giovedì, Gennaio 16, 2025
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Usi le Ecig ogni giorno? Hai più probabilità di smettere in meno di 5 anni

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ecig farsalinos

L’uso delle ecig aiuta nei percorsi di smoking cessation: per la prima volta, le abitudini di svapatori “quotidiani” e occasionali vengo studiate separatamente, analizzando inoltre da quanto tempo sono ex fumatori.

La ricerca, pubblicata su Tobacco Control e condotta dal Dott. Konstantinos Farsalinos e dalla Dott.ssa Anastasia Barbouni ha analizzato un campione rappresentativo di 13.057 europei provenienti da 28 paesi diversi (6904 fumatori e 6153 ex), studiandone i percorsi di smoking cessation nell’arco del 2017.

Lo studio ha dimostrato che gli utilizzatori giornalieri di sigarette elettroniche sono sopratutto persone che hanno smesso negli ultimi 5 anni. Analizzando l’Eurobarometro del 2017, più della metà degli intervistati a riportato di essere ex-fumatori da oltre 10 anni, ma tra questi solo il lo 0.2% usa ecig.

Più di un terzo (28.2%) degli ex fumatori da meno i due anni ha riportato l’utilizzo della sigaretta elettronica. Il 20.5% ha riportato un uso corrente o passato. Questo ha dimostrato un aumento dell’utilizzo delle ecig dal 2015 (l’ultimo sondaggio simile è stato infatti pubblicato nel 2014, non tenendo però conto di quando gli intervistati avevano smesso di fumare).

Tra gli ex fumatori, l’uso della sigaretta elettronica è maggiore tra coloro che hanno smesso negli ultimi due anni (12.9%) rispetto a chi ha smesso tra i 3 e i 5 anni fa (9%).

Abbiamo intervistato il Dott. Farsalinos per parlare dei risultati di questo nuovo studio.

Le sigarette elettroniche sono utili per abbandonare il fumo definitivamente. Quali sono le attuali statistiche in merito? 

Penso che non ci sia alcun dubbio che le sigarette elettroniche siano un valido supporto nei percorsi di smoking cessation. Basandoci sui dati provenienti dalla popolazione, le ecig sono utilizzate prevalentemente come ausilio nei percorsi di smoking cessation e un vasto numero di studi hanno dimostrato come l’utilizzo di sigarette elettroniche su base giornaliera sia associato fortemente ai percorsi di abbandono del sigaretta convenzionale.

In questo nuovo studio, è emerso che gli utilizzatori giornalieri di sigarette elettroniche hanno un probabilità 3/5 volte maggiore di essere ex fumatori in meno di 5 anni rispetto a chi non le ha mai utilizzate. Può parlarci brevemente della sua ricerca?

Nel nostro ultimo studio abbiamo analizzato i dati presenti nell’Eurobarometro del 2017, un questionario promosso dalla Commissione Europea che contiene interviste ad oltre 27.000 europei.

Abbiamo studiato soggetti fumatori ed ex fumatori, per un totale oltre 13.000 partecipanti. A differenza di studi precedenti, nel 2017 è stata aggiunta una domanda per determinare da quanto i partecipanti avessero smesso. Importante poiché molti ex-fumatori hanno smesso molto prima che le ecig diventassero disponibili sul mercato: questo comporta un serio pregiudizio quando si cerca di analizzare la correlazione tra utilizzo di ecig e percorsi di smoking cessation.

Un altro importante risultato in questo studio è che le sigarette elettroniche non sono popolari tra gli ex-fumatori che hanno smesso prima che questi strumenti diventassero disponibili, dunque non rischiano di ricadere in abitudini di inalazione attraverso l’utilizzo delle ecig.

Quali sono dunque i risultati delle ultime ricerche e su cosa state lavorando attualmente?

Penso che le prove che le sigarette elettroniche siano molto meno dannose del fumo convenzionale siano ormai schiaccianti.

Questo ci da molto più sicurezza nel poter consigliare le ecig ai fumatori che non possono o non vogliono smettere di fumare attraverso i metodo convenzionali. Penso che dal punto di vista etico, abbiamo raggiunto un momento in cui sia discutibile scoraggiare questi soggetti fumatori dal passare alla sigaretta elettronica perché continueranno semplicemente a fumare.

Sto lavorando a diversi progetti al momento incluso uno sulle emissioni e l’uso di sigarette elettroniche tra gli adolescenti negli USA.

Diritti umani e politiche pubbliche al GFN 2020

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A Giugno l’edizione annuale del Forum Globale sulla Nicotina #GFN2020. Come i lettori di LIAF sanno bene, si tratta del principale evento mondiale di discussione sulla nicotina e anche quest’anno si terrà a Varsavia dall’11 al 13 Giugno.

Il tema dell’edizione 2020 è “Nicotina: scienza, etica e diritti umani“. Durante la conferenza, i maggiori esperti di antifumo al mondo esamineranno i progressi nella scienza sui nuovi dispositivi a rischio ridotto, gli argomenti etici e le questioni dei diritti umani rispetto alle politiche di salute pubblica.

La conferenza riguarderà settori come la scienza, tossicologia, test, studi clinici, dipendenza da nicotina, nuovi prodotti, sviluppi nella produzione e negli standard normativi e le numerose opportunità di networking promosse da centinaia di scienziati, giornalisti e consumatori diretti che parteciperanno alla kermesse.

Tra i relatori, anche numerosi protagonisti delle ricerche del CoEHAR e delle interviste della LIAF. Tra loro Kostantinos Farsalinos, Marewa Glover, Colin Mendelsohn, Jacques le Houezec e un intervento del neo direttore del CoEHAR, Giovanni Li Volti.

USA: più restrizioni sulle ecig, più fumatori

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Un interessante articolo della BBC spiega come e perché le restrizioni sul vaping potrebbero far aumentare di nuovo il numero di fumatori nel mondo.

Il primo dato da considerare è che la maggior parte dei fumatori, in genere, inizia a fumare molto presto. Il fumoall’età di quindici anni, viene considerato quasi come un atto/rito romantico, un momento di “evasione” che permette di superare attimi di ansia o di stress che si vivono nella vita quotidiana. Si pensi ai ragazzi che frequentano ancora il liceo, o agli studenti universitari prima di un esame.

L’idea del fumo è terribilmente associata ad un antistress. Quando il primo tira si fa a quindici anni, si arriva ai venti fumandone sempre di più, poi ai trenta e cosi via … ma quello che contemporaneamente è il senso di colpa e la voglia di smettere che non si associa alla forza di farlo davvero.

Negli ultimi mesi, negli Stati Uniti diversi avvenimenti hanno stravolto alcuni processi di smoking cessation facendo tornare migliaia di fumatori di nuovo al fumo.

Per una breve cronostoria, ricordiamo in primis il fenomeno JUUL (le sigarette elettroniche che hanno fatto tremare le multinazionali del tabacco) e l’ascesa incredibile del numero di utilizzatori che nel giro di poche settimane hanno cambiato le proprie abitudini tabagiche. Poi, purtroppo, la tremenda e misteriosa malattia che ha preso il nome di EVALI. Un’epidemia che ha causato vittime, soprattutto giovani, ustioni chimiche e trapianti polmonari. La causa, come tutti sappiamo, è da considerare relativa alle tracce di THC ritrovate all’interno degli strumenti utilizzati.

Ciononostante, il “panico morale” e spesso non giustificato relativo alla causa di questa epidemia, secondo alcuni esperti, sembrerebbe non chiaro. E sebbene, la prudenza in alcuni casi non è mai troppa, in questo ha proprio stravolta la cronaca quotidiana deviando il pubblico dalla conoscenza della reale causa dell’epidemia.

Questo ha fatto si che le autorità iniziassero una battaglia contro lo strumento, sia sul piano del commercio, sia su quello della regolamentazione. Il risultato è stato un continuo allontanarsi dei fumatori da uno strumento di riduzione del danno. Ricerche e studi, sappiamo, dimostrano che le elettroniche possono essere due volte più efficaci dei cerotti alla nicotina, delle gomme e degli spray. Motivo per cui le autorità sanitarie inglesi promuovono il vaping come strumento per smettere definitivamente.

Nel Regno Unito quasi 50.000 persone hanno smesso di fumare grazie all’utilizzo delle Ecig. In America sono all’incirca 480.000 le persone che muoiono ogni anno a causa del fumo, considerato ancora il nemico n. 1 della salute pubblica.

Ciò significa che la costante attenzione data ai limiti verso le elettroniche potrebbe riportare gli ex fumatori alle sigarette convenzionali. 

In generale, negli Stati Uniti, sta diventando difficile acquistare qualsiasi tipo di sigaretta elettronica ed il risultato non sembra altro che l’aumento del numero dei fumatori.

Al via il tour di LIAF nelle scuole

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Liaf nelle scuole! Parte il nuovo progetto promosso dalla Lega Italiana Anti Fumo in collaborazione con il CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania che coinvolgerà tutte le scuole italiane, a partire da quelle della provincia di Catania.

Il primo appuntamento è previsto per Venerdì 14 Febbraio alle ore 9 presso l’Istituto Comprensivo “Giuseppe Macherione”.        

Il progetto “Liaf nelle scuole” ha l’obiettivo di promuovere la cultura antifumo nei delicati ambienti scolastici, spesso luoghi prescelti dagli adolescenti per l’ingresso al tabagismo.

Grazie ad un calendario di incontri formativi, realizzato in collaborazione con la direzione scolastica, i referenti di LIAF illustreranno ai ragazzi i reali danni causati dal fumo di sigaretta convenzionale e le conseguenze negative su tutta la loro vita, cosi da distoglierli dall’approccio al tabagismo.

Gli incontri avranno una durata di quattro ore e prevedono sessioni di interventi da parte di medici, psicologi, istituzioni e operatori della comunicazione.

In occasione del World No Tobacco Day 2020, inoltre, LIAF e CoEHAR presentano il contest per il miglior video antifumo realizzato dai ragazzi. I partecipanti agli incontri formativi sono invitati a realizzare un video di pochi minuti per presentare la propria idea di “lotta al tabagismo” e “stili di vita sani”. Il 31 Maggio 2020 una giuria composta da esperti di politiche antifumo valuterà i video presentati e premierà il prodotto migliore, sulla base dell’originalità e dell’impegno proposto!

Per maggiori informazioni chiama il numero 095 4781472 o invia email a [email protected]

Instagram e Vaping: un’arma a doppio taglio

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vaping e instagram

Secondo un nuovo studio, primo nel suo genere, e pubblicato di recente su Frontiers in Communication, gli hashtag positivi sul vaping stanno in un rapporto di 10.000 a 1 rispetto a quelli dichiaratamente contro.

Per arrivare a questo risultato, gli studiosi hanno analizzato più di 200.000 post su Instagram rilevando una netta posizione positiva nei confronti dello strumento, sebbene le indicazioni che arrivano dalle testate giornalistiche di tutto il mondo siano nettamente contrarie. 

Nel frattempo, a discapito di quanto testimoniato da milioni di utilizzatori, Instagram e facebook in un comunicato societario di poche settimane fa, inquadrano le sigarette elettroniche al pari delle armi. “In quest’ottica – si leggeva già a dicembre – non saranno consentiti contenuti brandizzati che promuovono prodotti a base e per il consumo di tabacco e armi. Le normative pubblicitarie di Instagram vietano da tempo la pubblicità di questi prodotti, e verranno applicate nelle prossime settimane”. 

Insomma: le armi uccidono, le sigarette convenzionali uccidono, le sigarette elettroniche riducono i danni delle seconde e salvano vite ma vengono comunque considerate al pari delle prime. C’è qualcosa che non quadra. 

E ciononostante, per artisti, influencer e personaggi famosi la sigarette elettronica è considerata un arma. E sebbene essa sia ormai una vera tendenza che spopola sui canali social come instagram e youtube, non sarà più possibile farla vedere. 

La preoccupazione dei vertici di Facebook è di certo legata al pericolo reale di un utilizzo ingiustificato da parte dei minori. Il binomio infatti tra l’utilizzo della sigaretta elettronica e la popolarità dei personaggi famosi, crea una fascinazione sopratutto sui soggetti più giovani, in linea teorica la fascia di età che più dovrebbe essere salvaguardata e avvertita dei pericoli connessi all’utilizzo di prodotti contenenti nicotina. 

Una necessità che presenta una caratterizzazione duale: da una lato la diffusione della sigarette elettronica potrebbe essere uno dei metodi più efficaci per aiutare coloro che vogliono abbandonare del tutto la sigaretta convenzionale, dall’altra invece la pubblicizzazione di tali prodotti su canali dove il controllo dell’audience e il messaggio veicolato non sono facilmente impostabili crea il fenomeno opposto, ledendo le categorie più a rischio.

I ricercatori della UC Berkeley Center for Integrative Research on Childhood Leukemia and the Environment (CIRCLE) hanno analizzato i post su Instagram, identificato come il canale maggiormente utilizzato per sponsorizzare tali prodotti, intervistando 5 influencer legati al mondo del vaping e 8 ragazzi in età da college utilizzatori dei social media.

I post studiati sono stati messi a confronto con quelli della campagna lanciata nel 2018 dall’FDA THE REAL COST: i primi ricevono in media un numero di like tre volte maggiore rispetto a quelli della campagna di sensibilizzazione. I partecipanti del focus group hanno inoltre sottolineato come i post dell’FDA “spaventino” invece che offrire soluzioni su come abbandonare del tutto lo svapo. 

Speriamo che questi risultati informino gli enti di salute pubblica sui canali più popolari usati dagli influencer dello svapo per promuovere contenuti sui tali prodotti soprattutto tra i più giovani per cercare di contrastare il marketing delle ecig e fermarne la proliferazione”, ha dichiarato Julia Vassey, autrice dello studio.

A rinforzare la stretta ci pensa l’Autorità internazionale che regolamenta la pubblicità su instagram: una tirata d’orecchie ad alcune aziende del settore, quali la British American Tobacco, Ama Vape, Attitude Vapes e Global Vaping Group, accusate della promozione di prodotti contenenti nicotina e dell’utilizzo nelle loro campagne di modelli sotto il limite dei 25 anni di età.

Una denuncia, secondo loro, resa necessaria dai numerosi casi di ragazzi ammalatisi dopo aver svapato prodotti illegali, non da quelli commercializzati dalle aziende in questione. 

Polemica che evidenzia però una lacuna nel settore della sanità pubblica: le sigarette elettroniche devono essere vietate ai minori, e gli stessi devono essere tutelati da campagne di marketing aggressive nei loro confronti. 

Ma accanto alle campagne contro le ecig non sarebbe il caso che le organizzazioni internazionali iniziassero ad investire seriamente sulle campagne antifumo? In Italia, ricordiamo, che l’ultimo report del Ministero della Salute ha evidenziato che gli adolescenti iniziano a fumare già a 11 anni nelle scuole medie.

Chiara Nobis e Valeria Nicolosi

World Cancer Day: smetti di fumare!

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In occasione del World Cancer Day (giornata mondiale contro il cancro giunta oggi alla sua ventesima edizione), l’OMS ci tiene a ricordare che condurre uno stile di vita sano è fondamentale. L’unione internazionale contro il cancro (UICC) invita ogni anno, il 4 febbraio, a un importante momento di riflessione e sensibilizzazione ma soprattutto ad aiutare la ricerca. 

Combattere i tumori è possibile. Ma in che modo?

Il fumo è la causa principale del cancro. Smettere di fumare dovrebbe essere la prima regola da seguire.

L’oncologia nazionale, per esempio, ha più volte concentrato il proprio focus sull’utilizzo delle sigarette elettroniche. Le sigarette elettroniche vengono oggi considerate come uno strumento alternativo che limita i danni del fumo.

“Se il fumare è una delle cause del cancro, svapare no” – e questo lo ha più volte sostenuto anche il prof. Riccardo Polosa.

Le sigarette convenzionali vengono considerate come più nocive rispetto alle sigarette elettroniche, ma secondo le indagini effettuate durante l’anno 2019, non tutti i consumatori di sigarette elettroniche hanno abbandonato definitivamente le sigarette tradizionali.

Le terribili sostanze che si sprigionano durante la combustione delle bionde sono possono essere la causa primaria del cancro.

Riccardo Polosa, fondatore del Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo dell’Università degli Studi di Catania (Coehar), afferma che: “Le nuove tecnologie senza combustione a contenuto di nicotina aiutano i fumatori a smettere di fumare. Il 66% degli utilizzatori ha dichiarato di aver smesso di fumare completamente. Il fenomeno della doppia utilizzazione si rivela limitato solo al 6%. Ma anche su questo stiamo lavorando”.

Leggi anche: La sigaretta elettronica non fa venire il cancro


La rivoluzione del vaping in Australia: l’intervista al Dott. Colin Mendelsohn

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colin mendelsohn

La scorsa settimana, il Royal Australian College of General Practiotioners ha pubblicato le nuove linee guida in materia di smoking cessation, permettendo ai medici di base di consigliare l’utilizzo delle ecig a coloro che sono intenzionati a smettere di fumare.

In tutto il mondo, un fumatore che vuole ricevere consigli su come smettere di fumare si rivolge al proprio medico di famiglia. E questo succede ovunque. Per quanto riguarda l’Australia, l’utilizzo delle ecig comporterebbe portare una ventata di aria fresca nei percorsi di smoking cessation, migliorando al contempo le condizioni di salute pubblica, se fosse concesso ai fumatori di accedere facilmente e legalmente a una serie di prodotti approvati e regolamentati.

Ora le cose sono cambiate e sono state pubblicate nuove linee guida. Abbiamo intervistato il Dott. Colin Mendelsohn, fondatore della Australian Tobacco Harm Reduction Association e membro dell’Expert Advisory Group che sviluppa le linee guida in materia di smoking cessation in Australia.

Colin Mendelsohn, qual è stata l’evoluzione dei programmi di smoking cessation in Australia? Quali sono le attuali statistiche che riguardano il fumo?

L’Australia è stata per anni una delle nazioni più restrittive in materia di regolamentazione del tabacco, con confezioni non vistose e il prezzo delle sigarette più alto nel mondo. Un pacchetto di Marlboro costa 30 dollari australiani contro i 9 dollari australiani di uno in Italia (tasso di conversione euro-dollaro attuale). Dal 1991 al 2013 i tassi di fumatori sono quasi dimezzati.

Nonostante ciò, dal 2013 le cose sono cambiate davvero poco. Le ultime statistiche parlano del 15.2% di fumatori adulti e il fumo è ad oggi ancora la principale causa di morte e di malattia prevenibile in Australia con oltre 21.000 fumatori morti ogni anno.

Le strategie tradizionali per contrastare la diffusione del fumo non stanno funzionando e necessitiamo di metodi efficaci e innovativi per dare un supporto ai metodi di smoking cessation tradizionali.

Il vaping è effettivamente bandito in Australia ed è un reato possedere liquidi contenti nicotina senza una prescrizione. Di conseguenza, le statiche sul vaping sono molto basse: solo l’1.2% di adulti sono infatti svapori.

Le statistiche sul fumo di altri paesi, dove il vaping è legale, ci dicono che i tassi sono in costante decrescita ed è dunque possibile supporre che il vaping in Australia potrebbe aiutare molte persone a smettere, secondo il nostro recente studio pubblicato su Drug and Alcohol Review.

Un’altra area che dovrebbe essere sviluppata è quella dell’assistenza professionale nei percorsi di smoking cessation. Le sovvenzioni e i fondi per aiutare i fumatori a smettere scarseggiano, nonostante sia uno degli interventi di salute pubblica più convenienti.

Come si è arrivati a sviluppare queste nuove linee guida nonostante l’ostilità mostrata nei confronti del vaping?

Il Royal Australian College of General Practitioners ha sviluppato le linee guida sulla smoking cessation, che sono fondamentalmente una guida basata su prove scientifiche che permette i professionisti del settore sanitario di aiutare i fumatori a smettere.

Le ultime linee guida sono state sviluppate da un vasto numero di esperti del settore. Inizialmente, è stata condotta una meta-analisi per determinare l’efficacia del vaping. Successivamente, i membri del comitato hanno votato sulle varie raccomandazioni contenute nelle linee guida.

Il risultato finale è stato che le linee guida attuali consigliano l’utilizzo del vaping per i fumatori che non sono riusciti a smettere con i programmi tradizionali e che si sono rivolti a professionisti per ricevere ulteriori informazioni. Il consenso informato è fondamentale e i fumatori devono sapere che i prodotti non sono regolamentati, che i rischi a lungo termine sono ancora sconosciuti e di evitare il doppio uso.

Le linee guida così concepite sono state una sorpresa per molte persone in quanto gli organi di salute pubblica australiano e le associazioni di professionisti sono generalmente concordi nel contrastare la diffusione del vaping. Le nuove linee guida rappresentano un passo fondamentale nella lotta per la legalizzazione del vaping in Australia.

Quali sono i passi necessari per contrastare il fenomeno del fumo?

Le strategie per ridurre il fumo sono conosciute e sottolineate nel Framework Convention on Tobacco Control, che essenzialmente riguarda:

  • strategie per ridurre la domanda di prodotti a base di tabacco (aumentando tasse, campagne di sensibilizzazione sui mass media, bandendo la pubblicità, garantendo zone smoke-free, implementando i trattamenti per aiutare i fumatori a smettere)
  • strategie per ridurre le forniture di prodotti da fumo (riducendo il numero di rivenditori, non garantendo l’accesso alla compravendita ai più giovani)
  • strategie per ridurre il danno per chi continua a fumare, con prodotti più sicuri a base di nicotina, come il vaping, lo snuss e i prodotti a tabacco riscaldato

Qual è la sua opinione sule ultime dichiarazioni dell’OMS in materia di ecig?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente pubblicato sul vaping un Q&A. Un documento vergognoso pieno di informazioni false e fuorvianti che riflette il pregiudizio dell’OMS e la sua determinazione e ostracizzare il vaping, nonostante prove scientifiche ne evidenzino l’efficacia.

Clive Bates ha redatto un’analisi eccezionale di questo documento, mentre esperti inglesi ne hanno aspramente criticato il contenuto al Science Media Center.

Il pregiudizio nei confronti del vaping da parte dell’OMS è stato chiaro fino a un certo punto, ma ad oggi se parliamo di vaping l’OMS ha perso di credibilità .

Di questo articolo si può leggere anche la versione inglese.

Smetti di fumare: rigenera le tue cellule.

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Peter Campbell ricercatore del Wellcome Trust Sanger ha condotto uno studio e ha dimostrato che le cellulare polmonari degli ex fumatori possono migliorare se si smette di fumare.

Lo studio pubblicato sulla rivista Nature ha dimostrato grazie a un gruppo di ricercatori qualificati che nei polmoni degli ex fumatori possono esserci (una volta persa l’abitudine del fumo) delle cellule sane.

Nello specifico in cosa consiste lo studio dell’Istituto Wellcome Trust Sanger ad Hinxton (Gran Bretagna)?

Peter Campbell, guidando il gruppo di ricercatori della sua indagine, ha messo a confronto le provette di DNA di: fumatori, ex fumatori e non fumatori. Il risultato è stato che i bronchi dei fumatori presentano dei difetti genetici ma in numero variabile (da mille a dieci mila per cellula), le cellule degli ex fumatori, invece, presentano solo una porzione di tali difetti genetici.

Questo cosa significa? E com’è possibile?

Quello che si verifica negli ex fumatori è la rigenerazione del tessuto polmonare. Un processo di rinascita delle cellule sane che sostituiscono quelle danneggiate dal fumo.

A tal proposito ricordiamo che numerosi studi che hanno dimostrato che smette di fumare, grazie all’utilizzo della sigaretta elettronica riduce il rischio di cancro ai polmoni di 50.000 volte.

Eurispes: il 66% dei fumatori smette con le ecig

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Il dato Eurispes rispecchia per grandi linee quanto giá accade da anni nei nostri centri antifumo. Nonostante l’allarmismo diffuso anche dalle organizzazioni sanitarie più blasonate, resta confermato il fatto che le nuove tecnologie senza combustione a contenuto di nicotina aiutano i fumatori a smettere di fumare– così il prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania (CoEHAR), ha appena commentato i dati diffusi dal Rapporto Eurispes “Fumo: nuovi prodotti e riduzione del danno” presentato oggi a Roma.

L’indagine, che ha coinvolto 1.135 fumatori italiani, ha sondato le abitudini e le opinioni dei tabagisti in relazione al fumo, al suo impatto sulla salute, allo sviluppo e alla diffusione dei prodotti alternativi a quelli tradizionali. Le persone intervistate sono nel 53,7% fumatori da più di 10 anni. Circa la metà consuma più di 10 sigarette al giorno, il 15,2% oltre 20, il 33% da 11 a 20. Interpellato rispetto al desiderio di smettere di fumare, solo il 9% afferma di volerlo fare entro sei mesi; il 18,3% non ha alcuna intenzione di abbandonare il ‘vizio’; il 26,6% “dovrebbe ma non vuole”; il 28,5% “dovrebbe ma non crede di riuscire”; il 17,6% “vorrebbe ma non in tempi brevi”. Tuttavia – sottolineano gli esperti Eurispes – dall’indagine emergono “una forte volontà e la necessità di essere informati sulle possibili conseguenze del fumo“.

Alla domanda: “Se fosse scientificamente provato che esistono prodotti del tabacco meno dannosi rispetto a quelli tradizionali, vorrebbe esserne a conoscenza?”, l’82,8% ha risposto positivamente. La maggioranza dei fumatori, inoltre, sarebbe disposta a cambiare prodotto abituale a favore di uno meno nocivo per la salute: il 17,8% lo farebbe “sicuramente”, il 43,9% “probabilmente”, mentre non sarebbe “sicuramente disposto” uno su dieci e non lo sarebbe “probabilmente” il 28,5%.

Eurispes ha inoltre sondato le opinioni degli italiani rispetto al ruolo che dovrebbe avere lo Stato. Gli intervistati affermano che, nel caso in cui fosse provato scientificamente che esistono prodotti meno dannosi rispetto a quelli tradizionali del tabacco, lo Stato “dovrebbe permettere che i cittadini siano informati” (86,7%), “mettere in atto direttamente specifiche campagne di informazione” (77,6%), “incentivare tali prodotti dal punto di vista fiscale” (71,1%), “incentivare tali prodotti dal punto di vista regolamentare” (59,8%).

Nel campione utilizzato, il 66% degli utilizzatori ha dichiarato di aver smesso di fumare completamente. Il fenomeno della doppia utilizzazione si rivela limitato solo al 6%. Sono dati confortanti che presumo siano la conseguenza dell’ottimale accoppiamento consumatore – prodotto, tipica della popolazione oggetto dell’intervista – ha aggiunto il prof. Polosa -. Molti degli svapatori inoltre dichiarano di affidarsi al proprio medico di base per i problemi legati al tabagismo ed è di ieri la notizia che anche l’Australia, adeguandosi alle politiche sanitarie del Regno Unito, nonostante una storica ostilità, ha inserito le ecig nell’elenco degli strumenti che i medici possono consigliare per aiutare coloro che non riescono a smettere. Non è mai troppo tardi. Questa potrebbe essere una buona occasione anche per le nostre autoritá sanitarie di guardare con rinnovato ottimismo a queste tecnologie per essere vincenti nel contrasto al tabagismo e per dare il via a una straordinaria opportunitá di salute pubblica

Ecig in Australia: cambio di rotta epocale

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Il Royal Australian College of General Practitioners, l’associazione di medici più importante, da il via libera alla sigaretta elettronica nei percorsi di smoking cessation. Come si legge nelle loro nuove linee guida “Supporting smoking cessation: A guide for health professionals“: da ora in poi, i medici di base sono invitati a consigliarla.

“Si tratta di un cambio di rotta epocale” – ha commentato il prof. Riccardo Polosa

La terapia per smettere di fumare non cambierà, l’approccio farmacologico combinato alla terapia psicologica e comportamentale saranno ancora le strade prioritarie ma se non funzionano, il medico ha il dovere di consigliare l’utilizzo di sigarette elettroniche prescrivendo anche liquidi che possono aiutare i fumatori a smettere.

Ciò che sorprende in tutta la vicenda è che questo passaggio straordinario sia avvenuto proprio in un Paese che sino ad Agosto 2019 vietava la vendita di alcuni prodotti sul web e proprio pochi giorni fa ha approvato un aumento del costo delle sigarette di enorme portata.

E non solo, ricordiamo che LIAF nel 2015 aveva inviato, tramite il prof. Riccardo Polosa, un commento ufficiale al Senato australiano per rispondere alla consultazione pubblica avviata per valutare “l’impatto delle sigarette elettroniche sulla salute, sulla soddisfazione e le finanze degli utenti e dei non utenti”. Proprio in quella occasione, Polosa aveva sottolineato l’esistenza di numerose evidenze scientifiche a sostegno dell’utilizzo del prodotto.

Questo dimostra che anche le organizzazioni che si sono sempre dimostrate più ostili – ha aggiunto il fondatore del CoEHAR – grazie alla condivisione e alla partecipazione dei cittadini possono proporre politiche pubbliche condivise e utili ad avviare percorsi virtuosi e rivoluzionari“.