e laboratori, hanno pubblicato uno studio che analizza i modelli di gestione dell’epidemia più diffusi: molti governi si sono focalizzati sulle misure di distanziamento e sulla riorganizzazione del sistema sanitario in funzione della pandemia. E sebbene gli interventi siano stati importanti ciò non ha impedito di dover ricorrere a misure estreme, quali i cicli di lockdown che hanno avuto effetti socio-sanitari ed economici devastanti.

LO STUDIO

All’inizio della pandemia, molti governi si sono focalizzati sul varare strategie che potessero contenere il rapido diffondersi del virus con le misure di distanziamento sociale ed il potenziamento del sistema sanitario ma l’elevata trasmissione virale ha richiesto misure più severe, concretizzatesi in una serie di lockdown con conseguenze così devastanti da non riuscire ancora a valutarne la reale portata.

Tali misure altamente restrittive hanno effetti nel breve periodo ma devono essere valutate come strategie per guadagnare tempo, riorganizzare il sistema sanitario e sviluppare piani a lungo termine di prevenzione nella popolazione. Nel lungo periodo, infatti, potrebbero comportare un aumento delle morti a causa del protrarsi della pandemia e un incremento della mortalità nelle fasce di età più elevate della popolazione.

Risultano compromessi anche i trattamenti delle altre patologie, con i pazienti spaventati di recarsi in strutture ad alto rischio di contagio: in Inghilterra, sono state saltate circa 1 milione di mammografie comportando oltre 8600 possibili casi di cancro al seno non identificati.

I RISULTATI

Quali sono dunque le strategie che potrebbero essere di aiuto per fronteggiare un’epidemia cosi difficile e virulenta?

  • Potenziare la sanità primaria e comunitaria: rivolgersi al medico di famiglia significa ottenere tassi di ospedalizzazione più bassi e maggiori garanzie di equità.
  • Rafforzare l’educazione e la prevenzione a livello comunitario tramite l’identificazione dei gruppi più vulnerabili.
  • Controllare a livello farmaceutico le comorbidità che giocano un ruolo nello sviluppo dell’infezione da coronavirus.
  • Pianificare le strategie più efficaci per ridurre le disparità sanitarie.

Accanto a tali soluzioni, si potrebbero garantire servizi più validi di assistenza domiciliare e telefonica, istituendo gruppi di personale sanitario che coadiuvino il lavoro svolto dal personale ospedaliero. Inoltre, i ricercatori suggeriscono di alleviare la pressione dell’analisi e della raccolta di test dagli ospedali, garantendo test rapidi per il personale medico, test di massa periodici per la popolazione e sistemi di distanziamento per i gruppi di popolazione più vulnerabili.

“Dobbiamo riuscire ad abbracciare un approccio più olistico, che riconosca il valore dell’assistenza primaria, comunitaria e domiciliare e permetta di arginare effetti devastanti a livello economico, sociale e sanitario” –commenta così il fondatore del CoEHAR, prof. Riccardo Polosa.

Appare ovvio che una pandemia di tale portata abbia messo a dura prova il sistema sanitario, le strutture e lo staff medico, a cui è stato richiesto un enorme sacrificio. Accanto alle misure già prese in considerazione, dobbiamo iniziare a valutare l’idea di allentare la pressione sul sistema ospedaliero per permettere alle strutture di gestire solo i casi più gravi. 

Perché le donne non devono fumare?

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Fumare fa male a tutti ma le donne che fumano hanno diversi motivi in più per smettere e per fare particolare attenzione soprattutto in gravidanza. Ne abbiamo parlato con la ginecologa Elisa Caruso, specializzata nella prevenzione e nel trattamento della patologia ostetrica e ginecologica e nella diagnostica specialistica di base.

Perché le donne non devono fumare?

Diversi studi hanno dimostrato che per le donne ci sono rischi maggiori rispetto agli uomini, il fumo infatti fa male alla salute e alla bellezza.

Nelle fumatrici non vaccinate contro l’HPV ossia il papilloma virus il fumo è un co-fattore dell’evoluzione di un infezione verso una lesione pre cancerosa, quindi contribuisce ad aumentare il rischio di sviluppare un tumore della cervice uterina.

Le fumatrici soffrono anche di disturbi del ciclo mestruale con un calo degli ormoni estrogeni con conseguente menopausa anticipata.

Quali sono gli effetti del fumo passivo in gravidanza?

Sono uguali in entrambi i casi con le stesse anomalie genetiche, come ad esempio, quelle del gene HPRT che si trova nel sangue del cordone ombelicale, con gli stessi rischi in gravidanza quali: aumento degli aborti spontanei, basso peso alla nascita, deficit dell’apprendimento e comportamentali del bambino, sindrome della morte improvvisa del lattante. I residui lasciati dalle sostanze nocive del fumo, definito di terza mano, si depositano nei vestiti, mobili, tappeti ecc. restando in giro per mesi o addirittura anni. Queste sostanze possono entrare nel flusso sanguigno, quando si tocca qualcosa, entrando in circolo nel bambino con conseguenze negative sullo sviluppo polmonare prenatale.

Che conseguenze ha il fumo sulla donna incinta?

Il concepimento tra una donna fumatrice e una non, è più lungo. La donna incinta fumando sottrae ossigeno al nascituro, nel sangue del feto infatti giunge monossido di carbonio che è un gas tossico, impedendo una assunzione adeguata di sostanze nutrienti determinando il cosiddetto deficit cronico di ossigeno, o ipossia, con conseguenze generali sulla salute del bimbo. La fumatrice ha un rischio di aborti, aumento di casi di bimbi prematuri o morti, aumento di gravidanze extra uterine, ritardo nella crescita dell’utero con un peso inferiore nella nascita, rottura prematura delle membrane con parto prematuro, cattivo posizionamento della placenta, morte prematura, riduzione del latte materno con penetrazione della nicotina in esso.

Quali sono i danni sulla salute riproduttiva?

Fumare sigarette comporta un abbassamento della fertilità, a causa di una riduzione di spermatozoi negli uomini e una diminuzione di ovociti nella donna. Il tabagismo ritarda in media di due mesi il tempo del concepimento, una donna che fuma impiega più tempo a rimanere incinta rispetto ad una donna non fumatrice, ed e direttamente proporzionale al numero di sigarette giornaliere fumate.

Il fumo incide sulla sessualità e cosa si può fare per contrastare gli effetti più negativi?

Certamente che influisce, poiché l’eccitazione sessuale necessita di una buona irrigazione sanguigna, il pene è un organo molto vascolarizzato da cui dipende il flusso di sangue nei corpi cavernosi, quando questo è ridotto possono presentarsi disfunzioni erettili quando al fumo si associano anche malattie cardiovascolari. Il fumo favorisce lo sviluppo delle placche nelle arterie, riduce la lubrificazione dell’uomo e della donna. I consigli che si danno alle coppie e quello di uno stile di vita più sano, riducendo fumo, alcol, stress e soprattutto i grassi. Praticare una buona attività fisica favorisce l’ossigenazione che è il carburante del sesso.

Perché il fumo mette a rischio la fertilità di una donna?

Il fumo agisce in maniera negativa a vari livelli sulle capacità riproduttive della donna, dall’impianto ovarico al regolare accrescimento del feto. Il fumo è in grado di invecchiare le ovaie anche di dieci anni, sia la nicotina che il benzopirene possono alterare il processo di maturazione dell’ovocita danneggiando le cellule, causando un deficit qualitativo dei follicoli ovarici prodotti è un più rapido esaurimento della riserva ovarica. Influisce negativamente anche nelle tube di falloppio, infatti nel 68% di donne fumatrici si sono riscontrati problemi proprio in questa area.

Fumo, cuore e pillola come interagiscono?

Il fumo da solo aumenta il rischio di infarto di ben otto-nove volte rispetto alle donne non fumatrici, se a questo si aggiunge anche la pillola anticoncezionale il rischio aumenta di trenta volte. Il pericolo di trombosi è alto, soprattutto nelle donne oltre i 35 anni fumatrici, alle quali sconsiglio l’uso della pillola anticoncezionale.

Consigli da dare in gravidanza per smettere di fumare?

Praticare sport all’aria aperta, passeggiate, con un buon programma di attività fisica l’astinenza si avverte meno. Cercare soluzioni alternative meno dannose e se possibile consultate uno specialista di smoking cessation che possa accompagnarvi in un percorso efficace per smettere definitivamente.

Rafforziamo il sistema immunitario con la vitamina C

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È arrivato l’inverno, con un abbassamento delle temperature e i primi raffreddori, mal di gola e colpi di tosse. La pandemia ci ha insegnato ad essere prudenti e a prenderci cura della nostra salute a cominciare dalla prevenzione, che inizia a tavola.

Contro i malanni di stagione, l’alleata più importante è la vitamina C, ma non solo.

Ecco alcuni consigli: la vitamina C rafforza le difese immunitarie perché stimola sia la produzione sia l’attività di cellule, in particolare i neutrofili, che attaccano gli agenti patogeni.
I fumatori sono ad alto rischio di carenza di vitamina C. Il fumo, infatti, ne aumenta la quantità di cui il corpo ha bisogno per riparare i danni causati dai radicali liberi. Sono molteplici gli studi che affermano che la vitamina C abbia un effetto protettivo per i tabagisti e per coloro che subiscono il fumo passivo. Arance, limoni, mandarini e pompelmi sono preziosi alleati non solo per il loro contenuto di vitamina C, ma conosciamoli nel dettaglio.

ARANCIA 
Risultato di un incrocio avvenuto più di 4000 anni fa in Asia tra il mandarino e il pomelo, per mangiarla di stagione dobbiamo consumarla tra novembre e aprile. Le varietà più diffuse sono la Navel, la Valencia e l’arancia rossa di Sicilia (Tarocco, Moro e Sanguinello), coltivata alle pendici dell’Etna. Grazie a sostanze chiamate antocianine, protegge il cuore, è uno scudo contro i tumori e invecchiamento ed è persino in grado dì modificare il metabolismo dei grassi, impedendone l’accumulo.

LIMONE 
Le prime coltivazioni risalgono al medioevo, portate dagli arabi in Sicilia. La pianta produce frutti tutto l’anno. Il limone, di cui l’Italia vanta alcune produzioni di eccellenza (Sorrento, Amalfi, Siracusa), è ricco non solo di vitamina C ma anche di carotenoidi e flavonoidi, sostanze antiossidanti che rallentano i processi di invecchiamento e che sono particolarmente abbondanti nella scorza. Spremuto sulla carne, sul pesce e sulle verdure, il limone favorisce l’assorbimento del ferro contenuto in questi alimenti, grazie sia alla vitamina C sia all’acido citrico di cui è altrettanto ricco.

Mandarino e Clementina
Coltivato in Asia da millenni, il mandarino è arrivato in Europa nel 1800. Ancora più recente sarebbe, secondo alcune fonti, la clementina, scoperta per caso un secolo fa. Pratici da portare con se per veloci spuntini, mandarini e clementine permettono di fare il pieno di vitamina C da novembre a febbraio e sono molto graditi ai bambini per la loro dolcezza.

Pompelmo
Nato nel ‘700 nelle isole Barbados da un incrocio tra arancio dolce e pomelo, il pompelmo è consumato soprattutto come succo o spremuto. La varietà rosa è fonte di licopene una sostanza antiossidante del gruppo dei carotenoidi che si trova anche nei pomodori e protegge il sistema cardiovascolare e la vista. Dopo il limone è l’agrume con stagionalità più lunga, da novembre a maggio. Se volete smette di fumare, sappiate che la vitamina C, oltre a rafforzare il sistema immunitario protegge i polmoni e riduce l’ansia provocata dalla mancanza di nicotina.

L’Srnt premia il CoEHAR, atteso al meeting annuale Srnt 2021

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Il centro di ricerca catanese tra le eccellenze selezionate per l’edizione dell’evento annuale che, per quest’anno, si svolgerà online dal 24 al 27 febbraio

La Society for Research on Nicotine & Tobacco (SRNT) ha selezionato il CoEHAR per far parte alla prima edizione completamente virtuale del meeting: un prestigioso riconoscimento, che permette al centro di ricerca catanese di prendere parte a uno dei più importanti eventi sulla nicotina e sul tabacco al mondo.

Quest’anno il riconoscimento vale doppio: il CoEHAR presenterà i risultati ottenuti grazie a ben due studi diversi: “Role of smoke on ACE-2 membrane protein expression in bronchial epithelial cells” e “Medium-Long time storage condition of cambridge filter pads CFPS for nicotine dosimetry”.

Un’attestazione di stima, che arriva a coronare un anno di successi nel settore della ricerca e che sottolinea la determinazione e la forte tendenza all’internazionalizzazione del CoEHAR.

Nello specifico, il primo studio ha valutato gli effetti del fumo e della nicotina sul recettore ACE2, responsabile dell’ingresso del virus SARS-CoV-2 nel nostro organismo.

La scarsità di pazienti fumatori tra quelli ospedalizzati a causa del COVID-19, ha spinto i ricercatori ad indagare le possibili interazioni tra la nicotina e la molecola ACE2: l’ipotesi principale è quella che la nicotina possa essere utilizzata per regolare l’espressione virale del coronavirus. 

Una visione innovativa, supportata già da altre ricerche del CoEHAR, che comporterebbe la possibilità di continuare ad indagare un possibile uso della nicotina come trattamento farmaceutico per il virus.

Il secondo studio scelto per essere relazionato durante il meeting rappresenta il primo passo verso una standardizzazione maggiore delle metodologie di ricerca sulle sigarette elettroniche: sono state valutate, infatti, nuove linee guida e nuovi parametri per regolare il dosaggio di nicotina nei liquidi per il vaping. 

Standardizzare le metodologie significa dare un’ulteriore spinta al settore delle nuove tecnologie applicate alla riduzione del danno, permettendo di sviluppare strumenti il più vicino possibile alle sigarette convenzionali e fornendo più supporto a chi vuole smettere.

Un altro grande traguardo per il CoEHAR – così ha commentato la notizia il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR – le evidenze scientifiche sembrano indicarci la possibilità di un uso farmaceutico della nicotina nel trattamento dell’infezione da COVID19”.

Come dimostrato da entrambe le ricerche selezionate – ha aggiunto il fondatore del CoEHAR, prof. Riccardo Polosa – solo attraverso la standardizzazione delle metodologie possiamo confrontare i risultati delle ricerche degli ultimi ani riguardanti le sigarette elettroniche. Una strada che è sinonimo di una ricerca continua, tesa all’innovazione: asse portante di tutta l’attività di ricerca del CoEHAR”.

Quest’anno, a causa delle restrizioni legate alla pandemia da Covid-19, l’edizione avrà una veste completamente virtuale: i panelist registreranno ma parteciperanno live a una sessione di domande che seguirà i loro interventi.

L’SRNT è un’associazione professionale dedicata al supporto dei ricercatori e delle figure professionali che si muovono in campi diversi nel macro-settore della ricerca su tabacco e nicotina. Lo scopo è quello di divulgare e condividere le conoscenze ottenute nel settore grazie a una forte cooperazione internazionale. L’appuntamento è dunque fissato dal 24 al 27 febbraio. Seguiranno ulteriori dettagli.  

Per ulteriori informazioni, ecco il link dell’evento

COVID-19 e sigaretta elettronica: esiste un rischio connesso?

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L’aerosol dei prodotti da svapo favorisce la trasmissione del coronavirus? La possibilità che svapare aumenti il rischio di trasmissione del virus è irrisoria, pari all’1%  

Svapare aumenta le percentuali di rischio di trasmissione dell’infezione da SARS-Cov-2 a causa delle piccole particelle emesse durante l’esalazione dell’aerosol delle sigarette elettroniche? Per rispondere a questa domanda, il CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, in collaborazione con l’Istituto di Scienze Nucleari di Città del Messico e la MyriadPharmaceuticals di Auckland, ha valutato le possibilità che le particelle emesse durante lo svapo possano aumentare il rischio di contagio da coronavirus.

La ricerca ha evidenziato che, in considerazione della brevità dell’atto della svapata, del tempo di esposizione e dei dati statistici su carica virale e tassi di infezione, svapare comporterebbe un aumento di solo l’1% del rischio connesso alla trasmissione del coronavirus rispetto alla normale attivitàrespiratoria a riposo.

LO STUDIO

Sia l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, che il CDC, il Centro per il Controllo della Prevenzione e Malattie statunitensi, hanno da tempo riconosciuto il ruolo che le goccioline di saliva emesse durante qualsiasi attività respiratoria hanno nella trasmissione del Covid-19. 

Studiare quanto tali attività, come il parlare, il tossire o lo starnutire caratterizzino la diffusione dell’epidemia significa avere più strumenti per arginarla.

Nel caso specifico del vaping (l’atto di inalare da una sigaretta elettronica), si è voluto studiare la possibilità che le goccioline emesse da un vaper infetto durante l’esalazione dell’aerosol delle sigarette elettroniche possano aumentare il rischio di contagio.  

Considerando che la propagazione dell’aerosol è influenzata dalla tipologia di device utilizzato, nello studio in oggetto è stato preso come riferimento lo stile di inalazione più comune, ovvero quello praticato da circa l’80-90% dei vapers il cosiddetto “svapo di guancia”, durante il quale il vapore staziona nella bocca prima dell’inalazione nei polmoni.

Mancando dati specifici relativi all’emissione di droplets nel vaping, sono stati presi come modello i dati di esalazione del fumo delle sigarette convenzionali: i fumatori solitamente espirano una miscela di fumo e aria con un volume del 30-40% maggiore del normale volume respiratorio a riposo.

Sono stati utilizzati come parametri la quantità di sbuffi prodotta in media durante lo svapo, le dimensioni delle goccioline emesse, la temporalità limitata dell’azione e i dati sulla carica virale del Covid-19 e gli altri parametri di infezione per procedere a valutare il tasso di rischio considerando lo scenario classico di una abitazione o di un ristorante con normale ventilazione. 

A valutazione eseguita, svapare comporta un aumento di solo l’1% del rischio: come paragone, 30 colpi di tosse nell’arco di un’ora corrispondono a un aumento del rischio del 260%.

Studiare e comprendere quali sia il ruolo delle diverse attività respiratorie nella trasmissione del virus, è di fondamentale importanza per migliorare le strategie dirette al contrasto della diffusione dell’infezione e per informare correttamente la popolazione” ha spiegato il Prof. Riccardo Polosa, autore dello studio “La nostra analisi dimostra che svapare in pubblico non comporta alcun rischio aggiuntivo rispetto a qualsiasi altra attività sociale, come mangiare insieme o incontrarsi per chiacchierare. Rimane comunque buona norma rispettare le norme di distanziamento, soprattutto in contesti di socialità. Quindi si allo svapo, ma rispettando sempre il distanziamento sociale e gli altri“.

Tutte le attività sociali, svapo incluso, nel loro insieme comportano un rischio residuale di contrarre l’infezione: anche nei luoghi chiusi, rispettare le persone con cui condividiamo momenti di socialità, adottando il distanziamento sociale e utilizzando i dispositivi di protezione, significa limitare il più possibile il propagarsi dell’infezione.

Link allo studio

Fumo e pandemia: come combattere l’abitudine?

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In un momento così complesso per la comunità scientifica internazionale che è impegnata su più fronti a trovare cure e soluzioni per combattere la diffusione del COVID, Catania Conversation (CC) è il nuovo progetto del CoEHAR che mette insieme giornalisti, scienziati e opinion leader esperti nella riduzione del danno da fumo con l’obiettivo di condividere informazioni e dati scientifici sul controllo della pandemia e sulla diffusione del tabagismo nel mondo per trovare le strategie più efficaci per combatterlo.

Mentre la seconda ondata di infezione da Covid-19 colpisce il mondo e un nuovo lockdown è in vista, aumentano anche le tensioni psicologiche sulle persone. Cosa abbiamo imparato dalla pandemia da un punto di vista psicologico?

A rispondere a questa domanda per Ask the Expert di Catania Conversation (CC) è Pasquale Caponnetto, professore di Psicologia Clinica al DISFOR dell’Università di Catania e ricercatore del CoEHAR.

Prof. Caponnetto, quali sono state le conseguenze delle restrizioni causate dalla pandemia Covid-19 sulla popolazione e nello specifico sui fumatori?

I risultati di ricerche precedenti che ho condotto durante la primissima fase dell’epidemia Covid-19 hanno evidenziato alcune dinamiche significative. Abbiamo analizzato il comportamento del fumo e abbiamo notato che i fumatori non hanno modificato tanto il consumo, ma il modo in cui hanno acquistato i prodotti. Molti fumatori accumulavano scorte, come accadde con farina e amido e altri beni di prima necessità. Un meccanismo di protezione sulle cose a cui erano più attaccati, che ha evidenziato come i fumatori avessero paura di restare senza. Da un punto di vista psicologico, spiega la necessità di rimanere attaccati a qualcosa che ti dà una routine quotidiana e una ritualità nella vita. Nei momenti di eccessiva felicità o eccessiva infelicità, questo strumento protettivo può dare sollievo in caso di estremo isolamento. Era un meccanismo di attaccamento a qualcosa che consideri fondamentale. Il fumatore è molto attaccato alla sigaretta, questo è un fattore che non possiamo ignorare nel trattamento dei fumatori. La sigaretta rappresenta la normalità della vita quotidiana.

Secondo i risultati della sua ricerca, i consumatori di sigarette tradizionali hanno un maggiore interesse a smettere di fumare rispetto ai vapers. Pensa che le sigarette elettroniche o altri sostituti delle sigarette a combustione evitino conseguenze peggiori nei fumatori?

I risultati dello studio hanno evidenziato un diverso atteggiamento dei fumatori verso i prodotti a basso rischio e le alternative che possono facilitare la riduzione dei trattamenti fino alla cessazione totale. Da una parte abbiamo riscontrato questo comportamento di accumulo e dall’altra ci sono le persone che pensavano di smettere di fumare. I risultati migliori provengono dai fumatori di sigarette elettroniche in quanto ex fumatori che hanno già in parte domato la dipendenza dalle sigarette tradizionali.

Qual è la lezione che possiamo imparare da questa pandemia globale riguardo ai comportamenti umani e al fumo? Cosa può aiutare a migliorare le politiche dell’harm reduction?

Con il lockdown e la chiusura forzata, le persone hanno avuto il tempo di riflettere veramente su ciò che è cruciale nella vita sia dal punto di vista cognitivo che emotivo. Le persone adesso riescono ad apprezzare cose che normalmente davamo per scontate. Ciò che dobbiamo considerare nelle politiche dell’harm reduction da ora è che quando una situazione anormale è in corso, crea un cambiamento negli stili di vita. Che di conseguenza ha portato a comportamenti atipici. Alla fine, vedremo i risultati di questa situazione in effetti post-traumatici.

Per ulteriori informazioni sullo studio di riferimento, clicca qui.

VAPING: Lo studio che dimostra come l’esperienza sensoriale aiuta a smettere di fumare

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Il vaping vince dove le terapie ufficiali hanno fallito. Ma qual è il segreto del suo successo? Questo si sono chiesti i ricercatori DiPiazza, Caponnetto, Askin, Christos, Maglia, Gautam, Roche e Polosa. Il frutto di tale ricerca è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Harm Reduction Journal. 

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33059666/

Catania, 12 Novembre 2020. Una ricerca condotta dalla City University di New York e dalla Cornell University di New York e dal CoEHAR Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania ha cercato di identificare l’entità e la qualità delle sensazioni respiratorie tra coloro che non sono riusciti a smettere di fumare con i farmaci tradizionali ma che ci sono riusciti con le sigarette elettroniche. Lo studio si è inoltre focalizzato sulle percezioni degli ex-fumatori, ovvero sull’influenza che l’esperienza sensoriale dell’uso delle sigarette elettroniche ha avuto durante il loro percorso di cessazione dal fumo. 

L’84% dei partecipanti ha riferito come la sensazione del vapore sia importante per smettere di fumare ed addirittura il 91% ritiene che le sensazioni che accompagnano l’uso di sigarette elettroniche abbiano contribuito al successo della cessazione. 

Secondo il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania: “Le esperienze sensoriali date dalle sigarette elettroniche possono aiutare chi non riesce a smettere di fumare con i classici farmaci antifumo perché il fumatore potrebbe preferire prodotti sostitutivi con caratteristiche simili all’atto del fumare (nicotina, fumo, gusto, gestualita’, etc) piuttosto che essere medicalizzato”. 

E’ chiaro – spiega il prof. Pasquale Caponnetto, dell’ateneo catanese – che il campione è rappresentato da persone soddisfatte da questo cambiamento ma all’interno di un processo di ricerca di cure atte a distaccare le persone da sostanze nocive che creano dipendenza di certo non si può trascurare l’enorme impatto che possono avere gli aspetti sensoriali percettivi in grado di modificare radicati schemi cognitivi, comportamentali e perfino emotivo relazionali”. 

La ricerca

Per lo studio sono stati analizzati un campione intenzionale non casuale di 156 partecipanti reclutati negli Stati Uniti attraverso la pagina Facebook del Consumer Advocates for Smoke Free Alternatives Association. I partecipanti, hanno completato un sondaggio online per valutare le esperienze sensoriali associati all’uso di sigarette elettroniche

Risultati

Certamente il risultato più eclatante è che il 91% dei vapers, ormai ex fumatori, riferisce di aver provato sensazioni di piacere passando dal fumo al vaping e che questo ha contribuito significativamente nella scelta di abbandonare la sigaretta convenzionale.

Con l’uso delle sigarette elettroniche i volontari hanno riferito di aver sentito il vapore in gola a cui si è associata una riduzione della voglia di fumare. Vi è stata inoltre una sensazione di piacere nell’utilizzo della sigaretta elettronica, inclusa la voglia di assaggiare, annusare, osservare il vapore e toccare il dispositivo a conferma dell’importanza del mantenimento di alcuni aspetti ritualistici. E’ stato inoltre identificato come le donne abbiano avuto una maggiore riduzione della voglia di sigarette rispetto agli uomini. Coloro che hanno iniziato a fumare a 13 anni o meno hanno avuto una maggiore soddisfazione e piacere sensoriale rispetto a quelli che hanno iniziato a 16-17 anni.

Gerry Stimson: a che punto è la riduzione del danno da fumo?

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Un’interessante intervista pubblicata sulla rivista FILTER ci riporta all’anno 1986, quando Margaret Thatcher era il primo ministro nel Regno Unito, e i ministri venivano informati su una significativa minaccia che gravava sulla salute pubblica: l’HIV.

Diversi gli scienziati e i medici che da allora, dedicano la propria carriera alle persone che fanno uso di eroina e altre sostanze stupefacenti. “Grazie alla mia esperienza, mi sono ritrovato a sviluppare e valutare l’approccio alla riduzione del danno, prima ancora che fosse conosciuto come tale nel Regno Unito. Il mio lavoro si è sempre concentrato sulle persone che si iniettavano droghe e rischiavano di contrarre l’infezione da HIV”, racconta Gerry Stimson, professore all’Imperial College di Londra e direttore della Fondazione britannica sanitaria Knowledge Action Chance.

Sin dal 1987, il Dipartimento di Salute Pubblica inglese sviluppa programmi sperimentali e lancia campagne di ricerca sull’HIV.

La premessa che guidava le campagne era che il rischio di infezione da HIV fosse maggiore dei rischi derivanti dall’uso di droghe. Oggi non si intende questo quando si parla di harm reduction? La risposta del Regno Unito all’HIV è stato un successo per la salute pubblica.

“Dopo più di 20 anni, fino alla fine degli anni 2000, mentre ancora si lavorava per la prevenzione dell’HIV e nella riduzione dei danni causati dalla droga, ho conosciuto persone che fumavano per la nicotina, ma morivano per il catrame”, aggiunge.

Fino a quando poi qualcuno non ha parlato dello svapo ed è stato subito chiaro che quest’innovazione potesse offrire una soluzione per la riduzione del danno da fumo, essendo le sigarette elettroniche prodotti più sicuri, che consentono un comportamento più sicuro.

A poco a poco, lo svapo ha iniziato a crescere in popolarità, nel Regno Unito e altrove. In seguito, anche insieme ai prodotti a tabacco riscaldato, si stava aprendo un fronte completamente nuovo nella riduzione del danno. Anche se ancora, molte delle grandi aziende produttrici di tabacco, si oppongono al vaping.

Un rapporto condotto nel Regno Unito per conto di Public Health England ha dimostrato che lo svapo sia per il 95% meno dannoso rispetto al fumo di sigarette convenzionali. E questo è sicuramente uno dei motivi fondamentali per cui stiamo assistendo al calo delle vendite di sigarette a cui non si era mai assistito prima.

“Da quando ho iniziato a lavorare in questo campo, concependo e sviluppando il progetto Global State of Tobacco Reduction, ci sono state drastiche diminuzioni nel Regno Unito grazie dell’uso delle sigarette elettroniche”, dichiara Stimson.

Nel frattempo, la Svezia ha il più basso livello di fumatori a causa della popolarità dello snus e il più basso livello di decessi correlati al tabacco. In Norvegia, il fumo è praticamente scomparso; tra le giovani donne, l’1% fuma mentre il 14% usa lo snus. Dal 2016, quando i prodotti del tabacco riscaldato (HTP) sono stati introdotti nel mercato giapponese, le vendite di sigarette sono crollate di un incredibile 33%.

Il lavoro svolto durante l’ultima presentazione, Burning Issues: The Global State of Tobacco Harm Reduction 2020, mostra che a livello globale 98 milioni di persone assumono nicotina da prodotti più sicuri invece che da tabacco combustibile. Di questi, 68 milioni sono vapers, 20 milioni sono utenti di HTP e 10 milioni sono consumatori di tabacco o snus.

I luoghi in cui questa rivoluzione è già in atto sono tutte nazioni ricche. Questo significa che quando hanno la possibilità di farlo, le persone smettono di fumare e passano a prodotti più sicuri. Le persone scelgono di migliorare la propria salute.

Questo potrebbe ritenersi un successo ma siamo ancora lontani dal definirlo veramente così. L’80% dei fumatori nel mondo vive in paesi a basso e medio reddito (LMIC), dove le misure di controllo del tabacco sono spesso attuate solo in modo insufficiente o parziale, i tassi di fumo sono alti o in fase di stallo, la crescita della popolazione aumenta il numero di fumatori e i sistemi sanitari non sono in grado di trattare efficacemente le malattie legate al fumo o di offrire sostegno ai fumatori per smettere. Anche i produttori di prodotti più sicuri non servono bene questi paesi, mantenendo fasce di prezzo che sono fuori dalla portata della maggioranza.

1,1 miliardi di persone fumano in tutto il mondo. Quel totale è rimasto invariato per due decenni. L’OMS prevede un miliardo di decessi correlati al fumo e le stime suggeriscono che attualmente ci sono solo nove consumatori di prodotti sicuri per ogni 100 fumatori.

L’OMS, come per la prevenzione dell’HIV, deciderà di integrare la riduzione del danno come una questione di salute pubblica e individuale? La riduzione del danno è una delle tre strategie chiave per il controllo del tabacco, ma nel 2005, quando è stato redatta, nessuno immaginava le scelte che sarebbero state offerte ai consumatori di nicotina, solo 15 anni dopo.

Molte persone, in passato, hanno fatto delle scelte per migliorare la propria salute e il proprio benessere. Oggi, dovrebbero continuare a scegliere bene perché è in questo che risiede tutta l’importanza della riduzione del danno. Sarebbe una svolta contro ogni malattia.

Ricordiamo che anche il CoEHAR ha di recente pubblicato un interessante paper che analizza alcune “verità” sull’Harm Reduction. Firmato da Renèe O’Leary con la collaborazione del prof. Riccardo Polosa, il documento in queste settimane è stato ripreso da autorità governative ed organi di stampa.

Nuova Zelanda: grazie allo svapo è in calo la vendita di sigarette

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Dopo aver analizzato i rendimenti delle aziende produttrici di tabacco, l’ente End Smoking NZ ha dichiarato che lo scorso anno sono state vendute 410 milioni di sigarette in meno rispetto a due anni fa, sottolineando quanto sia importante incoraggiare i fumatori a passare ad alternative più sicure.

Non è un caso, infatti, se proprio il Ministero della Salute della Nuova Zelanda lo scorso agosto promuoveva l’iniziativa QUIT STRONG, un sito che permetteva a chi voleva smettere di fumare di ricevere tutte le informazioni possibili sul vaping, definito un’alternativa “più economica e facile”.

Oggi, il fatto che lo svapo stia giocando un ruolo importante, è evidente dal calo delle vendite di sigarette. “Questo rapido calo delle vendite di sigarette dimostra che i prodotti per lo svapo funzionano. Non c’è da stupirsi, però, se le aziende produttrici di tabacco continuano ad accogliere favorevolmente le restrizioni sugli aromi per preservare la longevità del tabacco tradizionale”, ha affermato Jonathan Devery, co-proprietario di Alt New Zealand e VAPO.

“Il successo dello svapo e l’enorme impatto che ha avuto sulle vendite di sigarette, è dovuto all’accessibilità e al fascino dello svapo per molti fumatori adulti. Gli adulti amano gli aromi e quelli che passano con facilità dalle sigarette allo svapo hanno bisogno di nicotina comparabile. Attuare restrizioni e limitare gli accessi e le vendite dei prodotti non è conveniente per la salute pubblica”, ha aggiunto Ben Pryor, co-proprietario di Alt New Zealand e VAPO.

Dai risultati di ASH (Action for Smokefree 2025), i dati che indicano che gli aromi sono essenziali per aiutare i fumatori a smettere di fumare, si apprende che limitarne la vendita per i vapers è inutile e controproducente. All’inizio di quest’anno, uno studio ASH ha rivelato anche quanto sia poco diffuso lo svapo tra gli adolescenti. Gli accademici dell’Università di Auckland e il ministro della Salute associato Jenny Salesa hanno dichiarato che in Nuova Zelanda non è scoppiata un’epidemia di svapo giovanile. Eppure, nonostante ciò, gli aromi saranno limitati per qualche maldestro tentativo di rimediare a un problema che non è nemmeno reale.

Valutando un sondaggio ASH, i ricercatori dell’Università di Auckland, hanno scoperto che solo lo 0,8% dei partecipanti erano dei vapers giornalieri che non avevano mai fumato prima. Il 3,1% degli intervistati ha affermato di aver svapato quotidianamente e il 37,3% ha affermato di averlo provato.

Per concludere, i ricercatori hanno dichiarato che non ci sono prove di un’epidemia di svapo adolescenziale in Nuova Zelanda, né tantomeno di un vasto numero di svapatori giovani che è dipendente dallo svapo.