giovedì, Gennaio 16, 2025
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Coronavirus: via alle donazioni per il Policlinico di Catania

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In questo momento di emergenza dovuta al coronavirus tante sono le iniziative volontarie di associazioni e non per dare un contributo alla sanità italiana.

A  Catania, nello specifico, l’associazione composta da giovani medici della provincia etnea, “MetaMedica”, ha lanciato una campagna di donazioni per sostenere ed implementare l’attività svolta dall’ospedale Policlinico Vittorio Emanuele di Catania.

MetaMedica nasce agli inizi del 2019 dall’idea di un gruppo di medici, amici e colleghi, che amando la loro professione, hanno deciso di dare vita ad una organizzazione no profit che possa veicolare la cultura della salute. MetaMedica rivolge il proprio lavoro all’intera comunità, con lo scopo di rendere fruibili a tutti le competenze medico scientifiche che caratterizzano la professionalità dei propri soci, impegnati attivamente ed a vario titolo nella nostra realtà territoriale.

Ora più che mai nel pieno di una delle più grandi emergenze sanitarie della storia, determinata, come tutti sappiamo, dalla diffusione del COVID-19, abbiamo deciso, ci dicono il presidente, Antonio Fusco e il vice presidente di MetaMedica, Carlo Bellanca (che è anche uno dei ricercatori della Lega Italiana Anti Fumo): “Che vista da una parte la mission della nostra associazione e dall’altra la nostra professione, è giusto dare un contributo al nostro sistema sanitario nella gestione di tale emergenza rivolgendo un appello a tutta la popolazione”.

Allo scopo di supportare la nostra terra in questo momento di difficoltà, Metamedica ha lanciato una raccolta fondi per sostenere il Policlinico di Catania ad incrementare la disponibilità di tutte le risorse utili a fronteggiare l’emergenza, lasciando all’azienda ospedaliera, la possibilità di decidere cosa acquistare (DPI, Ventilatori, Farmaci, Posti Letto, etc…).

È possibile partecipare alla raccolta fondi andando su questo link e compilando i campi richiesti. http://gf.me/u/xqgcn4 

Ricordiamo inoltre, che in questo momento sono tante le piattaforme disponibili on line che hanno avviato iniziative a sostegno delle strutture ospedaliere del territorio.

Se stiamo a casa, occupiamo un pò del nostro tempo per il sostegno di tutti.

 

Fumo e svapo non hanno correlazione con l’aumento del rischio di contagio da Coronavirus

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Fumo e svapo non hanno correlazione con l’aumento del rischio di contagio da Coronavirus 
A dirlo il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR dell’Università di Catania che in un un tweet di risposta al sindaco di New York, Bill de Blasio, ha così commentato: 
“Indagini cliniche dettagliate dei casi ospedalizzati per COVID-19 evidenziano linfopenia (la presenza di un diminuito numero di linfociti nel sangue) e eosinopenia (un valore di eosinofili più basso del normale). Malattie allergiche, asma, BPCO e abitudine al fumo non sono fattori di rischio per Coronavirus, mentre non sorprende che lo siano l’etá avanzata e le comorbiditá. Smettere di fumare resta una regola ferrea per tutti, ma le preoccupazioni per il dilagare del COVID-19 non possono giustificare dichiarazioni improvvisate e prive di evidenze scientifiche. Dico basta a politici – riferendosi al primo cittadino di New York – che si improvvisano cultori della materia medico scientifica”. 

De Blasio: fumo e svapo aumentano i rischi per chi contrae il coronavirus

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Anche a New York il primo cittadino Bill de Blasio dice la sua su svapo, fumo e coronavirus, ma il Prof. Riccardo Polosa interviene con un tweet infuocato.

Da oltreoceano, il sindaco di New York De Blasio ha infatti dichiarato durante una conferenza che i fumatori e gli svapatori sono più a rischio di incorrere in gravi decorsi patologici se contraggono il coronavirus.

“Se sei un fumatore o uno svapatore sei più a vulnerabile” ha dichiarato De Blasio, chiedendo ai newyorkesi di cercare aiuto per smettere. Se siete fumatori o svapatori questo è un ottimo momento per abbandonare il vizio e noi vi aiuteremo”.

Rischio maggiore sopratutto per quei soggetti che rientrano in determinate categorie: gli over 50 o le persone affette da particolari patologie cardiovascolari, ai polmoni, con diabete o con il sistema immunitario compromesso.

La dichiarazione non è però di certo passata inosservata e con un tweet infuocato, il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, ha appena affermato:

“Su quali prove scientifiche ci stiamo basando? Anche se è stato dimostrato che il fumo aumenta la suscettibilità alle infezioni respiratorie, ai batteri e ai patogeni virali e smettere di fumare sembra abbassare il rischio di infezioni respiratorie, lo stesso non si può applicare agli svapatori” 

“L’uso regolare di sigarette elettroniche può ridurre l’attività dei patogeni, probabilmente a causa della presenza di glicole propilenico nell’aerosol, che è riconosciuto abbia una funzione antibatterica e antivirale. L’attività antibatterica è stata recentemente mostrata nei liquidi per sigarette elettronica in commercio. Inoltre, un sondaggio online suggerisce che il vaping non aumenta i tassi di infezione e può infatti portare a un diminuzione delle infezioni virali delle vie superiori” – ha aggiunto Polosa.

Philip Morris International: gli esperti USA varano una politica proibizionista

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Quando si parla di salute pubblica, gli americani tendono ad adottare un approccio rigido e selettivo. A maggior ragione quando si tratta di valutare l’efficacia e la pericolosità di prodotti a danno ridotto, come le sigarette elettroniche.

Una diatriba quanto mai attuale, il cui punto focale ora sembra vertere sulla prevenzione in materia di fumo, soprattutto tra i giovani in età pre-adolescenziale e adolescenziale.
“Dovreste sviluppare prodotti più sicuri”
Così incomincia il comunicato della Philip Morris: l’industria vuole spiegare quale sia la direzione che il reparto ricerca e sviluppo sta prendendo.
Secondo il colosso statunitense, gruppi di esperti, finanziati prevalentemente dalla Bloomberg Philanthropies, starebbero impendendo a chi fuma di scegliere in libertà alternative che scientificamente sono meno dannose della sigaretta convenzionale, trincerandosi dietro l’egida della salute pubblica.
La risposta sembra essere semplice: questi esperti stanno portando avanti una campagna proibizionista, attaccando quella che, a detta del comunicato, è l’unica azienda pubblicamente esposta e impegnata nell’eliminare le sigarette.
Il timore rimane che di fronte alla negazione al pubblico di informazioni accurate e scientifiche, i fumatori, spaventati da possibili ritorsioni in termini di salute, possano semplicemente decidere di continuare a fumare, senza valutare le alternative.
I numeri del comunicato della Philip Morris
  • I prodotti smoke-free rappresentano un quinto del business dell’azienda, partendo da una base di zero cinque anni fa
  • Dal 2008, la Philip Morris ha investito 7.2 miliardi di dollari per sviluppare alternative scientificamente valide alle sigarette tradizionali
  • Quasi 10 milioni di adulti hanno completamente smesso di fumare passando a prodotti a tabacco riscaldato elettrici, presenti in almeno 52 mercati
  • Mentre smettere rimane l’opzione migliore, le ricerche di mercato in molti paesi mostrano che l’80% degli adulti che fumano vogliono alternative migliori.
  • Nel 2019, il 71% delle spese è stata dedicata ai prodotti smoke-free

Ricercatori a European Respiratory Society: serve razionalità con le ecig

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In una recente pubblicazione, il Dott. John Britton, Dott.Jacob George, Dott.ssa Linda Bauld, rispondono punto per punto a uno scritto pubblicato da ERS Tobacco Control Committee della European Respiratory Society.

Un nuovo articolo comparso su European Respiratory Journal “A rational approach to e-cigarettes – challenging: ERS policy on tobacco harm reduction” confuta le posizioni pubblicate dall’ERS Tobacco Control Committee riguardo la riduzione del danno in materia di tabagismo.

Il comunicato della European Respiratory Society ha suscitato notevoli perplessità a causa delle premesse fuorvianti da cui parte e delle considerazioni finali elaborate su un numero limitato di dati.

La risposta dei ricercatori di questo gruppo non si è fatta attendere e, di seguito, troviamo la confutazione punto per punto dell’elenco emesso dalla European Respiratory Society:

  1. Le teorie sulla riduzione del danno si basano sull’idea che che i fumatori non possano o non vogliono smettere.  L’Europa ha uno dei tassi di fumatori più alto e le politiche di prevenzione e cura sono spesso inadeguate. I tassi sul fumo vengono associati a condizioni economiche svantaggiose, sottolineando come questo dato sia in realtà un sintomo di disparità sociale in materia di salute.
  2. Non è dimostrato che le ecig siano efficaci quanto le terapie sostitutive a base di nicotina. Quando i fumatori utilizzano terapie sostitutive a base di nicotina, anche in mancanza di una manifesta volontà a smettere, hanno il doppio delle possibilità di abbandonare per sempre il fumo. In un trial clinico, le ecig hanno dimostrato di essere due volte più efficaci delle terapie comuni, mentre in un recente studio neozelandese si sono rivelate addirittura quattro volte più efficaci dell’utilizzo del solo cerotto.
  3. La riduzione del danno si basa sull’idea che i fumatori sostituiscano le sigarette convenzionali con prodotti alternativi. La teoria sulla riduzione del danno non presume che tutti i fumatori passino alle ecig. La strategia si basa invece su una aspettativa iniziale, che trova riscontro in prove scientifiche e che porta alla considerazione che un’adeguata proporzione della popolazione possa switchare.
  4. La teoria sulla riduzione del danno si basa sull’idea che i prodotti  alternativi siano generalmente innocui. Per definizione, le strategie di riduzione del danno si basano sulla riduzione più che sull’eliminazione completa del danno, ed i possibili rischi derivanti da un uso a lungo termine non sono ancora stati definiti.
  5. I prodotti alternativi a base di nicotina possono avere un impatto negativo in termini di salute pubblica anche se alla fine si dimostrano meno dannosi delle sigarette convenzionali. Questa considerazione purtroppo deve anche tenere conto che ci sia un numero crescente di giovani che diventano dipendenti dalla nicotina e possono proseguire diventando fumatori. I tassi di utilizzo tra i teenager in USA e UK stanno calando. Stesso discorso vale per i fumatori adulti, in maniera maggiore in quanto la popolazione più vecchia è più propensa all’utilizzo delle ecig. C’è da considerare inoltre che il modello comportamentale degli adulti influisce sui più giovani: meno adulti fumatori significa meno ragazzi fumatori.
  6. I fumatori vedono i prodotti alternativi a base di nicotina come una alternativa attuabile all’uso dei servizi e farmacoterapie di smoking cessation basate su prove scientifiche. Le nuove terapie dovrebbero essere ben accette, soprattutto se quelle tradizionali falliscono. È però incorretto pensare a una sola linea d’azione, visto che il supporto psicologico abbinato alle terapie sostitutive a base di nicotina aumenta i tassi di abbandono. Inoltre l’accesso a programmi e servizi è poco egualitario e rifiutare strategie di riduzione del danno potrebbe aumentare il divario sociale in termini di salute.
  7. La teoria della riduzione del danno si basa sull’assunto che non possiamo diminuire “l’epidemia” del tabacco. La riduzione del danno va ad implementare le strategie tradizionali, non le sostituisce. Sfruttando un approccio razionale e regolato alle sigarette elettroniche, la Gran Bretagna sta sperimentando un calo dei tassi di fumatori, da 20.2 nel 2011 al 14.7% nel 2018. L’ambizione dell’Inghilterra è quella di ridurre le statistiche sul fumo del 5% entro il 2030.

In conclusione, andare contro le ecig significa, in primo luogo, incentivare i fumatori a non abbandonare le sigarette convenzionali e morire prematuramente di cancro o malattie cardiovascolari o respiratorie. In secondo luogo, chi ha già cambiato potrebbe ricadere nel vizio. Terzo, l’argomento che il vaping non aiuti le persone a smettere, contrariamente alle prove che invece lo fa , rischia di minare la fiducia del pubblico nella scienza.

Public Health England: distinzioni di rischio tra ecig e bionde convenzionali

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public health england

Public Health England pubblica una serie di raccomandazioni per le organizzazioni di salute pubblica in materia di tabagismo ed ecig

Ad oggi, sappiamo che le sigarette elettroniche aiutano ogni anno tra i 50000 e i 70000 fumatori a smettere in Inghilterra. Tali strumenti a rischio ridotto abbinati a un costante supporto psicologico, aumentano tassi di successo tra i fumatori, come emerso da un trial randomizzato del 2019.

Per scongiurare il pericolo che campagne di informazioni fallaci non siano chiare circa le distinzioni in termini di rischio tra sigarette elettroniche e bionde convenzionali, Public Health England ha pubblicato una serie di raccomandazioni da seguire a livello istituzionale:

  1. Assicurarsi che le politiche siano chiare nell’esprimere la distinzione tra sigarette e vaping e che si fondino su prove scientifiche affidabili.
  2. Incorporare l’uso di sigarette elettroniche nei trattamenti di smoking cessation, includendo direttive chiare sulle modalità di accesso a tali strumenti da parte dei pazienti e come approcciarvisi.
  3. Includere informazioni sulle ecig nelle politiche di Smoking cessation istituzionali, con processi regolamentati.
  4. Allinearsi con le direttive di Smoking: acute, maternity and mental health services (PH 48).
  5. Chiarire che tali politiche si applicano indistintamente allo staff, ai pazienti e al pubblico, dunque tenere conto di qualsiasi categoria quando si emano tali direttive.
  6. Formare uno staff competente.
  7. In caso di pazienti che stanno provando a smettere, non affrettarli ad interrompere l’uso con la sigaretta elettronica, perché si potrebbe incentivare una ricaduta.

 

 

 

 

American Heart Association fa marcia indietro: ecig ed infarto non correlati

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Avevamo preparato questo articolo qualche giorno fa ma oggi più che mai ci torna utile condividerlo con voi.

Un interessante articolo pubblicato sulla rivista scientifica dell’American Heart Association ha di recente affermato che lo svapo può provocare attacchi di cuore. A causa di svariate pressioni però, l’American Heart Association ha deciso di ritirare lo studio già ampiamente diffuso in cui si afferma che l’uso delle sigarette elettroniche aumenta le probabilità di avere un infarto.

Autori come Stanton Glantz e Dharma Bhatta dell’Università della California (San Francisco) hanno dichiarato che sia lo svapo che il fumo di sigarette convenzionali possono provocare infarti e continuare a fare entrambe le cose è un’associazione ancora più pericolosa.

La dichiarazione non è per niente piaciuta alla rivista scientifica dell’American Heart Association che ha affermato che lo studio sia fondato su fonti non affidabili.

Brad Rodu, un esperto di controllo del tabacco dell’Università di Louisville, ha notato che molti degli svapatori che Glantz Bhatta hanno analizzato per lo studio erano ancora dei fumatoriRodu, infatti, sostiene che è proprio l’uso di sigarette convenzionali ciò che rende più probabile gli attacchi di cuore.

Glantz e Rodu si sono confrontati e, scambiandosi reciproche critiche, hanno attirato l’attenzione di diversi scienziati che, proprio in una lettera inviata di recente alla rivista, hanno chiesto l’immediato ritiro dello studio, sulla base del fatto che i dati esaminati non permettevano di stabilire se gli infarti erano avvenuti prima o dopo che i soggetti avevano iniziato ad usare le sigarette elettroniche.

La rivista a quel punto, si legge sul sito dello stesso Jaha, ha chiesto informazioni aggiuntive ai ricercatori, che però non sono state giudicate soddisfacenti soprattutto perchè gli autori non avevano più accesso al database da cui avevano ricavato i dati.

“A causa di questi problemi – conclude il sito della rivista – i revisori sono preoccupati che le conclusioni dello studio sono inaffidabili”.

Quello che emerge dai diversi studi e dalle molteplici analisi è che tutte le persone che hanno sofferto di attacchi di cuore e quindi di infarti, sono tutti degli ex fumatori di tabacco.

Approccio razionale ecig: i punti chiave contro Tobacco Control Committee

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Un gruppo di ricercatori diretto da John Britton ha recentemente pubblicato un articolo sull’European Respiratory Journal chiedendo a gran voce di recuperare un approccio razionale in materia di ecig.

Di seguito i punti chiave per approcciarsi razionalmente alle ecig:

Stop what you’re doing: il flash mob per smettere di fumare

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Il Coro Che Non C'è

17 febbraio 2020 – Il “Coro che non c’è” ha pubblicato oggi il video Stop what you’re doing, un vero e proprio flash mob organizzato dal Centro nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS, Istituto Superiore di Sanità.

Un coinvolgimento concreto dei ragazzi ed un messaggio diretto al loro stessi, alla possibilità di cambiare.

Di cosa si tratta?

100 ragazzi provenienti da diversi licei romani, tra questi l’istituto Albertelli, De Sanctis, Keplero e Visconti, hanno organizzato un flash mob per sensibilizzare le persone e i coetanei sui danni del fumo.

L’iniziativa degli studenti romani ha come scopo quello di far conoscere il Numero Verde 800 55 40 88 dell’ISS Istituto Superiore di Sanità, creato specificatamente per il fumo e i danni che ne conseguono.

E, secondo quanto riferito da molti dei nostri pazienti, anche non molto noto ai fumatori.

L’ambiente scelto per il video è l’interno del Liceo Cavour di Roma. I cento ragazzi, ripresi durante una lezione, interrompono le loro attività e danno inizio al flash mob. Cartelli alla mano, cercano di invitare chi guarda a rendersi conto di quanto il fumo possa creare una vera e propria dipendenza e quali danni conseguono da questa scelta.

La canzone Stop what you’re doing è stata composta da Gabriele D’Angelo e Massimo Fava, la regia è di Marco Signoretti, la direzione artistica è di Dodo Versino, la produzione esecutiva è stata affidata a Davide Dose e Lorenzo Monaci.

Obiettivo dell’Istituto Superiore di Sanità e del Coro che non c’è è quello di coniugare due elementi fondamentali: la tematica ambientalista e la salute individuale.

Noi di CoEHAR da anni promuoviamo iniziative simili nel territorio siciliano, coinvolgendo le scuole e le istituzioni di riferimento.

Il progetto “LIAF nelle scuole”, condiviso da pochi giorni, ed il progetto Ma il video dei 100 ragazzi merita proprio di essere condiviso!

L’understatement: perché non smettere di fumare in maniera ironica?

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Smiling senior academic professor smoking a pipe and reading a book

Un interessante articolo di Ricky Farina pubblicato di recente su Il Fatto Quotidiano spiega in che modo si può smettere di fumare attraverso l’understatement.

Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand’è l’ultima. Anche le altre hanno un loro gusto speciale, ma meno intenso. L’ultima acquista il suo sapore dal sentimento della vittoria su sé stesso e la speranza di un prossimo futuro di forza e di salute. Le altre hanno la loro importanza perché accendendole si protesta la propria libertà e il futuro di forza e di salute permane, ma va un po’ più lontano.

Così scriveva Italo Svevo su Zeno Cosini e la sua ultima sigaretta, nel romanzo La coscienza di Zeno. Così si può, forse, smettere di fumare, praticando l’understatement.

Understatement è un termine inglese che tradotto in italiano significa “minimizzare”, avere un atteggiamento ironico, di superficie ma non superficiale. Ma cosa significa nella pratica?

Significa, in generale, avere eleganza d’animo anche in situazioni negative. Nel caso specifico di nostro interesse, possiamo fare il seguente esempio: “non ho smesso di fumare, ho solamente rimandato la prossima sigaretta” (a proposito della Coscienza di Zeno Cosini).

Questo è understatement: non avere un’ottica radicale, ma ironica

Per Ricky Farina l’understatement è un atteggiamento che appartiene allo spirito. Non si tratta, spiega, di disconoscere l’importanza di un fatto bensì di minimizzarlo prendendone le distanze.

Com’è possibile applicare questo atteggiamento al vizio del fumo?

Ricky racconta diversi aneddoti, tra questi la storia dell’amico Gatto (ex dirigente della Philips), che si ammala di un male incurabile: ciò che gli dispiace maggiormente è non poter vedere crescere la propria bambina, invece del pensiero di morire. Questo è quello che lui stesso definisce understatement.

Così il filmaker decide di smettere di fumare. Per una questione di cortesia nei confronti delle proprie cellule. Perché continuare a danneggiarle? È ovvio che smettere di fumare non garantisce l’immortalità, ma perché “aiutare” la morte? Questo atteggiamento ironico e distaccato, lo ha aiutato a non fumare per oltre sei mesi.

Finiremo tutti dentro a un grande portacenere“, afferma Ricky. Ma quello che dovremmo augurarci è finire l’ultima sigaretta e non finire e basta.

Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.

Ripensando allora al protagonista della Coscienza di Zeno che abbiamo citato prima: non era forse anche quella una forma ironica di understatement?