giovedì, Gennaio 16, 2025
Home Blog Pagina 51

La conseguenza del lockdown in Francia? Più sigarette per i fumatori

0
Francia lockdown

Secondo uno studio pubblicato dalla Sanità pubblica francese (Santé publique France), i cittadini francesi hanno fumato di più durante il lockdown.

Per scoprirlo, lo studio in oggetto, avviato già nelle prime fasi del lockdown, ha seguito la popolazione francese per monitorarne i comportamenti.

L’aumento medio del numero di sigarette fumate dai fumatori quotidianamente (94% dei fumatori intervistati) è di 5 sigarette al giorno, l’aumento del consumo di tabacco è più frequente nei fumatori tra i 25 e i 34 anni (41%), e infine i lavoratori che lavorano a casa e che hanno subito lo stress da lockdown (37%).

In compenso, un quarto dei cittadini in Francia ha diminuito il consumo di alcol.

L’aumento del consumo di alcol è menzionato da persone di età inferiore ai 50 anni (tra il 14% e il 17% a seconda della fascia di età), individui che vivono in una città di oltre 100.000 abitanti (13% contro 9% degli abitanti di agglomerati con meno di 100.000 abitanti) e genitori di bambini di età inferiore ai 16 anni (18% rispetto all’8% degli intervistati senza bambini di età inferiore ai 16 anni).

Note Viêt Nguyen Thanh, coordinatore dell’unità dipendenze nel dipartimento di prevenzione e promozione della salute di Public Health France, ha dichiarato:

La noia, la mancanza di attività, lo stress e il piacere sono i motivi principali citati dai fumatori o dai consumatori di alcolici che ne hanno aumentato il consumo. Si noti inoltre che l’aumento sia del tabacco che dell’alcool è correlato al rischio di ansia e depressione.

Sin dall’inizio del lockdown, la Sanità pubblica della Francia ha messo a disposizione diversi sistemi di assistenza sanitaria per fornire informazioni e supporto legati al tabagismo e all’alcolismo per tutti coloro che ne avesse bisogno, ma lo stress generato dalla situazione ha fatto sì che la necessità di ricorrere a tali servizi si avvertisse meno.

Tra le conseguenze delle misure restrittive di contenimento del virus, i cittadini francesi si sono diretti verso Perthus, città francese sul confine con la Spagna, per acquistare prodotti a base di tabacco presso i rivenditori spagnoli, che vendono a un prezzo inferiore rispetto le tabaccherie francesi.

Quello che sappiamo è che purtroppo il lockdown da Covid-19 ha portato molti fumatori ad aumentare il consumo quotidiano di tabacco. Il fine dei tanti sondaggi svolti in questo periodo è quello di carpire più dati possibili per valutare il comportamento dei tab agisti e impostare programmi di smoking cessation validi anche in situazioni critiche.

Liberati dal fumo. Seminario di promozione per la salute

0

ISCRIVITI AL WEBINAR DI LIAF

Nonostante il Covid-19, attraverso un webinar online, parte il progetto “Liberati dal Fumo. Seminario di promozione per la salute”, organizzato da Liaf Lega Italiana Anti Fumo in collaborazione con il CoEHAR Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, rivolgendosi a un pubblico di fumatori e non, per promuovere la cultura anti fumo e le numerose alternative per la riduzione del danno da tabacco.

L’appuntamento è previsto per martedì 26 maggio, dalle 10:00 alle 12:00, comodamente da casa con un panel scientifico di esperti LIAF e CoEHAR (medici, scienziati, psicologi, giornalisti ed esperti di promozione sociale).

Durante l’incontro online verranno esposti i rischi per la salute ai quali si può andare incontro a causa dell’abitudine al fumo di sigaretta, e saranno descritte le principali metodologie di smoking cessation e l’approccio clinico adottato nel Centro per la Prevenzione e Cura al Tabagismo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele” di Catania diretto dal Prof. Riccardo Polosa.

Scopo della sessione educativa e informativa, soprattutto in un periodo come questo, è quello di sensibilizzare famiglie, promotori di salute, docenti, scienziati, associazioni e professionisti del settore.

Il programma del webinar prevede i saluti iniziali del dott. Ezio Campagna (presidente LIAF), l’introduzione a cura del prof. Riccardo Polosa che illustrerà le nuove frontiere della ricerca sulla riduzione del danno da fumo insieme alla giornalista Elisa Monacorda. Seguiranno gli interventi del prof. Pasquale Caponnetto   e della dott.ssa Marilena Maglia che elencheranno i 10 metodi più efficaci per smettere di fumare. L’esperimento pratico in diretta streaming del dott. Carlo Maria Bellanca stupirà i giovani in collegamento ed, infine, le presentazioni del prof. Giovanni Li Volti , del prof. Sebastiano Battiato, del prof. Massimo Caruso e del dott. Antonio Pacino, si concentreranno sugli strumenti tecnologici per smettere di fumare, sulle nuove frontiere della ricerca di laboratorio, sulla possibilità di usare il cibo come supporto per smettere di fumare e sulle patologie dentali legate all’abitudine al fumo.

Dunque, un interessante webinar che vi consigliamo di non perdere il 26 maggio, con la possibilità di interagire con un comitato tecnico-scientifico a vostra disposizione, il tutto per non sottovalutare i rischi dalle malattie da fumo correlate, prevenzione e indicazioni per smettere di fumare, ricordandovi di aderire anche alla giornata mondiale senza tabacco del 31 maggio.

L’evento “Liberati dal Fumo. Seminario di promozione per la salute” è patrocinato dalla Banca di Credito Cooperativo BBC – La Riscossa di Regalbuto.

Per maggiori informazione sull’evento, visitate il sito di Liaf Magazine

o seguite la pagina Facebook: https://www.facebook.com/liaf.legaitalianaantifumo/

Covid-19 e Regno Unito: provare a smettere di fumare per paura del virus?

0

Un nuovo studio riportato dal quotidiano The Sun ha rivelato che una piccola parte dei cittadini britannici, ha abbandonato il vizio del fumo per proteggersi dal covid-19.

Questo nuovo sondaggio nasce dalla collaborazione di YouGov e Action on Smoking Healt (ASH): la preoccupazione di un possibile contagio ha fatto sì che molti cittadini inglesi smettessero di fumare e, in generale, che optassero per uno stile di vita più sano.

550.000 britannici hanno provato a smettere di fumare, 2,4 milioni hanno ridotto il numero di sigarette giornaliere, il 2% su 1.004 persone, secondo il sondaggio, ha smesso per la preoccupazione di contrarre il virus, l’8% ha dichiarato di voler smettere, il 36% ha dichiarato di aver smesso, il 27% di sentirsi, oggi, più motivato a smettere.

Considerati gli ultimi avvenimenti, sappiamo bene che di recente diversi studi (dagli Stati Uniti alla Francia) hanno rivelato la possibile correlazione tra il covid-19 e il fumo, ma allo stesso tempo non esiste una validazione scientifica che confermino ciò. Nonostante le notizie sulle probabilità di contrarre più facilmente il virus per i fumatori non siano veritiere, il numero dei tabagisti nel Regno Unito in questo preciso periodo storico è diminuito.

In una recente dichiarazione, Nick Hopkinson, presidente dell’ASH, ha spiegato come il fumo danneggia il sistema immunitario e di come quest’ultimo può indebolirsi al momento di combattere un’infezione: smettere di fumare significherebbe evitare problemi di salute come infarti e ictus, soprattutto in un momento del genere durante il quale è assolutamente consigliato stare lontani dagli ambienti ospedalieri.

#QuitforCOVID è la campagna nata su Twitter che ha incoraggiato a smettere di fumare, anche grazie all’aiuto del fondatore Charlie Kenward che afferma:

Smettere di fumare è la prima cosa che le persone dovrebbero fare per migliorare lo stato della propria salute e non c’è momento migliore di questo per farlo.

Il Governo inglese mira a eliminare il fumo nel Regno Unito entro il 2030 e spiega come questa sia tra le prime misure da adottare per raggiungere quel livello di salute pubblica che abbia come scopo primario il bene di tutti i cittadini.

Affinché questo accada, è molto importante sviluppare servizi di assistenza per tutti i fumatori, regolare le norme di controllo del tabacco e di tutti i prodotti per tabagisti, senza tralasciare, naturalmente, una certezza finanziaria a lungo termine.

Luciano Prandini: un manuale ironico per smettere di fumare

0

La redazione di Liaf ha avuto il piacere di intervistare Luciano Prandini.

Ciò che ha destato la nostra curiosità è che Luciano oltre ad appartenere alla categoria eletta degli scrittori, appartiene anche alla categoria degli ex fumatori, motivo per cui ci è sembrato utile raccontare e condividere la sua storia.

Luciano Prandini è inoltre poeta, vignettista, disegnatore e illustratore. Scrive poesie, romanzi, racconti, filastrocche, satira e si occupa di editing in quanto presidente e direttore della casa editrice no profit ROSSOPIETRA di Castelfranco Emilia (MO).

Luciano ci racconta che ha iniziato a fumare da giovane, per imitazione, assieme agli amici di infanzia. Iniziando dai sigari fabbricati, è arrivato alle sigarette tradizionali.

Come ha fatto a smettere?

Grazie al supporto di un evento inaspettato: la tosse secca” ha risposto.

Per Luciano, ogni boccata di fumo era carta vetrata. La sua unica possibilità era fumare senza inspirare, continua. Ma per Luciano sarebbe stato come dire “masticare senza deglutire”.

Durante l’intervista, ci confida che la storia che ha raccontato a noi, è quella che da sempre racconta anche a sua moglie, attuale fumatrice, con la speranza e l’intenzione di farla smettere. Ma di questa esperienza, diventata una storia molto ironica, Luciano ci ha fatto un vero e proprio racconto.

Dagli ammonimenti che si trovano sul pacchetto di sigarette come, per esempio, “il fumo uccide”, Luciano inizia a scrivere dei post-it: “il fumo uccide, gli altri”. Dai post-it, inizia a disegnare delle vignette ironiche, fino ad arrivare al suo ultimo lavoro, un libro che si intitola “Fumus Persecutionis. Manuale di de-re-sistenza per fumatori im-peninenti”.

Il libro di Prandini, come spiega lo stesso autore, ha alla base della struttura narrativa, l’ironia. Quell’ironia che aiuta a stemperare i drammi della vita.

Luciano afferma che:

Forse il miglior modo per sopravvivere agli avvertimenti calamitosi riportati sui pacchetti di sigarette è utilizzare il metro dell’ironia, che non cancella il male ma aiuta a non affogare nella nebbia dell’assuefazione. Si sa che ogni fumatore adduce i suoi buoni motivi per perdurare nel proprio vizio, allora forse può aiutare lo sguardo disincantato di chi lo guardi da fuori, e un pochino lo irrida!

Il libro racchiude al suo interno i testi più famosi della nostra letteratura e delle canzonette più popolari, accompagnati da illustrazioni che danno un valore in più ai testi. Quei testi che tracciano la figura di un fumatore impenitente, come suggerisce lo stesso titolo, che magari avrà così modo di rivedersi o “ravvedersi”.

Ne nasce, sicuramente, un lavoro molto singolare, dai toni colti e anche un po’ pop.

Quando abbiamo chiesto a Luciano cosa volesse offrire con il suo ultimo lavoro, lui ci ha risposto così:

Volevo offrire attraverso una gentile comicità, se non miracolistiche redenzioni, almeno squarci di sereno… e di consapevolezza. Ossigeno di cui, con i tempi che corrono, abbiamo tutti un disperato bisogno.

Il libro di Luciano Prandini è stato pubblicato dalla casa editrice ROSSO PIETRA alla fine del mese di aprile.

Per maggiori informazioni sull’autore e la casa editrice:
https://www.lucianoprandiniautore.it/
https://www.rossopietra.it/

Alla sigaretta preferisco una partita a Burraco

0

Abbiamo iniziato da qualche settima un appuntamento con le storie di ex fumatori. Un modo come altri di raccontarvi storie di vita vera, di chi è riuscito ad aprire la porta d’uscita dal tabagismo.

Francesco Sorbello

Ospite di Gabriella Finocchiaro oggi è Francesco Sorbello, vice Direttore Provinciale di Confcommercio Catania:

”Era la primavera del 75′ e studiavo insieme ad un compagno per gli esami di terza media. Fu proprio questo compagno che mi introdusse nel mondo del fumo. Ricordo che ognuno di noi  comprava un pacchetto di MS da 10 che riuscivamo a fumare in meno di un’ora, solitamente alla Villa Belvedere di Acireale.  Sapevo che era proibito, ed infatti cercavamo gli angoli più remoti per le nostre tirate restando sempre in allerta. Finita la terza media, con l’arrivo dell’estate e avendo poi frequentato licei diversi, ci siamo allontanati ed io smisi di fumare definitivamente.

I nuovi compagni ed amici della vita non erano fumatori e non ci siamo condizionati negativamente. Eppure, a casa papà era un fumatore incallito, uno di quelli che faceva la scorta di sigarette per il week-end perchè allora i negozi la domenica ed i festivi restavano chiusi e lui non poteva rischiare di restare senza sigarette. Anche quando stava male fumava, di nascosto e nelle condizioni più impensabili per non sottoporsi ai miei rimproveri. 

A casa mia, insomma, ero io a richiamare papà per il fumo, solitamente è all’incontrario. 

La mia esperienza di fumatore si è ridotta quindi a meno di due mesi. Devo dire che sono stato fortunato!!! Purtroppo i miei figli qualche sigaretta se la fanno. Scherzando dico loro che fanno bene, così contribuiscono a foraggiare le casse dello Stato.  Purtroppo sottovalutano i danni, sapendo benissimo che il tabacco avvelena e provoca tumore al polmoni; eppure hanno conosciuto in tal senso il triste epilogo dei nonni fumatori.

Io alla sigaretta preferisco la barca, la pesca o una partita a Burraco, mi rilassano di più”.

E-cig: uno studio ne analizza l’effetto sui fumatori dei centri antifumo

0
e-cig

Che effetto hanno le e-cig sui pazienti fumatori che si rivolgono ai centri antifumo per smettere di fumare?

Uno studio molto interessante, pubblicato di recente sulla celebre rivista Tumori Journal, ne ha spiegato l’impatto.

L’iniziativa è partita dal protocollo d’intesa che è stato siglato tra l’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO-ITS) e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (IRFMN), e che ha come scopo sia l’ampliare le conoscenze legate alle abitudini dei tabagisti sia il contrastare le malattie fumo correlate.

Compito specifico dell’AIPO-IS è stato coinvolgere i centri antifumo italiani e aiutare l’IRFMN a creare una documentazione necessaria per avviare la ricerca.

In cosa consiste esattamente la ricerca?

Paola Martucci, Dirigente Medico dell’ospedale Cardarelli di Napoli e che risulta tra i firmatari dello studio, ha spiegato che sono stati coinvolti tra il 2016 e il 2018 esattamente 12 centri antifumo e che sono stati selezionati 395 fumatori di età superiore ai 18 e consumatori abituali, occasionali ed ex svapatori.

Aggiungendo inoltre che:

Dei 395 soggetti, il 12,4% erano regolari utilizzatori di sigarette elettroniche intendendo per regolare il consumo in 5 o più giorni negli ultimi 30 giorni, il 9,4% utilizzatori occasionali (meno di 5 giorni di utilizzo nell’ultimo mese) e il 78,2% utilizzatori pregressi di e-cig (non nell’ultimo mese).

Il 22% era invece formato da fumatori di sigarette tradizionali e utilizzatori di e-ecig, dunque dual users.

Il campione di fumatori che è stato preso in esame non ha riportato differenze di genere tra uomini e donne. Per quanto riguarda il periodo medio di consumo, invece, siamo attorno ai 3-4 mesi e il tipo di liquido utilizzato per la ricarica risulta essere quello a base di nicotina.

Il dato evidente che è emerso da questo studio riguarda gli ambienti destinati allo svapo: 3 su 4 fumatori (un numero abbastanza consistente) ha dichiarato di avere fumato la sigaretta elettronica in un ambiente in cui non era consentito fumare.

Le percentuali fanno principalmente riferimento all’ambiente di lavoro, secondariamente a bar e ristoranti, e infine agli aeroporti e alle stazioni di servizio. Tutti luoghi in cui la legge non consente di fumare sigarette tradizionali dove la normativa riguardante le e-cig è ancora poco chiara.

Percentuali più alte si registrano invece tra chi fuma in auto e nell’abitazione propria o di amici.

La dott.ssa Martucci puntualizza che in Italia il numero di fumatori che utilizza la sigaretta elettronica in almeno uno degli ambienti in cui è vietato fumare è più alto rispetto ad altri paesi come il Giappone, Stati Uniti e Australia. Tenendo in considerazione, però, che il campione utilizzato è quello dei fumatori che si sono rivolti a un centro antifumo, dunque non la popolazione generale che ne fa uso regolarmente.

Secondo il prof. Pasquale Caponnetto, coordinatore del Centro Antifumo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania, il riferimento ai 395 fumatori dello studio non si può intendere come un numero realmente consistente.

E aggiunge che il dato realmente rilevante dovrebbe essere quello che fa capire quanto questi prodotti alternativi stiano aiutando i fumatori di sigarette tradizionali a smettere di fumare o a modificare le proprie abitudini legate al tabagismo.

Che dovrebbero esserci delle norme abbastanza chiare sui divieti delle e-cig, è vero. Ma è anche vero che chi fuma la sigaretta elettronica, alla fine, non ha un comportamento tanto diverso dal fumatore tradizionale. Gli ambienti risultano essere gli stessi, come le abitudini.

I dati dello studio, dovrebbero essere rapportati ai comportamenti dei fumatori di sigarette tradizionali e il ruolo dei centri antifumo dovrebbe assumere un’importanza diversa: il messaggio da fra passare è del tutto positivo, perché tali strumenti risultano essere di grande aiuto per chi vuole provare a smettere di fumare.

World No Tobacco Day 2020: proteggiamo i più giovani

0
world no tobacco day

Come ogni anno, domenica 31 maggio ricorre il World No Tobacco Day 2020, giornata creata dall’ONU per richiamare l’attenzione sul tabagismo e sui danni che crea, soprattutto tra le nuove generazioni.

E sono proprio i più giovani il focus dell’edizione di quest’anno: una fascia di popolazione sensibile e suscettibile di manipolazione da parte dell’industria del settore. 

La campagna lanciata dall’OMS intende creare una nuova consapevolezza tra i ragazzi, dotandoli degli strumenti per riconoscere le tattiche manipolative e i tranelli nelle campagne di marketing dell’industria del tabacco, aiutandoli a non finire intrappolati in una dipendenza che causa 8 milioni di morti l’anno.

Aromi, linee grafiche accattivanti, contenuti sponsorizzati da influencer, punti vendita a ridosso di luoghi frequentati da adolescenti e pubblicità in tv sono solo alcuni dei meccanismi utilizzati dalle major del tabacco per vendere i loro prodotti: una strategia che attira, però, anche i più giovani.

Una chiamata quella dell’ONU per il World No Tobacco Day, che coinvolge gli stessi influencer, veicoli primari di informazioni e messaggi sui social: perché non collaborare per creare una nuova consapevolezza sul tabagismo e i suoi effetti nocivi?

I dati ad oggi parlano chiaro: in Italia ci sono 1,6 milioni di fumatori, con un aumento di fumatrici tra la popolazione femminile e sono circa 80 mila i morti ogni anno. È vero che le strategie fino ad ora attuate hanno portato a importati risultati, come il calo delle vendite di prodotti dal 9% al 4%, ma ancora siamo lontani dal raggiungere l’obiettivo. 

L’invito di questa giornata rimane quello di provare ad astenersi per 24 ore dal fumo di sigaretta e iniziare a pensare di rivolgersi a servizi di smoking cessation, durante i quali il fumatore è accompagnato in un percorso graduale di abbandono del vizio attraverso un counselling individuale , terapie di gruppo e prescrizione di prodotti sostitutivi della nicotina o di farmaci per la disassuefazione.

Percorso che, come dimostrano i dati dei centri antifumo di Catania, può avvenire grazie all’utilizzo di strumenti a rischio ridotto, come la sigaretta elettronica, ormai riconosciuta come un’alternativa valida e più sicura per smettere di fumare.

Quest’anno qual è la tua scelta?

Lo stress e l’ansia causati dal lockdown hanno portato a fumare di più

0
lockdown The Foundation for a Smoke-Free-World-Global-Q35-5

Un sondaggio rivela che la pandemia sta avendo ripercussioni sulla salute mentale e fisica dei fumatori e milioni fumano di più

New York, 11 maggio 2020– Il caos provocato dalla pandemia di COVID-19 ha due risvolti: oltre a subire gli effetti diretti del virus, il mondo è alle prese con le difficoltà causate dell’allontanamento sociale e dal lockdown. Ansia e stress si sono tradotti in un costo mentale e fisico piuttosto alto per i fumatori di tutto il mondo.

Un recente sondaggio, promosso dalla Foundation for a Smoke-Free World, approfondisce il legame tra il distanziamento sociale dovuto al COVID-19 e la salute di 6.801 consumatori di tabacco e nicotina in 5 Paesi (Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Sudafrica e India). 

Oltre due terzi degli intervistati ricorrono al tabacco e alla nicotina come mezzo principale per far fronte a stress e ansia. Quasi il 40% dei fumatori ha aumentato il consumo di questi prodotti nelle ultime settimane

“Sondaggi recenti hanno dimostrato che i fumatori hanno continuato a fumare sigarette per far fronte al travolgente aumento di stress, ansia e paura a causa delle restrizioni dovute al lockdown da COVID-19. Vi era una grande aspettativa nei confronti di una nuova ondata di tentativi di smoking cessation nei prim giorni del lockdown, ma non si è mai concretizzata. Non sono sorpreso- ha dichiarato Riccardo Polosa, Direttore del COEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da Fumo dell’Università di Catania– per i fumatori può essere difficile contrastare l’impulso a fumare, specialmente quando l’abitudine aiuta. gestire lo stress”

Stress e ansia causano un consumo maggiore di tabacco 

Da un lato i governi cominciano ad allentare le linee guida per l’allontanamento sociale, dall’altro gli intervistati hanno dichiarato di essere preoccupati di ammalarsi, di essere ricoverati in ospedale e di come gestire stress e ansia. 

“Con la discesa della curva pandemica, assisteremo a importanti conseguenze sulla salute mentale e fisica delle persone”, dichiara il Dott. Derek Yach, presidente della fondazione. “Prima della crisi COVID,i fumatori avevano un alto rischio di sviluppare tumori ai polmoni, malattie polmonari croniche e attacchi di cuore. Continueranno a correre questi maggiori rischi quando la pandemia si esaurirà. Non dimentichiamoci che 7 milioni di persone a livello mondiale quest’anno moriranno in conseguenza del consumo di tabacco”.  

Meccanismi poco salutari per far fronte a una pandemia globale

La nicotina e tabacco erano usati come mezzi per mitigare lo stress già prima della pandemia. Di conseguenza, molti hanno mantenuto o addirittura aumentato il consumo di questi prodotti.

I Paesi dove le autorità hanno posto dei divieti sull’acquisto di tabacco e alcol (India e Sudafrica) hanno registrato un consumo maggiore.

Si ricorre anche ad alternative sane per gestire lo stress

Con la chiusura di bar e ristoranti, quasi la metà degli intervistati in Italia e nel Regno Unito ha riferito di aver ridotto l’assunzione di alcolici. 

In tutti i Paesi, circa il 45% degli intervistati ha riferito di ricorrere normalmente all’attività fisica per affrontare stress e ansia. In India, dove l’isolamento ha precluso ogni attività all’aperto, oltre la metà degli intervistati ha cercato altre strategie sane per affrontare la situazione, come esercizi di respirazione, meditazione e yoga.

Uno sguardo al futuro

Tra gli intervistati, molti fumatori hanno preso in considerazione di smettere completamente di fumare durante il lockdown. Questi dati aumentano di 11-42 punti percentuali nelle case dove qualcuno è risultato positivo al virus. 

Una nota positiva arriva dall’India, dove il 66% dei fumatori ha indicato di aver preso in considerazione di smettere e il 63% ha fatto seguito con un tentativo concreto. 

Tuttavia, questi risultati indicano la voglia di milioni di persone di intraprendere percorsi di smoking cessation, ma la mancanza di una valida strategia li ha bloccati.

“Ma ora, mano a mano che le restrizioni del lockdown vengono allentate, dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi e incoraggiare i fumatori a compiere piccoli passi per allontanarsi da comportamenti insalubri”. Il Prof. Polosa, che ha dedicato decenni alla ricerca nel settore della riduzione del danno della lotta al tabagismo, ha aggiunto: “Sappiamo che sono le sostanze tossiche prodotte con la combustione della sigarette convenzionali la causa della morte dei fumatori, non la nicotina, i cui effetti, peraltro, potrebbero anche essere protettivi nei confronti del contagio da COVID-19. Le autorità di salute pubblica di tutte le nazioni dovrebbero essere orientate ad aiutare i fumatori che non riescono a smettere di fumare per conto proprio a passare a prodotti meno dannosi come cerotti, gomme e sigarette elettroniche, garantendo al contempo che tali strumenti siano disponibili per i fumatori ovunque nel mondo”.

“Le limitazioni che impongono di rimanere a casa hanno fornito degli spunti su come potremmo aiutare i fumatori a smettere”, aggiunge Derek Yach. “Dobbiamo incoraggiarli in modo empatetico a smettere di consumare prodotti combustibili facendo loro conoscere i cerotti, le gomme da masticare e le sigarette elettroniche che provocano meno danni rispetto al fumo, assicurandoci che questi prodotti siano prontamente disponibili. Procedendo in questo modo, i fumatori potrebbero uscire dall’isolamento con prospettive migliori per la loro salute futura”.

Riaprire la porta di casa: l’ansia post lockdown del nemico invisibile

0
lockdown fase 2

In un primo momento, sconcerto. Poi rabbia, frustrazione. Infine accettazione. Abbiamo attraversato molte fasi durante il lockdown e ci siamo ingegnati per sopravvivere, adattandoci a un nuovo stile di vita. Ognuno alla sua maniera. Ma adesso, le cose sono cambiate. E improvvisamente abbandonare l’interno delle nostre case, spazi sicuri in questi mesi, se per alcuni rappresenta un sollievo, per altri è fonte di molta ansia.

Cosa posso toccare? Chi posso vedere? Come comportarmi? Sarà pericoloso stare all’aria aperta?

Ciò che ad oggi preoccupa di più, è l’eventuale rischio di una ricaduta nelle prossime settimane. Per questo molti governi hanno deciso di approcciarsi gradualmente alla riapertura. Ma le perplessità rimangono: l’unica vera uscita gratis di prigione è rappresentata dalla creazione di un vaccino.

Sebbene molto ancora non si conosca sui meccanismi di questo virus, alcune cose le abbiamo imparate. Sappiamo, ad esempio, che i tassi di infezione sono più alti all’interno degli spazi chiusi o delle abitazioni, piuttosto che all’aria aperta: nel primo caso parliamo di un buon 20% di probabilità di contrarre il virus, mentre nel secondo caso si scende al 5%. 

Quindi se temete che uscire di casa significhi istantaneamente incontrare un nemico invisibile, non vi preoccupate. Rispettare le norme di distanziamento sociale e seguire i comportamenti igienici, come lavarsi le mani o non toccare la mascherina con i guanti, sono comportamenti sensati che permettono di ridurre le possibilità di contagio.

Uno studio Sud coreano ha dimostrato la maggior probabilità di contagio tra i membri di un ufficio con scrivanie attigue, piuttosto soggetti su piani diversi o con scrivanie non attigue.

Più andiamo avanti, però, più dovremo interfacciarci con situazioni sempre diverse e via via più complesse da post lockdown. Vediamone alcune.

Abitudini e stili di vita

Riprendere ad uscire si traduce in tornare piano piano ad alcune delle nostre abitudini. E magari continuare con alcune tra quelle più sane intraprese prima del lockdown. Durante le settimane passate, si temeva che le condizioni psicologiche stressanti potessero far ricadere nel vizio molti fumatori. Un pericolo che, almeno in parte, è stato arginato grazie all’attività della LIAF e del numero di assistenza psicologica gratuita creato apposta per fornire supporto a tutti coloro che ne necessitavano. Ma finita la quarantena, i fumatori possono ricominciare il loro percorso di smoking cessation o considerarne l’inizio.

Sport

Ormai si sa: lo stile di vita sedentario non è un amico della salute. Molti sono riusciti a mantenersi in forma, per altri il confino in casa si è tradotto in abbuffate pantagrueliche e binge watching su Netflix. 

L’attività sportiva non solo si traduce in un beneficio a livello fisico, ma aiuta a scaricare lo stress e mantenere intatta la salute mentale. Sport non di gruppo, come arrampicata, corsa, ciclismo e similari, da praticare all’aperto, non comportano rischi elevati. A New York si tengono quotidianamente lezioni di yoga nei parchi: certo le problematiche per i centri urbani più grandi rimangono, ma soluzioni simili non devono essere scartate.

Gite

Tutto quello che riguarda spostamenti o gite apre una discussione più ampia e articolata. Per quanto nei giorni festivi durante il lockdown, molti siano stati multati per aver violato le norme, ipotizzare scenari in cui il rischio di assembramento sia ridotto è fattibile.

Non entrare in contatto con persone che provengono da nuclei abitativi diversi è la ratio che dobbiamo tenere ben a mente: in Francia, ad esempio, si sta studiando di limitare gli sposamenti nel raggio di 100 km. Dividere le persone in gruppi su base casuale oppure sulla base del CAP e permettere gli spostamenti parcellizati è un’idea che richiede un grande sforzo organizzativo, ma almeno concederebbe l’allontanamento verso zone di villeggiatura.

Bar e ristoranti

Entriamo in un discorso molto scottante: da un lato un’intera categoria sta denunciando norme che impediscono di fatto a moti esercizi di poter lavorare e riaprire. Dall’altro, vale sempre la regola che i luoghi chiusi risultano essere più rischiosi di quelli aperti.

A Vilnius, vaste aree pubbliche sono state adibite ad ospitare bar e ristoranti: un’iniziativa che ha già ricevuto 160 domande.

E per i bar? Perchè non pensare di utilizzare le proprie tazze da asporto, lavate e igienizzate a casa, riducendo il contatto con le stoviglie del locale?

Servizi religiosi

L’influenza spagnola del 1918 a San Francisco rese necessario svolgere le funzioni religiose all’aperto. A New York, la decisione di chiudere vaste aree al traffico ha portato molti gruppi religiosi a svolgere, in piccoli gruppi, funzioni per strada.

Negozi 

Lunghe file fuori dai negozi: sono questi gli scenari che si prospettano con la riapertura e che già si vedono per quelle categorie di esercizi che sono rimasti aperti.

Leggendo le indicazioni dell’OMS, il rischio di contagio aumenta: per persone di case diverse che entrano in contatto fisico; se le persone rimangono faccia a faccia per più di 15 minuti; se i soggetti condividono uno spazio chiuso come un ufficio per più di 15 minuti.

Anche se all’interno nei negozi non possono entrare troppe persone, ci si dovrebbe concentrare più sulla sanificazioni dlele superfici o degli oggetti, come i pos, toccati da molti. 

Anche se all’interno nei negozi non possono entrare troppe persone, ci si dovrebbe concentrare più sulla sanificazioni dlele superfici o degli oggetti, come i pos, toccati da molti. 

Trasporti

Anche qui valgono le stesse regole: dispensatori di gel liquidi, panelli in plexiglass e mascherine per i conducenti, oltre che una costante sanificazione delle superfici come già sta avvenendo nella metro di New York, chiusa ogni notte dall’1 alle 5 del mattino per provvedere alla pulizia dei vagoni e delle aree comuni.

Ottimismo e pessimismo: l’altalena emotiva dei paesi colpiti dal Covid-19

0
ottismo e pessimismo

Secondo alcune indagini è possibile calcolare i livelli di ottimismo e pessimismo dei vari stati sui tempi di ripresa post-epidemia.

A parlarci di questo è Livio Gigliuto, vice presidente dell’Istituto Piepoli, che proprio qualche giorno fa è stato ospite della diretta di Rai News 24 per raccontare il modo in cui il pianeta sta vivendo la fase di emergenza da pandemia Covid-19.

L’Istituto Piepoli fa parte di un network che si chiama The Researce Alliance e che comprende, a sua volta, un insieme di istituti di ricerca indipendenti di vari paesi del mondo. Gigliuto ha spiegato il tipo di ricerca condotta da tutti i vari istituiti del network, tra cui il Piepoli, per meglio chiarire l’indagine in oggetto.

Ma in cosa consiste esattamente?

Ciascuno di questi istituti ha avviato un sondaggio pubblico su un campione rappresentativo della popolazione del singolo paese, focalizzando però l’attenzione su sei paesi nello specifico, definiti “emblematici”.

I paesi presi in considerazione sono Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.

Ma qual è la ratio di base che lega questi paesi?

Questo virus, secondo le osservazioni del vice presidente Gigliuto, è paragonabile a una livella emotiva e i sentimenti che legano i vari paesi sono simili tra di loro. Ovviamente, parliamo di reazioni tra la popolazione legate al sentimento della paura. Non c’è un paese dove la paura non sia il trend che va per la maggiore.

Dunque, per prima cosa sono stati misurati i livelli di paura che si hanno del contagio. Nel caso specifico dell’Italia, la gente ha timore di uscire e, se lo fa, indossa la mascherina. Ma in realtà, il livello di paura che c’è in Italia è più basso rispetto al livello che si registra in altri paesi.

L’Italia risulta essere il paese meno “spaventato”. Il livello di paura del contagio è risultato molto elevato negli Emirati Arabi, Stati Uniti e nel Regno Unito, i paesi che hanno inizialmente dimostrato una tendenza più all’apertura che alla chiusura.

L’Italia e l’Australia stanno già affrontando quella fase di convivenza con il virus. Nel caso specifico del nostro paese, questo sta avvenendo perché i dati ci confermano che il numero dei contagi sta diminuendo, nel caso dell’Australia, il livello della paura risulta molto più basso perché sin dall’inizio la gestione si è svolta diversamente e le attività hanno ricominciato quasi a pieni ritmi.

Esistono dei paesi che sono più ottimisti e dei paesi che sono invece più pessimisti rispetto ai tempi di ripresa? “Assolutamente sì” ci spiega Gigliuto.

Ma questa percezione emotiva come si trasferisce quando guardiamo alle conseguenze economiche?

Dietro questa pandemia, un’emergenza sanitaria straordinaria, si nascondono i timori di una vera e propria pandemia economica. Anche in questo caso, ci sono i paesi che sono più ottimisti e dei paesi che sono invece più pessimisti. Secondo gli italiani, ma anche secondo molti altri paesi, la sensazione è che l’economia subirà una flessione simile a quella conseguente la crisi del 2008. Opinione condivisa dall’80% degli italiani e che risulta essere un approccio pessimistico rispetto al futuro dell’economia.

Aggiungendo, inoltre, che fondamentalmente il livello di paura riguardante la seconda pandemia (che è quella economica) è più elevato nei paesi che hanno avuto un lockdown più forte, rispetto ai paesi che hanno attuato un lockdown meno forte.

È come se i governi avessero dovuto scegliere a cosa dare priorità: al lato sanitario e non a quello economico, oppure viceversa.

Filo conduttore dell’intera indagine è sicuramente l’altalenanza di ottimismo e pessimismo di tutti i paesi colpiti dal Covid-19, ma indubbiamente ciò che prevale è il principio della salute nelle città intesa come bene comune.

Il governo italiano, per esempio, ha avuto una grande crescita di popolarità proprio perché è stato uno dei governi con grande propensione alla chiusura e quindi alla sicurezza dei cittadini.

Ma quando sarà possibile ritornare completamente alla normalità?

Se consideriamo altri dati molto importanti, sappiamo che il 62% degli italiani vorrebbe un supporto psicologico per ritornare alla normalità. 7 italiani su 10 vedono il Covid-19 come causa di stress.

La preoccupazione che abbiamo provato durante l’intero periodo ha contribuito a cambiare i nostri stili di vita, ma quello che emerge oggi è che in periodi di emergenza a seguito di catastrofi o di guerre succede esattamente ciò che sta capitando al nostro paese e in altri: aumenta la fiducia nei confronti di chi decide.

Cresce la fiducia nei confronti del Presidente del Consiglio, cresce nei confronti delle forze dell’ordine, nei confronti della sanità pubblica, cresce nei confronti di tutto quello che è pubblico. Anche nel giornalismo, per esempio, si registra una maggiore fiducia rispetto a quanta ce n’era prima.

In conclusione, quello che è emerso dall’indagine, secondo la maggioranza delle risposte, questa situazione ci accompagnerà almeno per un altro anno. Inoltre, è emerso gli italiani vorrebbero che i sindaci (le figure più vicine al cittadino) di ogni paese avessero più autorità di natura sanitaria e non solo di natura amministrativa locale.