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Una messa a punto del CoEHAR sulle nuove APP per far smettere di fumare: “Sono efficaci”

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Catania, 20 Aprile – Un nuovo articolo dei ricercatori del CoEHAR conferma che le APP per smartphone e gli strumenti di rilevazione e monitoraggio della ritualità legata al tabagismo attraverso nuove smart-tecnologie (i.e. smart-band, smart-watch) sono utili per aiutare le persone a smettere di fumare o a ridurre il consumo di sigarette.  

https://www.mdpi.com/1660-4601/17/7/2614

I ricercatori del CoEHAR Centro di Eccellenza per la Riduzione del Danno da Fumo – guidati dal prof. Sebastiano Battiato, delegato ai Sistemi Informativi e alla Programmazione Strategica dell’Università degli Studi di Catania – hanno valutato ben 32 nuove tecnologie di monitoraggio e tracking atte a contrastare la dipendenza tabagica (12 sistemi di rilevamento e monitoraggio del consumo quotidiano di sigarette e 20 app per smartphone).

La selezione degli strumenti da valutare è avvenuta tra quelle già analizzate in studi pubblicati su PubMed, Scopus e Google Schoolar. E’ così emerso che APP come MyQuitCoach, Quit Smoking, Craving to Quit!, QuitNow!, Quit, Smoke Free e altre possono essere utili a contrastare e ridurre il rischio associato al fumo di sigaretta.  

“Seppur con metodologie di monitoraggio diverse – commenta Battiato – le APP risultano strumenti molto utili per monitorare l’abitudine tabagica e per motivare a smettere. Gli studi scientifici analizzati dimostrano che questi strumenti possono vantare risultati promettenti. Tuttavia va considerato che la loro applicazione nella vita quotidiana non è priva di difficoltà. Per questi motivi – aggiunge Battiato – sono necessari maggiori investimenti per la ricerca scientifica applicata agli strumenti tecnologici per far smettere di fumare, con l’obiettivo di definire sistemi affidabili in grado di garantire elevate prestazioni nell’utilizzo reale della vita di tutti i giorni”.

L’uso quotidiano di queste tecnologie implica, infatti, la rilevazione da parte dell’APP di un’ampia varietà di azioni, abitudini e gesti eseguiti dall’utente che possono essere complicate dalla sovrapposizione di altre azioni. Per esempio, alcune persone sono abituate a fumare mentre guidano o quando fanno lavori manuali. La bontà della valutazione e del monitoraggio di questi strumenti oltre che in condizioni di base va validata anche in condizioni d’uso realistiche, con tutte le complicazioni che esso comporta.  

Ciononostante, bisogna sottolineare che, mentre la maggior parte delle APP si basa sull’auto-report dei partecipanti (ed esempio l’annotazione su un diario), alcune soluzioni più innovative, come SmokeBeat, che sfruttano sensori indossabili (come gli smartwatch o smartband) ed hanno un approccio più diretto (fornendo un feedback automatico e una verifica obiettiva dell’abitudine al fumo) potrebbero risultare di maggiore impatto grazie alla tecnica cognitivo-comportamentale data dall’auto-monitoraggio. Potersi autovalutare infatti determina un incremento del livello di consapevolezza e un maggior controllo del proprio comportamento da fumo compulsivo di sigarette convenzionali.  

Per il fondatore del CoEHAR, prof. Riccardo Polosa: “Diventa sempre più chiaro come l’innovazione tecnologica stia guadagnando un ruolo centrale nella gestione della nostra quotidianità. La scienza della salute non è una eccezione e deve – attraverso nuovi percorsi creativi e innovativi – evolversi dialogando con le altre discipline scientifiche quali ad esempio l’informatica e l’elettronica. Solo così si potranno trovare soluzioni utili per diffondere stili di vita più sani”. Non a caso il team di ricerca di questo lavoro ha visto la partecipazione di diverse professionalità scientifiche: Alessandro Ortis del Dipartimento di Matematica e Informatica; Pasquale Caponnetto, docente a contratto di Clinica delle Dipendenze presso il corso di laurea in Psicologia, e Toti Urso, Project manager dell’ateneo catanese.  

“Mi vergogno quando fumo”

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Ho visto un film, I Tenenbaum di Wes Anderson, con Gwyneth Paltrow chiusa in bagno e con una sigaretta nella mano, una boccetta di profumo nell’altra e il ventilatore acceso per non farsi scoprire. Il marito, interpretato da Billy Murray, la fa pedinare da un investigatore privato e scopre la sua doppia vita fatta di eccessi.

Ma a scioccarlo non è il tradimento che scopre all’improvviso, il vero tradimento è un altro: “sua moglie fuma”. Il tradimento consiste nella vergogna per averlo scoperto, per pensare a sua moglie mentre commette un atto che fa male alla sua vita ed alla sua salute. Ecco, penso a questa scena ogni volta che mia nipote viene a trovarmi a casa, sapendo che mi dà fastidio il fumo, lei confessa ogni volta: “Ho fumato una sigaretta”.

Vergogna? Senso di colpa? Tantissimo, sempre, ammette. Soprattutto nei miei confronti.

Parto dalla visione di un film, dall’esperienza di mia nipote Clara ma credo che questo sia il periodo storico e il momento più facile per dire basta. Oggi, se ci pensiamo bene, serve anche meno forza di volontà, perché i mezzi per farcela li abbiamo tutti, dai divieti, alle sigarette elettroniche sino ai riscaldatori di tabacco. Fumare è rimasto solo un ricordo intellettuale.

Sappiamo che in molte città, se fumi in pubblico ti senti un mostro, le famiglie ti fissano con disgusto e ci metti un po’ a capire che ti snobbano perché stai fumando.

La vera trasformazione è questa: la sigaretta (e per fortuna, direi) non è più cool, anzi accendersela è quasi un gesto da esibizionisti. Conosco gente che ha smesso facendo un fioretto in chiesa, altri ce l’hanno fatta con la forza di volontà.

La mia amica del cuore, Agata, lotta da anni con la vergogna e il senso di colpa, nascondendosi con sotterfugi in luoghi isolati per poter fumare in santa pace, in posti affollati invece, si sentirebbe inadeguata, fuori luogo. In molti tendono a nascondersi, in terrazza, in bagno, nelle scale, tutto pur di non farsi vedere con l’amata e odiata sigaretta.

Ma tra successi e sconfitte, ci chiediamo perchè? perchè non provare a smettere e vivere in maniera più trasparente? Il come lo conosciaomo, adesso in voi stessi cercate la più giusta motivazione … l’importante è provarci!

COVID-19 e fumatori: sono davvero a rischio o vale il contrario?

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covid-19 fumatori

Molto spesso, durante la formulazione di un’ipotesi, si può partire dal concetto diametralmente opposto, dalla versione più bizzarra e meno probabile.

Una teoria che Platone ben esprime nel Parmenide, l’opera della maturità, che lascia riflettere il lettore con la domanda “che farai dunque della filosofia?”.

La dialettica viene infatti descritta come un processo filosofico in cui, dopo la formulazione dell’ipotesi, si analizzano le conseguenze che ne derivano: se la conseguenza contraddice l’ipotesi, questa va considerata insostenibile e dunque falsa. Un dedalo logico intricato e un esercizio mentale complesso.

Certo, la dottrina del ragionamento logico si è evoluta, scissa dalla ricerca scientifica, basata su un modello empirico per essere ritenuta valida. Ma proviamo per un momento ad esercitarci in questo gioco logico.

Nelle ultime settimane, la diffusione a livello mondiale di un nemico subdolo e invisibile, il COVID-19 ha avuto l’effetto di una testata nucleare, ridisegnando improvvisamente il tessuto economico e sociale, dimostrandone la fragilità. Rapporti umani e monetari sono cambiati e ad oggi non è dato sapere quale saranno le conseguenze sul lungo periodo.

Come mai prima d’ora, medicina ed economia si sono dimostrate essere interconnesse su più livelli, il collasso di una legata a quello dell’altra. Per salvaguardare il fragile sistema economico, la creazione di un vaccino sembra essere la meta di una vera e propria corsa all’oro, la cui lista di partecipanti aumenta giorno dopo giorno.

Ma in attesa di una valida terapia di immunizzazione, dobbiamo ricorrere alle strategie che ad oggi funzionano. 

Garantire che il personale medico sanitario sia in grado di accedere a protocolli non solo contentivi, ma anche terapeutici è ad oggi la nostra migliore possibilità, fornendo dati precisi su quali tipologie di pazienti con il coronavirus andranno incontro a un peggioramento più velocemente di altri.

Ma cosa c’entra in questo discorso su COVID-19 l’esercizio che Platone richiede nel Parmenide?

Bene, partiamo dall’ipotesi che noi sappiamo essere vera che i componenti presenti nelle sigarette convenzionali creano nel lungo periodo un complesso quadro clinico, rappresentando un fattore di rischio per i pazienti affetti da altre patologie.  

Se seguissimo questa ipotesi, i fumatori affetti da COVID-19 andrebbero incontro a un elevato tasso di complicazioni, come molte ricerche sembrano suggerire. Per Platone per dimostrare la veridicità di questa ipotesi dovremmo confermare la falsità dell’ipotesi opposta, ovvero secondo la quale i fumatori sono meno esposti ai rischi da coronavirus.

Secondo un recente studio di Farsalinos, analizzando i dati provenienti dalla Cina sui pazienti ospedalizzati affetti da COVID-19, si è notato un numero insolitamente basso di pazienti tabagisti, soprattutto in un paese come quello asiatico dove il tasso di fumatori è altissimo. Dati simili sono sono emersi anche in USA, dove il CDC parla di un incidenza del Covid-19 tra fumatori dell’1.3% contro il 16.5% di fumatori nella popolazione. 

Certo, la situazione emergenziale che gli operatori del settore si trovano ad affrontare e i numeri elevati di pazienti gestiti (ad oggi i casi da coronavirus nel mondo superano i 2 milioni) non garantisce la totale sicurezza scientifica.

Ma se seguissimo questa pista dovremmo arrivare all’assunto che il fumo abbia una funzione protettiva anzichè distruttiva, in relazione all’epidemia.

Dobbiamo forse incentivare al fumo? Ipotesi non giustificabile nemmeno di fronte all’emergenza.

Ma quello che i dati ci suggeriscono porta all’idea di un percorso terapeutico controllato a base di nicotina, che sappiamo non essere dannosa se assunta in dosi minime e controllate, a maggior ragione se scissa dai componenti tossici contenuti nelle sigarette convenzionali. Secondo gli autori dello studio, la nicotina, interagendo con i recettori responsabili della risposta immunitaria,  impedisce di contrarre forme gravi del virus.

Nessuno, in una situazione emergenziale come quella attuale, si lancerebbe nel proporre soluzioni medico-sperimentali che nel lungo periodo potrebbero risultare dannose, ma perché non monitorare con attenzione i dati che provengono da paesi come la Svezia, dove la percentuale di utilizzatori di snus è elevata? Alla stessa maniera, si potrebbero analizzare i dati di utilizzo di sistemi alternativi a base di nicotina, come le sigarette elettroniche.

Siamo in una fase di stallo e non possiamo permetterci di tralasciare nulla di intentato. Scienziati e ricercatori di tutto il mondo devono mettere da parte le loro remore sia scientifiche che ideologiche e abbracciare la possibilità di intraprendere tutti i percorsi di validazione scientifica possibili anche quelli meno ortodossi.

Risparmiare in quarantena? Un pacchetto in meno fa felice il portafoglio

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risparmiare quarantena covid-19

Rinunciare alle proprie abitudini è un percorso complesso, quanto rimanere in linea con i propri obiettivi: l’ansia generata dal pensiero dei mesi che verranno aumenta lo stress a cui siamo sottoposti. Ma se c’è qualcosa che questa quarantena ci sta insegnando e che ogni medaglia ha due facce: tutto dipende dall’angolazione da cui le guardiamo.

Essere a casa significa aver rinunciato a una serie ritualistica di piccole spese che facevano parte della nostra routine. Piccole spese, importi talvolta minimi ma a che a fine mese pesano sul nostro budget.

Ad esempio: se vi dicessi che la media delle spese per un fumatore si aggira sui 100 euro mese? Cifra non altissima, ma che si alza se aumentiamo anche di poco il numero di sigarette fumate giornalmente. In media si parla di un risparmio di almeno 1200/1500 euro all’anno. Cambiano le cose vero?

E allora perché non sfruttare il periodo di isolamento, lontani dalle nostre piccole tentazioni quotidiane, per modificare qualcuna di queste abitudini e risparmiare? E se quel pacchetto che abbiamo acquistato oggi durasse qualche giorno in più?

E quale migliorare motivazione se non quella di un progetto futuro: essere in lockdown non significa non avere più progetti a lungo termine. Potrebbe essere un viaggio, una cena oppure una ristrutturazione. Oppure semplicemente la felicità di vedere qualche numero in più sul conto in banca.

Secondo alcuni esperti del mondo della finanza, stare in casa potrebbe rappresentare il momento giusto per dare un’occhiata alle proprie spese mensili e verificare quali sono i servizi che paghiamo e di cui possiamo fare a meno. Quello che nella frenesia di tutti i giorni etichettiamo come una piccola ricompensa quotidiana, oggi viene visto sotto una luce diversa.

Certo nessuno incentiva un’austerità totale: non bisogna eliminare le piccole cose divertenti e superflue tutte in una volta, che rappresentano l’insieme delle nostre piccole scappatoie.

Unica difficoltà potrebbe essere quella di non visualizzare il risparmio: mettiamo i soldi risparmiati in un busta oppure utilizziamo una delle innumerevoli app che esistono, come Gimme5, dove addirittura i nostri amici possono  contribuire a un progetto con delle donazioni. 

Piccoli espedienti che aiutano a risparmiare mentre ci fanno passare il tempo.

Fumo: e-cig più efficaci per stop rispetto a solo counseling

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(ANSA) – ROMA, 9 APR – Per smettere di fumare l’utilizzo di prodotti alternativi contenenti nicotina uniti al counseling è più efficace rispetto al solo supporto psicologico. Lo afferma uno studio dell’American College of Cardiology, presentato durante il loro congresso nazionale.

I ricercatori hanno selezionato 376 fumatori assegnati in modo casuale a passare alle e-cig (divisi in 2 gruppi: e-cig con nicotina ed e-cig senza nicotina) e counseling oppure a ricevere il solo counseling per 12 settimane.

I soggetti venivano seguiti tramite 3 interviste telefoniche e 2 visite mediche, e, nel corso di queste ultime, venivano sottoposti a test del monossido di carbonio per verificare se avessero o meno fumato. Al termine del periodo di osservazione la percentuale di cessazione era del 21,9% per il gruppo che usava e-cig con nicotina, 16,5% per quelli con e-cig senza nicotina e 9,1% per quelli riceventi solo counseling, quindi i fumatori di e-cig con nicotina riuscivano a smettere di fumare SIGARETTE a combustione 2,4 volte in più rispetto a quelli riceventi il solo counseling.

“L’utilizzo di prodotti alternativi contenenti nicotina aumentano efficacemente l’astinenza completa da fumo convenzionale, almeno a 12 settimane – concludono gli autori -, e riducono, in coloro che raggiungono l’astinenza parziale, il numero di SIGARETTE fumate quotidianamente, rispetto al solo counseling. Anche se non si tratta di risultati su esiti clinici (come decessi o tassi di tumori polmonari), questi risultati sono comunque degni di nota. Se gli effetti sulla salute dei prodotti alternativi senza combustione non sono ancora completamente chiariti in questo studio sono stati osservati pochi eventi avversi e nessuno correlato al trattamento ricevuto”.

(ANSA)

Attivo numero nazionale di assistenza psicologica gratuita per le persone colpite dall’emergenza Coronavirus

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Paura, dolore, ansia e stress hanno inevitabilmente invaso le nostre vite. L’isolamento sociale, la perdita improvvisa di un parente o l’incertezza per il futuro costringono molti cittadini italiani a vivere in una condizione psicologica fortemente destabilizzata. Sono centinaia le richieste di aiuto e le domande che arrivano ai medici di tutta Italia tramite i mezzi di comunicazione.

LIAF Lega Italiana Antifumo, grazie al supporto tecnico ed alla collaborazione con Netith, azienda leader di mercato nella Costumer Experience, ha deciso di rispondere a queste richieste attivando

un servizio telefonico di assistenza psicologica gratuita disponibile tutti i giorni dalle 8 alle 20 al numero: 0952292444.

Forte della decennale esperienza nella lotta al tabagismo, LIAF intende offrire un servizio di assistenza specifico anche sui problemi legati alle più diffuse dipendenze. Lo stato di isolamento e la costante paura per la propria salute, non aiutano di certo coloro che, prima dello scoppio dell’epidemia di Coronavirus, avevano deciso di intraprendere un percorso virtuoso di uscita dal tabagismo o dall’abuso di alcol e droga. 

E’ importante controllare le dipendenze – ha detto il prof. Riccardo Polosa esperto scientifico di LIAF – per evitare che flussi ancora più importanti di pazienti affetti da ulteriori patologie affollino i nostri ospedali già sovraccarichi e operanti al massimo delle proprie possibilità”.

In un momento così drammatico ed emergenziale che coinvolge tutte le fasce sociali, l’azienda Netith si è resa disponibile a dare il suo contributo con il proprio sostegno tecnologico: “La tecnologia e l’innovazione – commenta l’Amministratore Delegato di Netith, Franz Di Bella – è al servizio degli utenti e deve dimostrare oggi un forte elemento di solidarietà e cooperazione”. 

Lavoriamo – conclude Polosa – per raggiungere un obiettivo comune: studiare e fornire soluzioni valide e sicure per ridurre il danno non solo da fumo ma anche in altri ambiti di salute pubblica

In questi giorni LIAF ha diffuso anche due importanti iniziative: un questionario utile a monitorare i cambiamenti degli stili di vita e delle abitudini al fumo e al vaping di migliaia di italiani e una campagna di donazioni internazionale volta a raccogliere fondi per l’acquisto di dispositivi di protezione utili per le strutture ospedaliere che sono più in difficoltà.  

Ci servono dati per trovare le risposte più efficaci a combattere questa epidemia su ogni fronte – commenta il presidente LIAF, Ezio Campagna – e per farlo noi stiamo mettendo insieme tutte le professionalità e i ricercatori che da anni ci sostengono”. 


Il Prof. Polosa fa chiarezza sul tempo di sopravvivenza del Coronavirus su pareti e superfici

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Quanto tempo sopravvive l’odioso Coronavirus sulle superfici?

Questo importante quesito è stato ampiamente dibattuto in questi giorni, ma le notizie che circolano in rete risultano fuorvianti oltre che allarmanti.

Il Prof. Riccardo Polosa fa chiarezza, e lo fa analizzando in modo critico un recente articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine

“Gli autori dell’articolo riportano che il virus possa rimanere vitale sulle superfici sino a un massimo di 3 giorni. Ma cerchiamo di capire bene quali sono le condizioni dello studio sperimentale e se queste siano rilevanti quando messe a confronto con le normali condizioni ambientali.

In laboratorio, il virus viene impiantato in un brodo di cultura – una specie di energy drink per microorganismi – e quindi trasferito su superfici di diversa tipologia (plastica, cartone, legno, rame) per verificarne modificazioni nel grado di stabilità e vitalità nel tempo. Ebbene, si tratta di condizioni sperimentali estreme che non tengono conto di tutte quelle condizioni ambientali  (temperatura, umidità, circolazione dell’aria, evaporazione) che notoriamente limitano la sopravvivenza delle particelle virali.

In generale, una persona infetta può contaminare le pareti o superfici attraverso goccioline emesse con la tosse o gli starnuti o veicolando le particelle virali con le mani. Ma questa forma di contaminazione ambientale non è assolutamente riconducibile allo scenario ricostruito in laboratorio dagli autori dell’articolo del New England Journal of Medicine.

Va da se – conclude Polosa – che quando un virus allevato in un brodo di coltura viene impiantato su superfici o pareti in un laboratorio la sua sopravvivenza risulterà di fatto prolungata artificialmente. Tre giorni? Mi sembrano un po troppi!

Smartphone e COVID-19: il limite tra privacy e necessità

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Come in Cina, anche in Europa si iniziano a proporre soluzioni e strumenti che prevedono l’utilizzo dei nostri telefoni e dispositivi tecnologici indossabili per tracciare e contenere il COVID-19. Fantascienza? Beh se no per la tecnologia in sé, per le implicazioni assolutamente si. 

Il settore dei dispositivi indossabili che monitorano la salute potrebbe in futuro potrebbe arrivare ad essere utilizzato su larga scala per prevenire e gestire emergenze sanitarie.

A questo punto però la domanda si fa interessante: in tempi di emergenza si è sempre portati ad accettare soluzioni drastiche che possono limitare la libertà personale, condividendo dati appartenenti alla privacy di ognuno di noi.

Il problema è revocare questa possibilità una volta finita l’emergenza. Come si può davvero essere sicuri che il consenso da noi concesso non sia più valido? Una volta che garantiamo l’accesso ai nostri dispositivi come possiamo essere sicuri che questi non vengano più utilizzati?

Da Israele alla Corea del Sud, le soluzioni proposte diventano sempre più realtà: in Corea, ad esempio, un’app, che deve essere installata da tutti per poter funzionare, permetterebbe di incrociare i dati dell’utente con quelli provenienti dai servizi di sorveglianza, potendo così rintracciare tutti i contatti tra i contagiati.

Significa di fatto consentire l’accesso ad enti esterni o governativi a una miriade di dati sensibili personali e poterli riutilizzare nell’immediato con un semplice consenso fornito al momento dell’installazione.

Questo però comporta dei retroscena alquanto interessanti, esemplificati chiaramente durante una intervista video su Living Innovation da Helmut Spudich, ex vice presidente del settore comunicazione e responsabilità di T-Mobile Austria, una delle più grosse aziende di telecomunicazioni austriaca (qua il link).

Secondo Helmut, il problema maggiore da affrontare in una situazione come quella attuale è costituito dalle interazioni sociali, o meglio dalla loro assenza. Per sopperire alla mancanza di contatto umano, una necessità fisiologica di ogni abitante del pianeta, si mette sotto pressione il sistema delle telecomunicazioni.

Un sistema che ad oggi non era pronto ad affrontare un tale periodo di crisi a causa del COVID-19: basti pensare che nel giro di poche settimane sono state cambiate radicalmente le abitudini di vita, arrivando ad utilizzare in maniera maggiore tutti i servizi legati allo smart working o all’home delivery. E per le connessioni? Le persone hanno iniziato ad utilizzare la tecnologia per tenersi in contatto concentrando le connessioni in determinate fasce orarie: il picco, solitamente, si ha dalle 8 a mezzanotte, con un sovraccarico dovuto ai servizi di smart tv o di streaming.

Ma da un punto di vista legale, nell’adozione di un sistema di sorveglianza integrato con i cellulari quali sono i passi di cui tenere conto?

“Se dobbiamo pensare a una normativa che possa regolare l’adozione di sistemi di sorveglianza collegati ai nostri dispositivi e il conseguente riutilizzo dei dati ottenuti, ci sono delle condizioni di cui tenere conto:

  • i servizi devono essere sviluppati e gestiti dalle agenzie civili e non dai servizi segreti
  • la maggioranza qualificata del governo deve avere il controllo dell’intero sistema
  • ci deve essere una timeline: finita l’emergenza si pone fine al sistema di controllo
  • eventuali scoperte che vengono fatte sulle persone non devono essere utilizzate. 

Ad esempio, molti cittadini austriaci si sono detti preoccupati che si possa scoprire collaboratori domestici in nero nelle loro abitazioni”.

Ma le difficoltà non sono finite qua: anche concesso che si arrivi a una normativa efficace e che permetta di mantenere segreti alcuni dati sulla privacy delle persone, si dovrebbe tenere conto delle interazioni tra i network diversi a cui fanno riferimento i cittadini. Un incubo di concessioni e accordi per il trasferimento e l’utilizzo di dati sensibili, difficile da regolamentare.

Questionario COVID per fumatori e non, svapatori e non

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Pochi minuti del vostro tempo saranno necessari per aiutare i ricercatori della Lega Italiana Anti Fumo a trovare le risposte per combattere il #COVID.

Il COVID è pandemia che colpisce tutto il mondo e che bisogna combattere valutando e analizzando ogni aspetto della salute pubblica internazionale.

A tal proposito, LIAF Italia ha appena pubblicato on-line un questionario rivolto a tutti (fumatori, ex fumatori, mai fumatori e svapatori) che si trovano in una situazione di isolamento sociale. Si tratta di poche domande sugli stili di vita di questi giorni e di qualche commento su quello che stiamo vivendo.

L’obiettivo del questionario è capire se esiste una eventuale correlazione tra fumo, svapo e COVID o no e indicati eventuali azioni da compiere per rispondere all’isolamento.

Compilarlo è davvero semplice. Il questionario è anonimo e la compilazione richiede pochissimi minuti.

Dinamiche comportamentali legate al fumo e al vaping durante le restrizioni conseguenti all’emergenza Corona Virus* Il nostro obiettivo è quello di documentare come cambiano i comportamenti dell’individuo in relazione all’uso di sigarette, prodotti da svapo e sistemi a tabacco riscaldato a se…

Teenager e vaping: la moda e i social media

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teenager vaping and social media

La moda, il gruppo: molto spesso essere adolescenti significa uniformarsi qualitativamente allo stile di vita dei coetanei. L’approvazione passa attraverso canoni ben precisi: il modo di portare un determinato abbigliamento, un oggetto che per forza si deve possedere o un’abitudine. 

E qui sta il rischio: molto spesso le abitudini che il gruppo “impone” non sono salutari. 

La sigaretta elettronica è riconosciuta come uno strumento efficace che aiuta a smettere di fumare. Ma molto spesso, si vedono adolescenti iniziare ad utilizzarla per emulare personaggi famosi o amici.

Ma come si elimina una tendenza senza creare un danno maggiore: è colpa della pubblicità o è colpa del messaggio che viene dato? 

Se da un alto abbiamo la necessità di diffondere uno strumento che aiuta a salvare vite dall’altra abbiamo anche l’obbligo morale di proteggere le categorie più a rischio.

Gli ultimi dati parlano chiaro: secondo le stime dell’American Lung Asssociation, il numero di adolescenti che usano le ecig è aumentato ma bisogna anche rapportare questo aumento ad una diminuzione sostanziale del numero di adolescenti che si approcciano al fumo di sigaretta convenzionale

Ma come mai i teenager svapano?

Da una parte abbiamo una tendenza di gruppo, un bisogno di non distaccarsi dalla massa: l’amico ti incita a provare, dunque perché non farlo. 

In secondo luogo, bisogna considerare che durante l’adolescenza tutto quello che è proibito affascina maggiormente: con le ecig abbiamo la possibilità di nascondere un vizio molto più facilmente.

In ultimo, la pubblicità che circonda questo ambiente sortisce un duplice effetto: la sigaretta elettronica è più sicura di quella tradizionale, i dati lo dimostrano, ma non è concepita per iniziare al fumo chi non ha mai svapato.

Senza contare, che in qualunque forma, la nicotina sui teenager è comprovato causi problemi a livello di salute e di sviluppo.

Un dibattitto quanto mai attuale: l’informazione diventa veicolo di un messaggio dagli effetti molteplici, ma la buona notizia è che le soluzioni esistono.

Da un alto si deve limitare quanto più possibile l’accesso a tali dispositivi sotto una soglia di età. In seguito sviluppare strategie che tengano conto del perchè si accede al vaping in giovane età: capire la motivazione alla base della scelta è l’arma migliore che possediamo per capire quale sia la direzione verso cui muoverci. E se abbiamo a che fare con adolescenti che sono passati allo svapo per smettere di fumare, allora c’è da chiedersi se non sia stata la scelta più giusta.