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Dati incoraggianti sulla diffusione del Coronavirus a Troina

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Si è conclusa la prima parte dello studio condotto dal CoEHAR dell’Università degli Studi di Catania, in collaborazione con la Duke University (USA), l’Irccs Oasi Maria SS. di Troina, il Comune stesso e la Lega Italiana Anti Fumo (LIAF) su un ampio campione di residenti Troinesi e su centinaia di dipendenti dell’Istituto Oasi per valutare la prevalenza delle avvenute infezioni da coronavirus.

Ricordiamo che Troina era stata dichiarata zona rossa dal 29 Marzo al 1 Maggio 2020 per via dell’elevato numero di casi di contagio registrati presso l’Irccs. 

Gli operatori del progetto hanno effettuato valutazioni sierologiche e hanno somministrato questionari non solo per valutare la prevalenza delle pregresse infezioni da coronavirus ma anche per valutare l’impatto del fumo sulle infezioni da SARS-COV-2 e sulla sintomatologia da COVID-19. Tutti i test sono stati offerti gratuitamente alla popolazione e al personale dell’Oasi.

Nell’indagine su base volontaria, sono stati coinvolti 1312 cittadini, distribuiti per sesso ed età e pari a circa il 14% del totale degli abitanti, mentre per l’Istituto Oasi 474 dipendenti pari a circa il 70% degli operatori attivi. Dai risultati è emerso che dei 1312 volontari, solo 26 (il 2%) sono venuti a contatto con il virus, mentre tra i dipendenti dell’Istituto Oasi sono state rilevate 71 positività su un totale di 474 operatori sanitari sottoposti al test (il 15%)

Questa prima fase della ricerca è iniziata il 27 luglio scorso e si è conclusa a fine settembre. L’indagine proseguirà nei prossimi mesi per valutare se l’immunità acquisita con il contatto del coronavirus viene mantenuta nel tempo e si muoverà su due direttrici parallele: una per tutti coloro che sono risultati positivi e l’altra su un numero ristretto di negativi, al fine di costituire un gruppo di controllo che sarà individuato con metodo casuale (random). Anche in quest’ultimo caso il reclutamento delle persone individuate sarà sempre sulla base di un consenso volontario. La collaborazione tra i vari enti coinvolti ha rappresentato un importante valore aggiunto per il raggiungimento di questo primo obiettivo. 

Lo studio con il test sierologico ha permesso di individuare le persone che sono entrate in contatto con il virus e che hanno sviluppato anticorpi, anche in assenza di sintomi, i cosiddetti asintomatici. 

I risultati emersi – ha detto il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR – sono in linea con i dati che emergono da altri centri europei e ci consentiranno di capire come gestire al meglio le future campagne vaccinali anti-Coronavirus

L’Oasi di Troina ha dato un contributo notevole nell’ambito della gestione del progetto di ricerca mettendo a disposizione personale del proprio Istituto, un referente clinico e ha inoltre gestito tutte le fasi che hanno caratterizzato il processo di analisi dei campioni ematici. Nell’indagine sono stati coinvolti anche lo spin off accademico ECLAT, il Gruppo Volontari Protezione Civile del territorio, la Lega Italiana Anti Fumo e il team dei prelievi della rete Krealab dei laboratori di analisi della C.I.D.E.C. Federazione Sanità. Fermo restando il progetto e l’avvio della sua seconda fase, si confida nella massima collaborazione dei cittadini per il rispetto rigoroso delle regole di prevenzione indicate nel nuovo decreto, il distanziamento sociale e l’uso dei sistemi di protezione. 

Fonte: Ufficio stampa CoEHAR

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PARTE A TROINA IL PRIMO STUDIO TRA CoEHAR, DUKE UNIVERSITY E IRCCS OASI MARIA SS. DI TROINA PER VERIFICARE LA CORRELAZIONE ESISTENTE TRA ABITUDINE AL FUMO E COVID-19

Australia: l’Università del Queensland presenta un piano radicale per eliminare il fumo

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Gli studi condotti dall’Università del Queensland hanno affermato che la prevalenza di fumo in Australia è di poco inferiore al 15 per cento, ma è necessaria una tabella di marcia dettagliata per ridurre tale cifra a zero. Tra le proposte dello stato australiano, la più audace sembrerebbe quella proveniente dal Centre for Research Excellence on Achieving the Tobacco Endgame (CREATE) che suggerisce di ridurre il numero di rivenditori di tabacco e di limitare le vendite a particolari punti vendita come le farmacie.

“L’Australia, leader mondiale nel controllo del tabacco, è stata all’avanguardia in molte nuove politiche”, ha affermato il professor Coral Gartner, direttore del CREATE. “Un’efficace strategia potrebbe aiutare i governi, i rivenditori e le persone che fumano a passare a una società senza fumo”.

ll professore Gartner ha dichiarato che dei piani specifici e un calendario devono ancora essere determinati, ma i ricercatori del Centro hanno suggerito di interrompere le vendite alle persone nate dopo un anno specifico e di eliminare gradualmente le vendite di sigarette.

I dati del Ministero della Salute hanno mostrato che circa 2,3 milioni di persone fumano tabacco ogni giorno in Australia, meno del 15% degli adulti, tale abitudine causa quasi un decesso su sette.

Il Governo federale mira a ridurre tale cifra al 10% entro il 2025.

University of East Anglia: ecig meglio di cerotti e gomme per smettere di fumare

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Una ricerca recente aggiorna i dati della Cochrane Review del 2016, aumentando i numeri degli studi considerati che confermano l’efficacia delle ecig nei percorsi di smoking cessation 

Sempre più studi confermano l’importanza delle ecig, e dei dispositivi a rischio ridotto in generale, come valido supporto a tutti coloro che vogliono smettere di fumare.

Nuovi aggiornamenti provengono infatti da una ricerca dell’University of East Anglia, che aggiorna il numero di studi compresi nella Cochrane Review, non più modificata dal 2016.

La review ora comprende un totale di 50 studi: tre di questi, che comparano l’utilizzo delle ecig con l’utilizzo delle terapie sostitutive come cerotti o gomme, dimostrano come il totale di tassi di abbandono della sigaretta convenzionale sia più alto tra coloro che utilizzano l’elettronica piuttosto che i metodi tradizionali.

In percentuale, 6 persone su 100 smettono grazie alle terapie convenzionali, mentre, se consideriamo le ecig, la percentuale sale a 10 su 100. Altri quattro studi (su un totale di 2312 soggetti) hanno evidenziato come la sola terapia comportamentale, o la totale mancanza di supporto, non portano agli stessi risultati in termini di cessazione rispetto all’utilizzo delle sigarette elettroniche. Percentuali che si attestano sui 4/6 soggetti in più ogni 100 in grado di smettere grazie a i dispositivi a rischio ridotto.

Secondo Caitlin Notley, della UEA’s Norwich Medical School, “a differenza delle gomme alla nicotina o dei cerotti, le ecig mimano l’esperienza del fumo perché sono dispositivi che si reggono in mano e producono un vapore simile al fumo della sigaretta … senza esporre chi fuma o chi li circonda al fumo della sigaretta convenzionale ma utilizzandole per fornire l’apporto di nicotina richiesto”.

Secondo la professoressa, l’approcciarsi della stagione invernale, e relative sintomatologie influenzali, e il timore per l’aumento di infezioni da coronavirus, pone l’attenzione, ora più che mai, sulla necessità per i fumatori di smettere di fumare: le ecig rappresentano una possibilità anche per coloro che hanno fallito in passato.

L’autore principale di questo aggiornamento, Jamie Hartmann-Boyce del Cochrane Tobacco Addiction Group,ha dichiarato: “Le ecig sono una tecnologia in continuo sviluppo. Le moderne sigarette elettroniche permettono il rilascio di nicotina in maniera migliore di quelle che sono state utilizzate per gli studi considerati e sono necessarie ulteriori ricerche per verificare se i tassi di abbandono del fumo tradizionale sono influenzati dal tipo di sigarette elettronica utilizzata”.

Il ricercatore sottolinea come siano necessari ulteriori studi per valutare gli effetti a lungo termine delle ecig. Lo scopo è mantenere la review periodicamente aggiornata per permettere ai fumatori, ai ricercatori e al personale sanitario di valutare effetti positivi e negativi dell’utilizzo di un prodotto che, ad oggi, potrebbe rappresentare lo strumento per eccellenza nella lotta al fumo. 

Smettere di fumare per prevenire il cancro al seno

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cancro al seno

Il mese di ottobre si tinge di rosa, per omaggiare e sostenere la ricerca e la prevenzione del cancro al seno. Un evento importante, mai come quest’anno che, segnato dalla pandemia da Covid-19, ha portato molte donne a rinunciare o posticipare i controlli di routine.

Sono tante le campagne e le iniziative attive in questo mese d’autunno: molti ambulatori in tutto il territorio italiano garantiscono la possibilità di sottoporsi a visite senologiche gratuite e, con l’occasione, diventano un momento di condivisione, dove cercare consigli, trovare materiale informativo e ricevere piccoli consigli da attuare nel nostro quotidiano.

Spiegare infatti come effettuare l’autopalpazione, significa sensibilizzare alla prevenzione di questo tipo di neoplasia, che ricordiamo colpisce una donna su nove.

I tumori mammari rappresentano il 30% della totalità di tumori maligni diagnosticati alle donne: nel 2019, i nuovi casi di carcinomi della mammella nel nostro paese sono stati 53.200. Dati che gettano una luce una una patologia con un indice di sopravvivenza a 5 anni pari all’87%.

Oggi prevenzione e informazione sono le armi più affilate che possediamo e, insieme ad analisi sempre più precoci e trattamenti mirati, permettono di aumentare le chance di sopravvivenza al cancro al seno. Purtroppo, molte pazienti aspettano ancora risposte specifiche per le forme più aggressive, che non rispondono alle terapie ad oggi disponibili, come per il tumore al seno triplo negativo, che compare già in giovane età, e per il carcinoma mammario metastatico, che colpisce circa 37.000 donne italiane.

Se avvertite qualcosa di sospetto, non esitate a prendere un appuntamento: la diagnosi precoce riveste infatti un ruolo fondamentale, al pari dei trattamenti diagnostici come la mammografia e l’ecografia, e della chemioterapia e della radioterapia.

Ma prevenzione significa anche avere uno stile di vita sano: smettere di fumare ed avere un’alimentazione equilibrata e ricca di vegetali sono strategie che possono fare la differenza.  

Siete donne fumatrici?

Sappiate che chi smette ha più possibilità di un esito positivo: è stato infatti provato da diversi studi la correlazione tra il fumo di sigaretta convenzionale ed il carcinoma della mammella. Una scelta, quella di smettere di fumare, che deve essere favorita da chi ci circonda: gli effetti negativi in termini di decorso patologico possono presentarsi anche a causa del fumo passivo.

I senologi (cosi tutti gli operatori sanitari in realtà) hanno il dovere di avvertire tutte le loro pazienti sui danni causati dal fumo e sulle possibili strade da intraprendere per uscire dal tabagismo.

Affidarsi ad un centro specializzato in smoking cessation è la prima scelta, il primo vero grande passo. In Italia, esistono tantissimi centri antifumo con personale specializzato che accompagna i fumatori verso un percorso si cessazione personalizzato ed efficace. Ti basta scegliere quello più vicino a casa tua per trovare una consulenza specifica e scegliere insieme ad un operatore lo strumento più efficace per iniziare una nuova vita senza fumo.

CDC: il declino dello svapo tra i giovani

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Un recente articolo pubblicato su Filtermag analizza la vicenda che ha visto protagonista il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC).

Il CDC ha reso pubbliche le ultime ricerche americane riguardanti il declino dello svapo tra i giovani e si è scoperto che il numero dei giovani statunitensi che svapano è diminuito di quasi 2 milioni.

Il CDC ha dichiarato che il 19,6% degli studenti provenienti dalle scuole superiori e il 4,7% degli studenti provenienti dalle scuole medie fa un uso frequente delle sigarette elettroniche, ma che la grande maggioranza, invece, non ne fa un uso quotidiano. Solo il 38,9% dei vapers delle scuole superiori e il 20% dei vapers delle scuole medie ha dichiarato di svapare almeno 20 giorni in un mese.

Secondo Robert Redfield, direttore del CDC di Atlanta (Georgia), è un risultato positivo che il numero dei giovani svapatori sia in diminuzione, ma in un comunicato stampa ha recentemente affermato che: “Anche se l’uso delle sigarette elettroniche tra i giovani della nostra nazione è diminuito, e questo è un risultato notevole per la salute pubblica, il nostro lavoro non si è affatto concluso”.

L’obiettivo del CDC è quello di impegnarsi a sostenere gli sforzi per proteggere i giovani da tutti i rischi attraverso il controllo e la prevenzione per la salute.

Ma ad attaccare il CDC, è stato David Sweanor, professore di diritto e presidente del comitato del Centro per il diritto della salute presso l’Università di Ottawa, in Canada. Secondo il docente, il CDC non sarebbe stato obiettivo nella valutazione a causa delle diverse pressioni amministrative.

Nonostante queste posizioni, resta comunque la prospettiva validata scientificamente della enorme percentuale di riduzione del danno a cui sono comunque esposti questi giovani, che, diversamente, avrebbero consumato solo sigarette convenzionali. I dati mostrano, infatti, che l’uso frequente e la dipendenza dalla nicotina sono comunque rari tra i giovani che non hanno mai fumato.

“Il fumo, che è di gran lunga il comportamento più pericoloso, continua a essere in declino durante l’era della popolarità dello svapo tra gli adolescenti”, ha dichiarato Kenneth Warner, professore presso la School of Public Health dell’Università del Michigan.

“I media e la politica dovrebbero continuare ad adoperarsi per ridurre l’esposizione dei giovani a tutti i prodotti a base di nicotina e tabacco”, hanno scritto Mendez e Warner. “Ma, non dovrebbero farlo a scapito di limitare il potenziale di tali prodotti per aiutare i fumatori adulti a smettere”.

“Esistono prove a dimostrazione del fatto che l’aumento della vaporizzazione giovanile sia associato a un rapido declino del fumo”.

Clive Bates, consulente ed ex direttore di Action on Smoking and Health (Regno Unito), ha affermato che il CDC aveva omesso una determinante area dai suoi set di dati.

“I dati chiave mancanti riguardano ciò che è successo ai giovani fumatori”, questo è quello che è stato rilasciato sula rivista Filter. “Quei dati sono stati trattenuti, quindi non sappiamo se il declino della vaporizzazione sia stato accompagnato da un aumento del fumo. Dato che il fumo è probabile che sia almeno venti volte più dannoso dello svapo, piccoli aumenti del fumo possono facilmente compensare il grande calo di vaporizzazione”.

Per Bates, i numeri dello svapo giovanile potrebbero rappresentare una cattiva notizia, ma non per le ragioni presentate dal CDC.

Ad agosto, il CDC ha anche pubblicato i risultati dell’indagine più ripetuta nell’ultimo periodo riguardo il Sistema di Sorveglianza dei Comportamenti a rischio Giovanili, che serve come fonte significativa di informazioni sui comportamenti a rischio più comuni tra i giovani.

È emerso che quasi un terzo degli studenti delle scuole superiori intervistati ha svapato. Nel frattempo, solo il 6% fumava sigarette, mentre un numero simile fumava sigari. Dato che lo svapo è circa il 95% più sicuro del fumo, secondo un’analisi spesso citata dalla Public Health England, la recente prevalenza comparativa del primo tra i giovani consumatori di nicotina è significativa.

Resta da vedere se gli sforzi stabiliti dall’istituzione sanitaria pubblica statunitense volti a ridurre i tassi di vaporizzazione dei giovani avranno conseguenze indesiderate.

ISPM – la scuola per Project Manager in ambito clinico promossa dal CoEHAR di Unict riparte per la sua seconda edizione

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I numeri della prima edizione della ISPM, International Summer School on Project Management del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, avevano già lasciato intendere che sarebbe stata un successo. Quindici giovani project manager nel 2019, arrivati da più di 10 Paesi diversi, due contratti di collaborazione in corso, una community attiva ogni giorno sui temi del project management e tre progetti già al vaglio di grandi aziende del settore. Su queste basi, la seconda edizione di ISPM non poteva non partire con numeri raddoppiati. 

Su 140 domande di partecipazione arrivate da più di 40 Paesi diversi, sono stati selezionati quest’anno 30 partecipanti provienienti da tutto il mondo. Vista la pandemia di COVID-19 che rende ancora poco agevoli gli spostamenti, l’edizione 2020 è stata posticipata a Marzo 2021 ma la lezione inaugurale si terrà on-line Giovedì 8 ottobre alle ore 14 e vedrà la partecipazione degli studenti, dei docenti e di tutti i partner istituzionali. 

Per l’Ateneo, ad aprire i lavori ci sarà la prof.ssa Vania Patanè, Pro-Rettore dell’Università degli Studi di Catania. Con lei anche il direttore del CoEHAR, prof. Giovanni Li Volti; il suo fondatore, prof. Riccardo Polosa ed il coordinatore di ISPM, dott.ssa Daniela Saitta.  

Durante l’evento, due ex studenti, Hesham Nasr e Marta Mangione, racconteranno della loro esperienza lavorativa iniziata grazie a ISPM nel 2019.  

Lezione Inaugurale 

Programma 

Intervento delle Istituzioni accademiche

Testimonials di ISPM 2019: Hesham Nasr e Marta Mangione (Project Managers)

Docenti ISPM

  • Daniela Saitta (CoEHAR – Coordinatore di ISPM)
  • Giacomo Franco (PMI- SIC, Project Management Institute Southern Italy Chapter)
  • Edoardo Grimaldi (PMI- SIC, Project Management Institute Southern Italy Chapter)
  • Paolo Fidelbo (PMI- SIC, Project Management Institute Southern Italy Chapter)
  • Rosario Faraci (Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Catania)
  • Lorenzo Vetrano (Agile Coach, Bax Energy)
  • Denise Stevens (Presidente e fondatrice di Matrix Population Health Strategies)
  • Axel Klein (Research Fellow, Global Drug Policy Observatory)

Presentazione degli studenti ISPM

Usha Rani (India), Giada Li Calzi (Italia), Nicola Pizzichillo (Italia), Ankit Parolia (India), Andrea Amenta (Italia), Margarita Flores (Guatemala), Joseph Magero Omoto (Kenya), Zubair Malik (Pakistan), Kishore Kumar Subramanian (India), Anela Plescan (Romania), Manpreet Kaur (India), Nadia Angelska (Bulgaria), Vesara Ardhe Gatera (Indonesia), Maria Paula Oshio Mariano (Brasile), Olatunji Uche (Nigeria), Hubert Put (Polonia ), Maciej Sobczyk (Polonia), Silvia Boffo (USA), Alba Corina Romeo (El Salvador), Maria Ahmed Qureshi (Pakistan), Viktoria Kostova (Bulgaria), Bonifacio Monti (Italia), Vincent Makwiti (Malawi), Nwaka Mwambene (Malawi), Alaa Ben Abdallah (Tunisia), Husam Rajab (Palestina), Walid Ihadjadjen (Algeria), Slobodanka Kostic (Bosnia ed Erzegovina), Vanessa Susana Gonçalves da Cunha (Portogallo), Clara Vieira (Portogallo)

Il team dell’Institute of Tecnology ha ideato mattoni di argilla contenenti mozziconi di sigaretta

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Il nostro ecosistema è messo a dura prova da tanti tipi di inquinamento come quello dei mozziconi di sigaretta, il primo passo è quello di informare i fumatori della composizione del filtro e sensibilizzarli a smaltirle correttamente, poiché spesso si pensa siano biodegradabili e invece non è così.

La degradazione dei mozziconi è rapida nei primi mesi ma poi si arresta del tutto rimanendo nell’ambiente, dando vita a sostanze tossiche.

Tutto ciò ha un forte impatto ambientale dimostrato da varie ricerche.

Purtroppo l’abbandono di mozziconi è una pratica molto diffusa, basti pensare che ogni giorno in Italia, ne vengono gettati oltre 195mila, anche se diversi progetti sperimentali dimostrano come si possano riciclare fornendo energia e materiali industriali. I filtri spesso contengono metalli pesanti come arsenico, cromo, nichel e cadmio.

Tante sono le soluzioni per riciclare questo rifiuto, una in particolare:

Il team dell’Institute of Tecnology ha ideato dei mattoni di argilla contenenti mozziconi di sigaretta all’1%, i quali hanno le stesse caratteristiche dei laterizi tradizionali ma utilizzando meno energia e costi per la produzione. Oltretutto pare che questi mattoni risulterebbero più leggeri e che potrebbero garantire un migliore isolamento termico offrendo un notevole risparmio su riscaldamento e raffreddamento nelle case. Ci vogliono fino a trenta ore per riscaldare e cuocere i mattoni, con un notevole risparmio finanziario. I mozziconi possono impiegare anni prima di decomporsi, ma durante la cottura del coccio le sostanze inquinanti vengono intrappolate e rese innocue dal mattone stesso. Quindi da un lato si ridurrebbe l’inquinamento, dall’altro si abbasserebbero i costi dei materiali di costruzione, ricordando che le sigarette inquinano fortemente l’ambiente, oltre a danneggiare la salute dei fumatori e di chi li circonda.

GTFN 2020: sostenibilità e innovazione sono fondamentali per il futuro della riduzione del danno da tabacco

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Quali sono le migliori pratiche che l’industria del tabacco dovrebbe seguire per realizzare un cambiamento sostenibile attraverso l’innovazione e la regolamentazione? Questa è stata la domanda su cui si è concentrato il Global Tobacco and Nicotine Forum di quest’anno, GTFN 2020. Le risposte sono state presentate da esperti di aziende innovative del settore, organizzazioni non governative, mondo accademico e governi.

Il GTFN ebbe inizio nel 2008 a Rio de Janeiro e quest’anno giunge all’undicesima edizione. Da allora si è sviluppato attraverso uno scambio globale di opinioni e idee tra esperti di salute pubblica, funzionari governativi, investitori e l’industria della nicotina. A causa dell’epidemia COVID-19, l’incontro di quest’anno si è tenuto online e con grande successo. I relatori provenivano da 23 paesi diversi e hanno attirato oltre 1.400 partecipanti.

L’edizione di quest’anno ha visto la partecipazione dello scrittore e membro della Camera dei Lord del Parlamento britannico Matt Ridley; l’eurodeputato, vicepresidente della Commissione per il commercio internazionale del Parlamento europeo, Juliu Winkler; Derek Yach, Presidente della Fondazione Smoke Free World; il direttore del Tobacco Products Center (FDA) della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti e Ian Paisley, deputato per North Antrim, Regno Unito. Altri partecipanti degni di nota furono Clive Bates, direttore di Controfattuale; Konstantinos Farsalinos, ricercatore presso Onassis Cardiac Surgery Center; David Levy, professore di oncologia alla Georgetown University; Sally Satel, studiosa residente presso l’American Enterprise Institute e docente di psichiatria all’Università di Yale; Marewa Glover, direttore del Centro di eccellenza della ricerca sulla sovranità e il fumo indigeni; e Karl Fagerstrom, psicologo clinico presso il Smokers Information Center in Svezia.

Tra le presentazioni Kingsley Wheaton, Chief Marketing Officer di BAT Group (CMO), che ha tenuto un discorso evidenziando un cambiamento significativo nella direzione dello sviluppo delle politiche legate al tabacco. Ha introdotto cambiamenti commerciali promuovendone l’innovazione e la sostenibilità.

Sono state presentate diverse linee guida. In primo piano: il ruolo positivo della scienza, le prospettive basate su delle prove, la libertà di innovazione, la comunicazione e il marketing responsabile.

“Il GTFN è ora un evento globale” ha dichiarato il Prof. Riccardo Polosa, Fondatore del CoEHAR. “I dati mostrano che se è disponibile un’alternativa meno dannosa valida, le sigarette convenzionali possono essere gradualmente eliminate. Per accelerare questo processo, è fondamentale garantire la massima qualità della ricerca per portare alla giusta strada l’innovazione dei prodotti. Milioni di fumatori dovrebbero avere il diritto di scegliere di passare a prodotti meno nocivi e ridurre così il rischio per la loro salute”.

In uno dei panel, Derek Yach, Presidente della Fondazione Smoke Free World, ha annunciato la pubblicazione del Tobacco Transformation Index, che mira ad accelerare la riduzione dei danni causati dal consumo di tabacco. Gli obiettivi principali dell’indice sono promuovere l’eliminazione graduale dei prodotti del tabacco ad alto rischio e accelerare lo sviluppo di alternative a rischio ridotto per i consumatori. L’indice mira a garantire la coerenza delle attività di riduzione del danno nei mercati mondiali con linee guida condivise.

Ciò che è diventato più chiaro durante le discussioni al GTNF 2020 è l’importanza di sottolineare che la nicotina non è la causa del danno, ma la combustione. Pertanto, gli investitori, i responsabili delle politiche, le parti interessate e i fumatori dovrebbero agire di conseguenza per porre fine all’uso dei prodotti a combustione ed evitare milioni di morti. Gli sforzi devono concentrarsi sulla transizione alla consegna di nicotina non a combustione.

Ecigs: in Italia è boom di vendite

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Il boom di vendite di ecigs ha fatto sì che l’Italia si classificasse al quinto posto tra i paesi che più utilizzano le sigarette elettroniche. Diversi, infatti, i trend positivi registrati nel nostro paese.

Le campagne sugli effetti nocivi del fumo si portano avanti ormai da molto tempo ma non si era mai assistito a una diminuzione di sigarette convenzionali, soprattutto in termini di consumo.

Ma qual è la motivazione di questo risultato? Sicuramente il merito è di tutti quei nuovi prodotti che erogano nicotina senza combustione e che risultano essere meno dannosi: le ecigs.

Lo scorso 11 settembre, anche il Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha confermato il trend positivo sul calo delle vendite di sigarette convenzionali, e per la prima volta il dato ha segnato la diminuzione delle vendite dovute proprio all’aumento dei consumatori di prodotti senza combustione.

Diversi anche gli studi che hanno dimostrato e confermato che la maggior parte degli utilizzatori di sigarette elettroniche sono quasi tutti ex fumatori, questo perché le sigarette elettroniche sono considerate un valido strumento nei percorsi di smoking cessation. Le ecigs sono utilizzate prevalentemente per smettere di fumare, per abbandonare del tutto la sigaretta convenzionale.

Che il boom di vendite di ecigs sia scoppiato per moda anche in Italia? Quello che sappiamo e che è ormai certo è che lo svapo sia più sicuro del fumo e la percentuale del 95% lo conferma.

Sono e continuano a essere molti gli esperti del settore e i centri antifumo che in Italia appoggiano le tecniche di smoking cessation, tra questi il CoEHAR di Catania che da anni mette a disposizione un team di accademici sempre pronto a rivoluzionare la scienza e l’innovazione. Le nuove linee guida dei centro antifumo rappresentano ogni giorno un passo fondamentale nella lotta contro il fumo e l’efficacia delle ecigs contribuisce a far salire i trend di vendita del nostro paese.

Il 63% degli italiani ha ridotto l’utilizzo di tabacco e sigarette tradizionali e ha affermato che grazie all’utilizzo delle ecigs è possibile smettere di fumare.

Le 15 più grandi aziende di tabacco non progrediscono nella riduzione del danno

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New York, 23 Settembre 2020Tobacco Transformation Index, è l’indice che rileva come la maggior parte delle 15 maggiori aziende produttrici di tabacco non sta compiendo progressi sostanziali nell’eliminazione graduale delle sigarette e di altri prodotti di tabacco ad alto rischio.

Solo poche aziende hanno assunto impegni pubblici per la riduzione del danno sostenendo investimenti significativi. La maggior parte delle aziende non lo ha ancora fatto.

Con 1,3 miliardi di consumatori di tabacco nel mondo, di cui 8 milioni muoiono ogni anno per malattie legate al fumo, la posta in gioco per la salute globale è molto alta.

Tobacco Transformation Index è il primo indice a classificare le 15 più grandi aziende produttrici di tabacco del mondo (che rappresentano quasi il 90% del volume globale di sigarette) in base alle loro prestazioni relative all’impegno nel fornire progressi e nel sostenere la riduzione del danno da tabacco. L’indice 2020 valuta tutte le attività delle aziende produttrici di tabacco dal 2017 al 2019 relative a: strategia e gestione, vendita di prodotti, allocazione del capitale, offerta di prodotti, marketing, attività di lobbying e difesa.

Tobacco Transformation Index 2020 classifica al primo posto Swedish Match, che ha ceduto la sua attività di sigarette nel 1999. Seguono: Phillip Morris International, British American Tobacco, Altria, Imperial Brands, Japan Tobacco, KT&G, ITC Ltd., Swisher International, Tobacco Authority of Thailand, Vietnam National Tobacco, Gudang Garam, Djarum, Eastern Co. e China National Tobacco Corp.

“Ispirato dal successo dimostrato dagli indici focalizzati su altri settori, l’obiettivo del Tobacco Transformation Index è quello di stimolare la pressione esterna e la concorrenza del settore necessaria per eliminare la combustione dal mercato delle sigarette, accelerare il cambiamento e ridurre le malattie”, ha affermato il dott. Derek Yach, presidente della Foundation for a Smoke-Free World. “La società e i grandi investitori istituzionali come banche e fondi pensione, che rappresentano l’85% degli investimenti nelle società di tabacco quotate in borsa, hanno la possibilità per spingere la gestione delle società del tabacco a prendere misure che migliorano notevolmente la salute”.

I progressi dell’industria nella riduzione del danno da tabacco non sono sufficienti

Nel 2019, 13 delle 15 società produttrici di Tobacco Transformation Index hanno generato almeno il 95% del valore netto delle vendite attraverso prodotti del tabacco ad alto rischio, comprese le sigarette. Nel 2019, le vendite di prodotti a rischio ridotto di Swedish Match hanno rappresentato il 44% delle sue vendite nette, seguite da Philip Morris International al 19% e British American Tobacco e KT&G al 5% ciascuna. Nel periodo 2017-2019, otto delle 15 società hanno assegnato il 10% o meno delle spese di ricerca e sviluppo in prodotti a rischio ridotto rispetto a prodotti ad alto rischio. Durante il periodo di revisione dell’Indice del 2017-2019, diverse società tra cui British American Tobacco, Japan Tobacco, Philip Morris International e KT&G Corp, hanno effettuato acquisizioni principalmente di aziende di sigarette. Queste acquisizioni erano spesso concentrate sui paesi a reddito medio-basso (LMIC), dove i tassi di fumo sono più alti. Tra le sei aziende che si sono impegnate pubblicamente per la riduzione del danno, tra il 30% e il 55% del budget di marketing era ancora destinato a prodotti ad alto rischio, comprese le sigarette.

“Le aziende produttrici di tabacco stanno ancora spendendo una quantità significativa dei loro budget di marketing per prodotti ad alto rischio e, sebbene una manciata abbia aumentato la propria attenzione sulla prevenzione dell’accesso dei giovani, l’impatto di queste politiche non è ancora chiaro”, ha affermato il dott. Yach.

I progressi complessivi nella riduzione del fumo rimangono frustranti e procedono lentamente. Per accelerare il progresso, sono necessarie nuove strategie e strumenti per integrare gli sforzi in corso per il controllo del tabacco. Uno sforzo che trasformi l’industria globale del tabacco attraverso una strategia di riduzione del danno potrebbe ridurre gli attuali rischi per la salute degli utenti e alla fine aiutarli a smettere definitivamente di fumare.

Tabacco di proprietà statale incentrato sulla vendita di sigarette

È stato riscontrato che nove delle 15 maggiori aziende produttrici di tabacco del mondo non hanno alcun impegno attivo per la riduzione del danno da tabacco e/o hanno annunciato obiettivi per aumentare la produzione e le vendite di prodotti del tabacco ad alto rischio. In questo gruppo, China National Tobacco Corp. (CNTC), Vietnam National Tobacco Corp. e Tobacco Authority of Thailand sono imprese di proprietà del governo al 100%. Altre società come Eastern Tobacco Co. (51%), Japan Tobacco (33%) e ITC Ltd. (24%) hanno partecipazioni pubbliche parziali. CNTC, il più grande produttore e distributore di sigarette al mondo, controlla circa il 44% della quota di mercato globale delle sigarette. Un nuovo studio di ricerca, “Contradictions and Conflicts“, dell’esperto di Business e Corporate Governance Internazionale Daniel Malan, rileva che quasi il 50% del mercato globale delle sigarette combustibili è controllato dai governi firmatari della Convenzione e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul Controllo del Tabacco (FCTC).

FCTC è progettato per ridurre l’offerta e la domanda di tabacco e principalmente per migliorare la salute pubblica. Delle sei società con un certo grado di proprietà statale nell’Indice, cinque si trovano nella metà inferiore della classifica. Se le aziende produttrici di tabacco di proprietà statale dovessero abbracciare la riduzione del danno da tabacco, potrebbero avere un impatto significativo sulla salute dei loro cittadini, affrontando al contempo le esigenze fiduciarie in modo sano.

Le aziende del tabacco concentrano gli sforzi sui prodotti a rischio ridotto sui paesi a reddito più alto

Le aziende che offrono prodotti a rischio ridotto stanno concentrando i loro sforzi principalmente su paesi selezionati a reddito medio-alto, dove i tassi di fumo complessivi sono inferiori e le vendite di sigarette sono già in calo.

Tre grandi multinazionali – British American Tobacco, Japan Tobacco e Philip Morris International – offrono collettivamente prodotti a rischio ridotto in 15 dei paesi a reddito medio-alto nell’ambito dell’indice 2020 di 36 paesi.

Tuttavia, le loro alternative a rischio ridotto raggiungono solo tre paesi a reddito medio-basso (LMIC). “Questo primo indice di trasformazione del tabacco conferma il fatto che questo settore sia solo all’inizio di un lungo viaggio. Il vero progresso arriverà quando vedremo tutte le aziende del tabacco eliminare gradualmente le loro attività di sigarette combustibili. Ma affinché ciò sia possibile, i governi devono implementare regolamenti più intelligenti che supportano la transizione e l’OMS dovrebbe sostenere attivamente la riduzione del danno da tabacco. I divieti, come l’appello dell’Unione a vietare la vendita di sigarette elettroniche e prodotti del tabacco riscaldati negli LMIC, non sono la risposta e ostacolano solo il progresso”, ha affermato il dott. Yach.

Il Tobacco Transformation Index è stato sviluppato dal 2019-2020 attraverso una revisione della ricerca quantitativa e qualitativa condotta con le sovvenzioni ricevute dalla Fondazione dai consulenti Euromonitor International, con la guida di un comitato consultivo indipendente e un programma globale di coinvolgimento degli stakeholder organizzato dalla società di consulenza SustainAbility. L’indice 2020 si basa su una valutazione di 35 indicatori chiave nel periodo 2017-2019.

L’analisi verrà aggiornata ogni due anni.

Per ulteriori informazioni, visitare www.tobaccotransformationindex.org.