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Fumo in gravidanza: molte donne continuano a fumare nonostante il pericolo

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Pregnant woman smoking at home

Catania, 14 marzo 2023 – Fumare in gravidanza è una delle abitudini più compromettenti per la salute della donna e del nascituro, collegata a un elevato rischio di mortalità infantile, sviluppo di patologie respiratorie e complicazioni durante la gravidanza e l’allattamento. Purtroppo, sebbene l’istinto materno rappresenti un’arma preziosa e una spinta ulteriore per dire definitivamente addio al fumo, sono ancora molti i passi da fare per aiutare le donne in questo percorso.

Un gruppo di ricercatori del CoEHAR dell’Università di Catania ha voluto condurre un’analisi qualitativa su un campione ristretto di donne in gravidanza che utilizzavano sia sigarette tradizionali che prodotti alternativi a rilascio di nicotina, sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato, per valutarne abitudini e percezioni. Dai risultati dello studio “Qualitative study on the perception of combustible cigarettes, e-cigarettes and heated tobacco cigarettes among pregnant women” è emerso che tra i trigger emotivi principali dell’abitudine al fumo vi sono stress, nervosismo e solitudine e che per molte donne si tratta di un’abitudine nata in età adolescenziale o preadolescenziale. A colpire i ricercatori, però, un dato singolare: una generale sfiducia nei confronti dei metodi tradizionali per smettere che porta molte donne a fidarsi solamente della propria forza di volontà per dire addio alle bionde.

Link allo studio

Le donne che continuano a fumare in gravidanza sono quelle che scelgono di ignorare i campanelli di allarme per la propria salute e per quella del nascituro – spiega la dr.ssa Marilena Maglia, ricercatrice della Lega Italiana Anti Fumo e prima autrice dello studio – una scelta sbagliata e controproducente”.

Ad interessare particolarmente i ricercatori, le motivazioni e i fattori psicologici che legavano le partecipanti all’utilizzo di uno qualsiasi di questi prodotti per valutare quali potevano essere fattori che influenzavamo maggiormente le decisioni delle donne in un periodo così delicato. Tra le ragioni principali alla base della dipendenza da fumo, sono stati individuati stress, nervosismo e senso di solitudine. Il 10% ha riportato che fumare le rende meno nervose e il 6.6% identifica il fumo come “un compagno che non le abbandona”.

Quasi la metà delle partecipanti ha identificato l’adolescenza come un momento critico. Il senso di appartenenza a un gruppo e l’identificazione con i coetanei spingono molte ragazze a provare a fumare, spesso innescando i meccanismi alla base di una dipendenza difficile da abbandonare nel corso degli anni. Anche durante la gravidanza, il legame con la sigaretta è talmente forte che decidono spontaneamente di non venire a conoscenza dei risvolti negativi del fumo per la salute propria e del futuro figlio. Si configura uno scenario critico che ha bisogno di ulteriori ricerche e studi.  

Questa ricerca, che ha comparato la percezione di sigarette tradizionali, elettroniche e a tabacco riscaldato nelle donne in gravidanza, ha fatto emergere il bisogno di ricevere informazione e supporto anche durante i corsi preparto – ha spiegato Pasquale Caponnetto, docente di psicologia Clinica del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Catania e membro del CoEHAR – è necessario investire nella prevenzione e nell’educazione sui danni del fumo durante la gravidanza e aumentare il grado di sensibilizzazione verso le terapie di provata efficacia”.

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Schillaci: stretta sul fumo? Prima ascoltate gli scienziati

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Schillaci coehar ecig esperti

Il trapelare di una bozza che prevedeva strette sulle ecig e le dichiarazioni del Ministro Schillaci hanno riacceso il dibattito su fumo combusto ed elettronico. Ad intervenire sulla questione, in questi giorni, sia il fondatore che il direttore del CoEHAR di Catania, Riccardo Polosa e Giovanni Li Volti: “Siamo pronti al dialogo ma basato su evidenze scientifiche”

Catania, 8 Marzo 2023 – Raccogliere l’eredità lasciata dalla legge Sirchia non rappresenta un’impresa facile: riproporre e ampliare quell’intenso slancio ideologico e normativo che all’epoca riuscì nell’intento di cambiare radicalmente la percezione del fumo di un’intera generazione comporta sfide non indifferenti.

Ministro Schillaci

Ed è la sfida che, nelle prime ore di domenica scorsa, sembrava essere stata accolta dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci. La notizia di una bozza di testo della nuova legge contenente una “stretta sui divieti sul fumo” (stop al fumo all’aria aperta e stop anche all’utilizzo di sigarette elettroniche) ad un certo punto ha sommerso le agenzie di stampa di tutta Italia.

Se non fosse stato che, secondo quanto dichiarato ieri dallo stesso Ministro, la bozza non era ancora stata visionata. Di cosa parlavano allora i giornalisti? Di un’idea di divieto che, a voler leggere i titoli dei giornali di tutta Italia, sembra non avere attecchito nemmeno tra gli stessi sostenitori del governo. Da Matteo Salvini a Vittorio Sgarbi, passando anche per personaggi noti come Gino Paoli, i sostenitori del concetto “adesso non esagerare” hanno preso il sopravvento. 

Ma dove sta il punto? Si tratta di una questione di stile o di danno correlato al fumo all’aria aperta? Non è ancora dato saperlo perché a dire degli esperti, i membri della comunità scientifica non sono ancora stati interpellati. Tanto che proprio ieri lo stesso Ministro ha dichiarato “di non aver ancora visionato il testo” ovvero, più semplicemente, di non essere certo di volerlo presentare come prima annunciato.

Ma cosa non convince di questa nuova stretta? La proposta di divieto di svapare all’aria aperta, unita al divieto di fumare sigarette convenzionali pone i due prodotti sullo stesso piano, ma la questione è proprio questa. 

Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR

Secondo il noto scienziato catanese, prof. Riccardo Polosa: “Non si possono mettere sullo stesso piano sigarette che liberano migliaia di sostanze tossiche e catrame con prodotti senza combustione decisamente molto meno dannosi. Le alternative senza combustione si sono dimostrate dal 95% al 99% meno tossiche delle sigarette convenzionali e rappresentano oggi l’unica vera soluzione per una politica sanitaria che manca di una proposta razionale per tutti coloro che non vogliono o non riescono a smettere. Paesi come Gran Bretagna, Giappone, Svezia, Norvegia e Nuova Zelanda, dove esiste da anni una politica sanitaria aperta alla riduzione del rischio, registrano un crollo delle vendite delle sigarette convenzionali e la eradicazione del tabagismo anche tra i giovani. Inoltre, l’FDA statunitense,  la più importante autorità sanitaria del paese, ha di recente approvato la commercializzazione di questi prodotti sdoganandoli come appropriati per la protezione della salute pubblica. In Italia, questo testo che si vorrebbe approvare come intende aiutare chi deve smettere di fumare a farlo? Diabetici, schizofrenici, ipertesi, donne in gravidanza e milioni di altri pazienti come saranno aiutati dal sistema sanitario ad abbandonare il fumo?” – ha chiesto il fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania. 

Sebbene si stia parlando di una stesura preliminare, l’idea che i dispositivi elettronici possano essere soggetti alle stesse stringenti norme che regolano il fumo combusto riporta indietro le lancette della ricerca scientifica di oltre un decennio. 

Giovanni Li Volti, Direttore del CoEHAR

Per meglio comprendere la questione, bisogna capire che mentre la sigaretta brucia a una certa temperatura, e nel farlo produce una serie di sostanze tossiche, il vapore prodotto dalle sigarette elettroniche viene generato per riscaldamento a temperature più basse, basando l’intera tecnologia su un sistema completamente diverso – ha spiegato a Live Sicilia il prof. Giovanni Li Volti, ordinario di Biochimica dell’Università di Catania e direttore del CoEHAR – per un fumatore che ha alle spalle già diversi tentativi di cessazione falliti o la scarsa motivazione a smettere e che di fronte a sé ha una strada che conduce a gravi danni per la salute è auspicabile il passaggio ad  alternative decisamente meno dannose”.

Marcello Gemmato, Sottosegretario alla Salute

Una presa di posizione decisa, frutto dell’esperienza maturata nel campo della ricerca scientifica applicata i nuovi dispositivi e che ha alimentato un sano dibattito sui diritti di fumatori e svapatori. Un clima che ha portato il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato a ribadire proprio oggi che quella trapelata era “una bozza prodotta non sotto impulso del ministro, ma da parte di uffici della nostra struttura”. Il sottosegretario ha dunque sottolineato che eventuali azioni non sono al momento la priorità dell’agenda politica e di cui se ne deve prima “parlare e discutere”.

A conclusione, il prof. Polosa ha dichiarato massimo sostegno all’attività del Ministro e si dichiara pronto ad avviare un dialogo che sia orientato al benessere del fumatore in accordo con le ultime evidenze scientifiche: 

Siamo al 100% con il Ministro Schillaci quando afferma che il fumo fa male e va combattuto con decisione. Ma ribadiamo che la strada dei divieti è inefficace e controproducente, ma noi siamo pronti ad un dialogo scientifico costruttivo e produttivo per la tutela della salute pubblica“. 

Infertilità? Fumo tra i nemici numero uno

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infertilità

L’infertilità all’interno delle coppia italiane è più diffusa di quello che si pensa. Tra i fattori a maggior rischio che influiscono sulla possibilità di procreare cè il fumo. Oggi ne parliamo con il prof. Aldo Calogero dell’Università di Catania

Articolo di Martina Strano

Il numero dei nati in Italia negli ultimi anni è sicuramente in calo. Lo stile di vita, la ricerca del lavoro dei propri sogni, i lunghi studi e, perché no, la difficoltà nel trovare il partner giusto, spingono le persone a ritardare l’inizio di quella fase della vita che si chiama “genitorialità“.

Se per tanti però questa è una scelta consapevole e voluta, per altri in realtà non è altro che una decisione da subire, frutto forse di problematiche genetiche e di qualche non troppo piccolo errore nello stile di vita. Alimentazione, stress e fumo infatti è ormai noto agiscono negativamente sulla fertilità.

Secondo l’OMS l’infertilità come patologia riguarda persino il 15-20% delle coppie. Con circa il 19% di italiani fumatori (dati ISTAT DEL 2021) è evidente che il fumo rappresenti uno dei fattori principali che causano infertilità o che ne peggiorano la condizione.

Abbiamo parlato di questo con il prof. Aldo Calogero, Professore di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università degli Studi di Catania.

Prof. Aldo Calogero

Prof. Calogero, può parlarci della relazione tra fumo di sigaretta e infertilità?

“Ormai numerose evidenze cliniche e scientifiche chiaramente indicano che il fumo di sigaretta con le sue migliaia di componenti che sprigiona hanno un effetto negativo sulla funzionalità della gonade, quindi del testicolo per quanto riguarda l’uomo, dell’ovaio per quanto riguarda la donna. Sebbene i due sistemi siano diversi, presentano comunque dei meccanismi comuni. Entrambe le ghiandole producono due tipi diverse di “sostanze” per così dire.

Da un lato provvedono alla produzione degli ormoni sessuali tipici del sesso, per esempio nell’uomo l’ormone chiamato testosterone, nella donna gli estrogeni. Nello stesso tempo però entrambe le gonadi producono i cosiddetti gameti, delle cellule opportunamente modificate dalla cui unione viene fuori l’embrione che poi produrrà il prodotto del concepimento, quindi il bambino.

Il fumo di sigaretta interagisce purtroppo negativamente bloccando sia la produzione degli ormoni in entrambe le gonadi e sia danneggiando/alterando la produzione di gameti, degli spermatozoi nell’uomo e delle cellule uovo nella donna. Quindi a 360 gradi il fumo di sigaretta causa un effetto negativo. Come ogni esempio legato al fumo però, questo non significa che uno dei due partner o entrambi fumano non possono avere figli in maniera assoluta. Ma sicuramente il rischio di causare dei danni con il fumo e quindi di peggiorare la situazione, qualora già questa fosse di per se per altre ragioni compromessa, aumenta enormemente“.

Smettere di fumare riduce quindi il rischio di infertilità? E’ possibile, smettendo di fumare, migliorare la propria condizione?

“A questa domanda in realtà non esiste un’unica risposta valida. Con i pazienti che vengono nei nostri ambulatori perché non riescono a raggiungere l’obiettivo gravidanza, iniziamo la raccolta della loro storia clinica incluse le abitudini di vita quindi anche se fumano, da quanto tempo e quanto.

Il primo consiglio medico, indipendentemente da quanto tempo e quanto fumano, è quello di smettere di fumare. La richiesta di cessare di fumare è una richiesta semplice, ovvia. Non so cosa recupero ma sicuramente non peggioro il danno. L’azienda Policlinico per questo offre alle persone un servizio che può aiutare a mettere in atto tutta una serie di strategie, da quella psicologica a una riduzione di rischio con lo Svapo, per portarle ad essere totalmnte libere da questo rischio“.

Esiste pure il rischio di infertilità con l’uso di sigarette elettroniche?

Sotto questo punto di vista abbiamo iniziato con i CoHEAR tutta una serie di attività di ricerca. Stiamo iniziando dall’aspetto proprio sessuologico del maschio e della capacità erettile per valutare se rispetto al fumo di sigaretta, ricorrendo alle sigarette elettroniche o altri mezzi disponibili in commercio, si riduca il rischio d’impotenza. L’ipotesi è questa“. 

Smettere di fumare è quindi secondo i medici una condizione necessaria per chi affronta quotidianamente difficoltà nel concepimento o per chi si appresta ad affrontare percorsi di inseminazione artificiale. Una condizione, come sottolineato dal Professor Calogero “semplice e ovvia”.

Australia, autorità boccia il vaping. Esperti smantellano le teorie

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australia vaping esperti

Un gruppo di esperti internazionali ha voluto replicare a una delle massime autorità di salute pubblica australiane che ha dichiarato come non vi fossero prove a sufficienza per attestare il minor grado di sicurezza delle sigarette elettroniche, riproponendo tesi obsolete a supporto

A giugno del 2022, il CEO di National Health and Medical Research Council (NHMRC), una delle massime autorità di salute e ricerca medica australiane, ha rilasciato una dichiarazione dove chiariva alcuni punti fondamentali sul fumo elettronico, dettando di fatto una nuova linea guida nazionale.

Nella pubblicazione, si riproponevano le tesi della classica retorica anti-vaping, mettendo in guardia il grande pubblico da un dispositivo, la sigaretta elettronica, di cui, si legge, si ignorano gli effetti lungo termine, che può causare seri danni alla salute e che viene collegata a patologie polmonari come l’EVALI, la polmonite da svapo americana.

Un insieme di concezioni obsolete sul fumo elettronico che la scienza della riduzione del danno ha ormai ampiamente smantellato, fornendo dati incontrovertibili su un dispositivo che ad oggi rappresenta un’alternativa efficace per aiutare i fumatori a uscire dalla dipendenza.

Per replicare a questo testo, un gruppo di esperti internazionali, comprendente alcuni delle massime autorità in materia di riduzione del danno e ricerca applicata e provenienti da America, Australia, Inghilterra, Nuova Zelanda e Svizzera ha pubblicato una contro-dichiarazione, smantellando punto per punto quanto affermato dall’autorità dell’Australia.

Secondo i ricercatori, infatti, il documento non ha minimante valutato le prove oggettive pubblicate nel corso degli ultimi anni in merito ai dispositivi a rischio modificato. 

Infatti, i rischi del vaping vengono esagerati e non si paragona il danno a quello prodotto dal fumo; si asserisce inoltre che esiste un rapporto di causalità tra lo svapo adolescenziale e la successiva possibile dipendenza da fumo di sigaretta. Applicando erroneamente il principio precauzionale, la dichiarazione si ostina a ignorare qualsiasi prova che attestano l’impatto in termini di salute che le sigarette elettroniche offrono non solo a chi desidera smettere ma anche a chi, fumatore, presenta patologie peggiorate dal vizio di accendersi di una sigaretta.

Tra le mistificazioni più evidenti contenute nella dichiarazione, si legge come le sigarette elettroniche contengano un numero elevato di sostanze tossiche che possono causare un serio danno alla salute dello svasature. In mancanza della corretta quantificazione della dose di questi elementi chimici, questa affermazione risulta essere ingannevole. Molti di questi componenti sono contenuti nei liquidi in dosi minime, molto al di sotto della soglia di sicurezza per la salute umana.

Altro punto dibattuto le possibili esplosioni delle sigarette elettroniche: secondo Public Health England, la maggiore autorità di salute pubblica britannica, tra il 2017 e il 2021 ci sono stati 5076 casi di incendi causati dalle sigarette tradizionali e dagli accendini, rispetto ai solo 15 casi causati dalle ecig, senza peraltro che sia stata riferita alcuna morte o ferita causata dagli incendi in questione.

Anche per quanto riguarda l’EVALI, vengono riportate imprecisioni: ricordiamo che l’EVALI è da tempo stata collegata all’utilizzo di liquidi contraffati introdotti sul mercato americano e che non si sono più registrati casi collegabili a uno schema patologico simile.

Ma la affermazioni più confutabili della dichiarazione dell’autorità dell’Australia riguardano la mancanza di prove sull’utilizzo delle sigarette elettroniche come metodo di cessazione efficace, ignorando i dati di numerosi studi indipendenti che invece hanno fornito prove in abbondanza, e continuano a farlo, in merito alla relativa efficacia dei prodotti elettronici.

Per quanto riguarda l’idea che il vaping possa rappresentare un’iniziazione al fumo di sigaretta tra i più giovani, non si trova un vero e proprio fondamento teorico: si può parlare di un’associazione tra i due metodi, ma non di un rapporto causale. 

È molto più probabile invece che si debba parlare di classi di adolescenti a rischio, che avrebbero comunque adottato un comportamento dannoso, come il fumo di sigaretta. Inoltre, contrariamente alle previsioni, l’aumento del vaping tra i giovani non è stato seguito da un aumento del fumo di sigaretta a livello di popolazione generale. Dati alla mano, l’aumento del tassi sul vaping giovanile è coinciso con una riduzione delle percentuali di fumatori tra gli adolescenti in diversi paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e Nuova Zelanda. A ciò si aggiunge che i numeri del vaping giovanile, dopo il picco di qualche anno fa, sono in diminuzione.

I ricercatori concludono che l’Australia necessita di una revisione indipendente e imparziale delle prove sulle ecig: molti dei maggiori esperti internazionali hanno infatti una visione molto più a sostegno dell’uso dei prodotti a rischio modificato come strategia del controllo del tabacco.

CoEHAR testa la prima app al mondo che monitora le abitudini alimentari dei fumatori che vogliono smettere

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Catania, 28 febbraio 2023 – È ormai ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica che esiste una correlazione marcata tra il percorso di cessazione dal fumo e i cambiamenti delle abitudini alimentari dei fumatori coinvolti nel processo: alcuni degli aspetti fondamentali sono infatti legati all’aumento di peso, all’alimentazione e a cambiamenti d’umore, soprattutto nella fase iniziale del periodo di astinenza. Pertanto, i cambiamenti consigliati in merito alle abitudini alimentari sono cruciali per determinare il successo di un percorso di addio alla dipendenza da sigaretta. 

FoodRec è il progetto del Centro di Eccellenza Internazionale per la ricerca sulla Riduzione del Danno da fumo (CoEHAR), che sfrutta la tecnologia per monitorare le abitudini alimentari delle persone durante il loro percorso di cessazione, cogliendo i cambiamenti rilevanti che possono influenzare la salute del paziente e il successo dell’intero iter. Nella recente pubblicazione “Development and user evaluation of a food-recognition app (FoodRec): Experimental Data and Qualitative Analysis, pubblicata su Health Psychology Research, il gruppo di ricerca accademica interdisciplinare di informatici, psicologi clinici e medici ha spiegato come è stata creata e testata un’app per il riconoscimento del cibo per monitorare i cambiamenti dell’umore e le abitudini alimentari dei fumatori durante uno studio pilota. L’idea principale era quella di valutare le abitudini alimentari ed eventuali anomalie nei soggetti in diversi momenti durante il percorso di addio al fumo per valutare correlazioni tra i dati osservati e le informazioni note sul trattamento di cessazione.

I test hanno coinvolto 149 fumatori che stavamo smettendo di fumare, di età compresa tra i 19 e gli 80 anni, e che hanno utilizzato l’app FoodRec per due settimane consecutive per valutarne usabilità ed idoneità.

Durante il test qualitativo, la maggior parte degli utenti dell’app si è dichiarata estremamente “contenta” di poter utilizzare questo strumento mentre tentava di smettere di fumare. L’App è stata percepita come estremamente user-friendly e leggera. Inoltre, si è rivelata essere utile per osservare le abitudini alimentari degli utenti e per alleviare lo stress che deriva dalla riduzione dell’assunzione di cibo.

Sono state apprezzate alcune qualità dell’app come la grafica accattivante, snella e intuitiva della sezione “home”, che consente un facile approccio anche da parte degli utenti con una minore padronanza del contesto tecnologico. Hanno ricevuto commenti positivi anche le dimensioni ridotte che la rendono facilmente utilizzabile sul proprio dispositivo e la sezione statistica all’interno dell’app che permette un facile monitoraggio della dieta. Inoltre, i partecipanti hanno affermato che consiglierebbero l’app a familiari e amici. Per il test quantitativo, sono stati analizzati i dati relativi alle caratteristiche degli utenti, al caricamento dei pasti, agli stati d’animo e al consumo di bevande.

L’esperienza maturata in questo studio studio verrà utilizzata per modificare e perfezionare il protocollo del trial clinico internazionale più esteso durante il quale testeremo l’app su un numero maggiore di utenti e in contesti clinici di programmi per la cessazione dal fumo. Alcune delle problematiche legate alla mancata corrispondenza tra il processo di cessazione del fumo e l’approccio al riconoscimento del cibo devono essere risolte con le prossime versioni dell’app, secondo le prossime fasi del progetto, che si avvarranno anche di tecniche avanzate di Intelligenza Artificiale” – disse il prof. Sebastiano Battiato, Università di Catania.

Le informazioni desunte nell’ambito del progetto FoodRec aiuteranno i ricercatori ad analizzare le abitudini alimentari dei fumatori che stanno cercando di smettere correlando le abitudini al fumo con le abitudini alimentari e creando percorsi sempre più mirati ed efficaci per affrontare definitivamente la dipendenza dal fumo”, ha concluso il prof. Alessandro Ortis, della stessa Università.

L’algoritmo creato dai ricercatori del CoEHAR per tracciare e monitorare le abitudini alimentari, che individua i singoli alimenti presenti in un’immagine, rappresenta un passo avanti nella ricerca applicata alla disassuefazione dal fumo e potrebbe essere applicato anche ad altri campi di ricerca.

Stati Uniti, Serbia, Marocco e Indonesia: Catania capitale mondiale della Riduzione del Danno

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Catania, 27 Febbraio 2023 – “La riduzione del danno è un approccio basato su chiare evidenze scientifiche da adottare per i fumatori che non riescono o non vogliono smettere di fumare” – cosi il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, ha inaugurato stamane la seconda fase del progetto di ricerca Replica 2.0 che vedrà la collaborazione internazionale di 5 Paesi diversi. “Catania dunque ancora una volta capitale mondiale della ricerca antifumo grazie alle attività di ricerca avviate dal CoEHAR”.

Da oggi e fino al 3 Marzo, otto ricercatori provenienti dalle 4 università straniere partner del progetto Replica saranno ospiti del CoEHAR all’Università di Catania per approfondire le tematiche di studio e per predisporre e avviare le attività di ricerca. Nei laboratori della Torre Biologica “F. Latteri”, gli scienziati provenienti da Indonesia, Stati Uniti, Serbia e Marocco avranno la possibilità di lavorare con gli strumenti di ricerca più innovativi al mondo stabilendo modalità, metodologie e standard operativi che potranno essere condivisi con tutta la comunità scientifica internazionale.

“No science is a perfect science”, con questa citazione il prof. Giovanni Li Volti, ha introdotto la giornata inaugurale di una intensa settimana di lavori sulla replicabilità, uno dei più importanti fattori a garanzia della qualità e della trasparenza della scienza. “Se uno studio è replicabile significa che è fatto secondo standard elevati e i suoi risultati possono essere considerati validi ed efficaci. I ricercatori di Replica stanno continuando a replicare gli studi più importanti al mondo condotti su sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato. Dai primi risultati è già emerso, senza alcun dubbio, che questi prodotti rappresentano una soluzione valida per ridurre i danni fumo correlati” – ha spiegato Li Volti.

A dare il benvenuto agli scienziati oggi in Aula Magna erano presenti il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR; il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR; i delegati del Rettore, prof.ssa Lucia Zappalà e prof. Salvo Baglio, e con loro la prof.ssa Maria Angela Sortino, direttrice del Dipartimento Biometec e la prof.ssa Giovanna Russo, vice direttrice del Dipartimento Medclin. In aula anche numerosi studenti di Medicina e Psicologia dell’Ateneo catanese.

Grande entusiasmo, inoltre, da parte degli scienziati intervenuti che si sono dimostrati propositivi nei confronti delle attività e con grandi idee da portare avanti per sviluppare ulteriori ed importanti progetti scientifici.

Pazienti con spettro schizofrenico: il fumo danneggia anche amici e parenti

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L’elevato numero di sigarette fumate ogni giorno dai pazienti con gravi disturbi mentali non arreca danno solo ai singoli fumatori ma anche alle rispettive famiglie ed alle persone che li circondano. L’abitudine al fumo è percepita come dannosa e arreca disagi anche a chi sta vicino ai pazienti affetti da schizofrenia che possono arrivare a fumare anche 60 sigarette al giorno. 

Catania, 23 Marzo 2023 – Una nuova ricerca qualitativa condotta dal team del CoEHAR Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania ha analizzato la percezione dell’abitudine da fumo dei caregiver dei pazienti affetti da schizofrenia. Per quest’ultimi i prodotti senza combustione sono considerati un’alternativa utile ed efficace per ritrovare sollievo e per diminuire il nervosismo e la tensione causata da una eccessiva e cronica abitudine al fumo di sigaretta convenzionale. 

Link: https://www.mdpi.com/2227-9032/11/5/644 

Recenti studi, coordinati dal prof. Pasquale Caponnetto, docente di psicologia clinica presso la sezione di psicologia del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania e fra i leader mondiale della ricerca su questi temi, hanno dimostrato che fra i fumatori con grave psicopatologia il passaggio a prodotti a basso rischio rappresenta un importantissimo fattore di riduzione del rischio di sviluppo di patologie e mortalità fumo-correlate. 

I ricercatori hanno analizzato la percezione di familiari ed amici di pazienti con disturbi dello spettro schizofrenico per indagare sulla loro visione del fumo, il suo impatto sulla salute fisica e mentale e i possibili tentativi di combattere la dipendenza. 

I risultati di questo studio mostrano che il punto di vista della maggior parte dei partecipanti sul fumo è negativo (83%), sebbene non tutti prendano in considerazione trattamenti per smettere di fumare. Tuttavia, una percentuale molto alta di loro (67%) ha provato ad intervenire con proprie risorse e strategie. Alcuni dicono di aver raccomandato di smettere, e altri sono intervenuti interferendo con l’acquisto di sigarette o stabilendo con il paziente un numero massimo di sigarette al giorno. Sul significato che le sigarette possono assumere per il paziente, emergono temi ricorrenti: sono considerate come un modo per gestire il nervosismo e la tensione o come mezzo per contrastare la monotonia e la noia quotidiana o ripetere gesti e abitudini abituali. 

I fumatori affetti da schizofrenia sono soggetti che utilizzano il fumo come deterrente per alcuni sintomi causati dalla malattia. Per questi pazienti – commenta il prof. Caponnetto – l’intervento di specialisti del settore è una necessità indiscussa. L’associazione di un percorso di cessazione all’utilizzo di strumenti senza combustione si è rivelata negli anni efficace e risolutiva. Se aiutiamo un paziente affetto da malattie mentali a smettere di fumare, riusciamo anche a migliorare la qualità di vita delle persone che lo circondano”.  

Nature Medicine: “Le ecig aiutano a smettere di fumare” – il commento di Polosa

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Un nuovo ed interessante commento pubblicato sulla rivista Nature Medicine e firmato da Kenneth E. Warner (University of Michigan), Neal L. Benowitz (University of California di San Francisco), Ann McNeill (King’s College di Londra) e Nancy Rigotti (Harvard Medical School) conclude, ancora una volta, che le elettroniche aiutano i fumatori a smettere di fumare.

Le sigarette elettroniche non metteranno fine alla devastazione provocata dalle sigarette tradizionali ma possono contribuire al nobile obiettivo di aumentare il numero di adulti che smette di fumare” – è questa la conclusione degli autori.

Il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, commenta cosi:

Gli autori dell’articolo pubblicato su Nature Medicine affermano ciò che, insieme ai ricercatori del CoEHAR dell’Università di Catania, sosteniamo ormai da anni con evidenze scientifiche e le testimonianze reali di chi ha smesso con successo. Le sigarette elettroniche e i prodotti senza combustione rappresentano la soluzione più efficace per aiutare i fumatori a ridurre i danni fumo correlati. Ed è indicativo che la prima raccomandazione rivolta agli operatori sanitari e destinata ai pazienti sia semplicemente: le sigarette elettroniche aiutano i fumatori a smettere. I colleghi su Nature descrivono dettagliatamente anche le differenti raccomandazioni tra i numerosi paesi con alti tassi di fumatori e confermano la necessità di un approccio basato su evidenze scientifiche. Le raccomandazioni di Paesi come Stati Uniti, Canada e Australia contrastano notevolmente con quelle del Regno Unito, della Nuova Zelanda, del Giappone e della Svezia, dove la promozione della riduzione del danno da fumo ha portato a risultati epocali con una massiccia riduzione del numero di fumatori”.

Catania, al via la seconda fase del progetto che ha dimostrato l’autorevolezza degli studi sulle e-cig

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Catania, 22 Marzo 2023 – Da lunedì 27 febbraio a giovedì 2 marzo, il CoEHAR (Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania), ospiterà il kick-off meeting del progetto scientifico REPLICA 2.0. Un team di ricercatori provenienti da 5 paesi diversi parteciperà all’evento di formazione coordinato dal prof. Giovanni Li Volti, direttore di CoEHAR e project leader di Replica, e dal prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.

Grazie al successo della prima fase, che ha visto impegnati più di 40 ricercatori in tutto il mondo, il team di REPLICA continuerà a replicare gli studi su sigarette elettroniche e prodotti senza combustione condotti dalle maggiori autorità del settore. L’obiettivo degli scienziati del CoEHAR resta quello di colmare il gap metodologico nel campo della ricerca scientifica applicata alla riduzione del danno da fumo. Gli studi già pubblicati dal team REPLICA, infatti, hanno inequivocabilmente dimostrato una minore tossicità di sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato rispetto alle sigarette convenzionali, ed anche un minor danno vascolare indotto dall’uso di sigarette elettroniche rispetto all’utilizzo di sigarette convenzionali.

L’Università di Catania, già considerato l’ateneo più produttivo al mondo nel campo della ricerca applicata alle sigarette elettroniche, è ormai al centro del dibattito scientifico mondiale sulla scelta delle politiche di sanità pubblica più efficaci per ridurre le morti da fumo nel mondo.

Grazie alla prestigiosa autorità scientifica riconosciuta per la numerosa produzione di dati di qualità, testate scientifiche e organi di stampa di tutto il mondo seguono con interesse e fiducia i risultati che emergono dagli studi condotti nei laboratori del CoEHAR” – cosi il prof. Riccardo Polosa annuncia la nuova era di Replica 2.0.

Consideriamo la globalizzazione della conoscenza e la standardizzazione a livello internazionalizzazione delle procedure una garanzia di qualità delle nostre ricerche” – aggiunge il prof. Giovanni Li Volti.

Alla cerimonia inaugurale del kick off meeting di Replica 2.0 parteciperanno: la prof.ssa Bouchra Ghazi dell’Università di Scienze della Salute Mohammed VI, Marocco; il prof. Ronny Lesmana dell’Universitas Padjajaran, Indonesia; il prof. Vladislav Volarevic della Facoltà di Scienze Mediche dell’Università di Kragujevac, Serbia; e il prof. Antonio Giordano della Temple University-Sbarro Health Research Institute, USA. Accoglieranno gli ospiti: la prof.ssa Lucia Zappalà, Delegata del Rettore per l’Internazionalizzazione; il prof. Salvo Baglio, Delegato del Rettore per la Ricerca; la prof.ssa Giovanna Russo, vice Direttrice del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale; la prof.ssa Maria Angela Sortino, Direttrice del Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche; il prof. Massimo Caruso, Co-Principal Investigator del progetto Replica; e la dott.ssa Sonja Rust, project manager di Replica.

Motore sanità: I prodotti senza combustione come una forma di prevenzione parziale

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Pollenzo, 17 febbraio 2023 – “12,4 milioni di fumatori in Italia sono la prova che il proibizionismo non paga”. Così commenta il Dottor Claudio Zanon, Direttore Scientifico di Motore Sanità, nel corso dell’ultima sessione di lavori della prima delle due giornate della Winter School 2023 di Motore Sanità, in corso di svolgimento a Pollenzo (CN), con il patrocinio dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.  “Un dato che è anche il risultato delle politiche di prevenzione finora portate avanti che, evidentemente, non hanno funzionato”, commenta Luciano Flor, già Direttore Generale Area Sanità e Sociale Regione del Veneto. “Fermo restando che la proposta numero uno è smettere di fumare, i professionisti e gli esperti di settore ritengono che occorra intraprendere una strada basata sulla riduzione del rischio attraverso tutti gli strumenti disponibili e le alternative messe in campo”. 

Un tema molto dibattuto quello sul fumo. Purtroppo in Italia solo 13mila fumatori si rivolgono ai centri antifumo (268 in tutto, sparsi nel nostro Paese): una percentuale molto piccola (inferiore all’1%) considerato che, per  effetto della combustione del fumo di sigaretta, muoiono ogni anno circa 93 mila persone in base alle indicazioni del Ministero della Salute. Le percentuali di cessazione, pur in osservanza delle linee guida, sono modeste e certamente inferiori a una percentuale del 50% dei soggetti trattati con un follow up di 3 anni. 

Negli ultimi anni il dibattito scientifico è soprattutto focalizzato sul fumo elettronico che, secondo alcuni, rappresenta un ulteriore rischio per la questione delle dipendenza da nicotina,  mentre per altri esperti rappresenta una buona opportunità di riduzione del rischio legato alla combustione  per tutti i fumatori che non riescono a smettere o non vogliono smettere”, chiosa Fabio Beatrice, Primario Emerito di Otorinolaringoiatria in Torino, Fondatore del Centro Antifumo Ospedale SG. Bosco di Torino, Direttore Scientifico del Board di MOHRE. “Il fumo elettronico potrebbe rappresentare una forma di prevenzione parziale nei fumatori incalliti: pur non risolvendo la questione della dipendenza, abbatte di molto la tossicità da combustione a cui sono legate la maggior parte della malattie indotte dal fumo di sigaretta. Il Ministero della Salute della Gran Bretagna lo considera non a caso un’indicazione utile alla salute pubblica. Si ritiene che la strategia clinica della riduzione del rischio presente in tutti gli ambiti della medicina dovrebbe essere opportunamente discussa e applicata, con buon senso ed equilibrio anche al settore del tabagismo visto l’elevatissimo numero di decessi che ogni anno si ripete”. 

Per quanto riguarda il fumo e i danni ad esso correlati, relativi anche all’ambiente e alla salute, il numero di studi scientifici sul tema della riduzione del danno negli ultimi 5 anni si è triplicato. A ribadirlo Pasquale Caponnetto, Professore di Psicologia clinica dell’Università di Catania e membro del CoEHAR Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dello stesso ateneo: “Assistiamo a una proliferazione scientifica senza precedenti da ogni parte del globo e si tratta di ricerche internazionali che, per la maggioranza, dimostrano il 90% di minor danno dei dispositivi a rischio ridotto, ovvero privi di combustione. In Italia, 1 italiano su 4 ancora fuma e solo il 9% dei tabagisti riesce a mantenere l’astinenza per più di sei mesi. Purtroppo, ci siamo dimenticati che al centro del dibattito scientifico devono sempre esserci il benessere e la salute fisica e mentale di chi utilizza sigarette e la tutela delle classi più a rischio, giovani e fumatori cronici in primis. Non dimentichiamoci, inoltre, che anche la tecnologia più fornirci un aiuto fondamentale nel trattamento della dipendenza da fumo, attraverso servizi di telemedicina e di realtà virtuale, che possono aiutare tutti coloro che per impossibilità di diversa natura non possono ricevere il supporto e il sostegno di un professionista, un’arma vincente per uscire definitivamente dalla porta del fumo. Il sistema delle politiche pubbliche deve iniziare a dialogare con la scienza e a leggere le evidenze, senza preconcetti di parte. Solo cosi possiamo davvero aiutare chi vuole smettere di fumare ed anche chi non riesce a farlo da solo”.