Lo scontro politico tra i favorevoli alla sigaretta elettronica e quelli contrari entra in una nuova fase.
Negli Stati Uniti è una lotta che si rinnova ad ogni cambio d’inquilino alla Casa Bianca quella tra svapatori e chi vorrebbe un divieto totale di vendita dei prodotti da svapo. Un braccio di ferro che va avanti da anni, e che vede nell’equilibrio tra diritto dei fumatori ad una alternativa meno dannosa ed il contrasto al boom di vapers tra i teenagers la sua ragione d’essere.
Vaping si, vaping no: un problema politico.
Negli Stati Uniti il vaping è oggetto di dibattito feroce da anni. A partire dall’Agosto del 2016, la US Food and Drug Admistration, l’ente federale che regola le politiche di salute pubblica nel paese, ha dichiarato le sigarette elettroniche come prodotti da tabacco e quindi soggette allo stesso tipo di regolamentazione delle sigarette tradizionali. Un giro di vite che ha prodotto non solo una ulteriore tassazione sui prodotti ma anche una demonizzazione della sigaretta elettronica in-toto. Questo approccio, tuttavia, ha provocato delle conseguenze non previste come l’aumento della compravendita di prodotti non regolamentati e la creazione di un mercato al di fuori del controllo statale. Tutto a discapito dell’implementazione di alternative più sicure per la salute rispetto alla sigaretta tradizionale.
Nonostante il governo statunitense abbia a disposizione tutti gli strumenti necessari al fine di mettere in campo una regolamentazione e una tassazione dei prodotti da svapo accuratamente calibrata ed equilibrata, le conseguenze politiche di uno sdoganamento della sigaretta elettronica pesano come un macigno sull’intero settore. Soprattutto per la scottante questione del crescente uso di svapo tra giovani e giovanissimi, che rallenta ogni passo in avanti verso questa direzione.
Secondo una recente ricerca dell’Università di San Diego in California, il numero di adolescenti che iniziano a fumare sigarette è costantemente diminuito negli anni parallelamente al crescente utilizzo delle e-cig. Dal 2016 al 2019, il numero di fumatori di sigarette tra i ragazzi delle scuole superiori statunitensi è sceso dal 28% al 22%, mentre l’uso di sigarette elettroniche è aumentato dal 39% al 46%.
Un fenomeno da non sottovalutare, ma che non può oscurare i molti studi scientifici che da anni ormai sottolineano i benefici apportati dalle sigarette elettroniche rispetto alle tradizionali, e che considerano questi strumenti come efficaci mezzi alternativi per una progressiva riduzione del danno causato dal fumo combustibile ed una successiva eliminazione della dipendenza da nicotina.
La retromarcia di Trump
Lo scorso Gennaio, con una mossa a sorpresa il Presidente Donald J. Trump dopo una iniziale chiusura a qualsiasi tipo di prodotto da svapo riformulava la sua proposta di legge, proibendo solo quegli aromi preferiti dai giovani e mantenendo quelli più utilizzati tra gli adulti. Una mossa che ha causato molto scalpore e che non è piaciuta affatto ad entrambi gli schieramenti.
“Non avrei mai dovuto fare quella cosa dello svapo” avrebbe detto Trump durante una telefonata con Alex Azar, segretario del Health and Human Services. Trump probabilmente si riferiva al fatto di aver pubblicamente dichiarato il proprio sostegno al divieto delle sigarette elettroniche aromatizzate piuttosto che lasciare la questione alla Food and Drug Administration.
Una frase che evidenzia inequivocabilmente il fatto che nessun legislatore statunitense voglia essere considerato dall’opinione pubblica come “tollerante” nei confronti del mondo dello svapo, e che ha riproposto ancora una volta l’estrema necessità di un bilanciamento tra la protezione dei minori sull’uso della sigaretta elettronica e l’offerta di una valida alternativa alla sigaretta tradizionale per i fumatori.
Il nuovo approccio del neo-presidente Joe Biden
Nonostante siano passate poco piu’ di due settimane dall’insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti siamo già in una nuova fase per il mondo dello svapo.
La scelta della US Food and Drug Administration di alzare i requisiti minimi per l’accesso al mercato dei prodotti di tabacco il giorno prima dell’insediamento di Biden, non è infatti passata inosservata. Come inosservata non è stata la scelta di undici senatori democratici, appena una settimana dopo il giuramento di Biden, di scrivere una lettera aperta alla FDA “sollecitando la rimozione dal mercato di tutti i nuovi prodotti da tabacco non autorizzati”.
Il pugno duro del Partito Democratico statunitense rispecchia senza dubbio un atteggiamento di sospetto nei confronti della Big industry in generale e del Big Tobacco in particolare. Questo approccio potrebbe però rivelarsi un boomerang. Innalzare i requisiti e stringere le maglie aumenterebbe infatti i costi di entrata nel mercato e quindi tagliare fuori le piccole compagnie indipendenti che sono alla base del business delle e-cigarettes. In ultima istanza, i vincitori di questo nuova politica sarebbero proprio le grandi compagnie del tabacco.
Antonino D'Orto, giornalista, laurea in Comunicazione e Relazioni internazionali è impegnato da anni nella comunicazione istituzionale ed Ufficio Stampa. Per LIAF Magazine si occupa di Esteri, Riduzione del Danno da Fumo, geopolitica sanitaria.