Un gruppo di esperti internazionali ha voluto replicare a una delle massime autorità di salute pubblica australiane che ha dichiarato come non vi fossero prove a sufficienza per attestare il minor grado di sicurezza delle sigarette elettroniche, riproponendo tesi obsolete a supporto
A giugno del 2022, il CEO di National Health and Medical Research Council (NHMRC), una delle massime autorità di salute e ricerca medica australiane, ha rilasciato una dichiarazione dove chiariva alcuni punti fondamentali sul fumo elettronico, dettando di fatto una nuova linea guida nazionale.
Nella pubblicazione, si riproponevano le tesi della classica retorica anti-vaping, mettendo in guardia il grande pubblico da un dispositivo, la sigaretta elettronica, di cui, si legge, si ignorano gli effetti lungo termine, che può causare seri danni alla salute e che viene collegata a patologie polmonari come l’EVALI, la polmonite da svapo americana.
Un insieme di concezioni obsolete sul fumo elettronico che la scienza della riduzione del danno ha ormai ampiamente smantellato, fornendo dati incontrovertibili su un dispositivo che ad oggi rappresenta un’alternativa efficace per aiutare i fumatori a uscire dalla dipendenza.
Per replicare a questo testo, un gruppo di esperti internazionali, comprendente alcuni delle massime autorità in materia di riduzione del danno e ricerca applicata e provenienti da America, Australia, Inghilterra, Nuova Zelanda e Svizzera ha pubblicato una contro-dichiarazione, smantellando punto per punto quanto affermato dall’autorità dell’Australia.
Secondo i ricercatori, infatti, il documento non ha minimante valutato le prove oggettive pubblicate nel corso degli ultimi anni in merito ai dispositivi a rischio modificato.
Infatti, i rischi del vaping vengono esagerati e non si paragona il danno a quello prodotto dal fumo; si asserisce inoltre che esiste un rapporto di causalità tra lo svapo adolescenziale e la successiva possibile dipendenza da fumo di sigaretta. Applicando erroneamente il principio precauzionale, la dichiarazione si ostina a ignorare qualsiasi prova che attestano l’impatto in termini di salute che le sigarette elettroniche offrono non solo a chi desidera smettere ma anche a chi, fumatore, presenta patologie peggiorate dal vizio di accendersi di una sigaretta.
Tra le mistificazioni più evidenti contenute nella dichiarazione, si legge come le sigarette elettroniche contengano un numero elevato di sostanze tossiche che possono causare un serio danno alla salute dello svasature. In mancanza della corretta quantificazione della dose di questi elementi chimici, questa affermazione risulta essere ingannevole. Molti di questi componenti sono contenuti nei liquidi in dosi minime, molto al di sotto della soglia di sicurezza per la salute umana.
Altro punto dibattuto le possibili esplosioni delle sigarette elettroniche: secondo Public Health England, la maggiore autorità di salute pubblica britannica, tra il 2017 e il 2021 ci sono stati 5076 casi di incendi causati dalle sigarette tradizionali e dagli accendini, rispetto ai solo 15 casi causati dalle ecig, senza peraltro che sia stata riferita alcuna morte o ferita causata dagli incendi in questione.
Anche per quanto riguarda l’EVALI, vengono riportate imprecisioni: ricordiamo che l’EVALI è da tempo stata collegata all’utilizzo di liquidi contraffati introdotti sul mercato americano e che non si sono più registrati casi collegabili a uno schema patologico simile.
Ma la affermazioni più confutabili della dichiarazione dell’autorità dell’Australia riguardano la mancanza di prove sull’utilizzo delle sigarette elettroniche come metodo di cessazione efficace, ignorando i dati di numerosi studi indipendenti che invece hanno fornito prove in abbondanza, e continuano a farlo, in merito alla relativa efficacia dei prodotti elettronici.
Per quanto riguarda l’idea che il vaping possa rappresentare un’iniziazione al fumo di sigaretta tra i più giovani, non si trova un vero e proprio fondamento teorico: si può parlare di un’associazione tra i due metodi, ma non di un rapporto causale.
È molto più probabile invece che si debba parlare di classi di adolescenti a rischio, che avrebbero comunque adottato un comportamento dannoso, come il fumo di sigaretta. Inoltre, contrariamente alle previsioni, l’aumento del vaping tra i giovani non è stato seguito da un aumento del fumo di sigaretta a livello di popolazione generale. Dati alla mano, l’aumento del tassi sul vaping giovanile è coinciso con una riduzione delle percentuali di fumatori tra gli adolescenti in diversi paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e Nuova Zelanda. A ciò si aggiunge che i numeri del vaping giovanile, dopo il picco di qualche anno fa, sono in diminuzione.
I ricercatori concludono che l’Australia necessita di una revisione indipendente e imparziale delle prove sulle ecig: molti dei maggiori esperti internazionali hanno infatti una visione molto più a sostegno dell’uso dei prodotti a rischio modificato come strategia del controllo del tabacco.
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.