La quarta ondata di Sars-Cov-2 spinge la Spagna ad un divieto generalizzato di fumo all’aperto per contrastare l’epidemia, mentre il numero di contagi aumenta in tutto il territorio nazionale.
In base alla nuova legge, è di fatto vietato ai fumatori di rimuovere le maschere facciali – che sono obbligatorie – per fumare in pubblico se non è possibile mantenere una distanza di due metri tra le persone, in quella che si ritiene essere la prima restrizione del genere in Europa.
Sotto accusa, l’aerosol prodotto dalle sigarette convenzionali ed elettroniche, erroneamente considerata come vettore del virus soprattutto in quei luoghi dove non è possibile mantenere la distanza di sicurezza.
Già durante l’estate scorsa due regioni spagnole a trazione turistica- la Galicia e le Canarie- avevano introdotto il divieto di fumo all’aperto per frenare i contagi da coronavirus, recependo la chiamata dell’ Organización Médical Colegial che aveva consigliato una risposta coordinata e sanzioni più dure per chi violava le regole.
Adesso è il ministero della Sanità spagnolo ad entrare in gioco suggerendo alle regioni di introdurre il divieto totale di fumo all’aperto su tutto il territorio nazionale.
“E’ evidente che nel fumo ci sono particelle potenzialmente anche di virus, perché quando noi eliminiamo il fumo (di sigarette, di pipa, della e-cig) è chiaro che buttiamo fuori con aerosol anche particelle del virus se siamo positivi. Ma non c’è uno studio che dimostra che chi fuma trasmette di più Covid rispetto a chi ti respira vicino profondamente. Vietare di fumare all’aria aperta è eccessivo, stiamo attenti altrimenti qui si va sempre più verso divieti quando dovremmo andare in una altra direzione” ha dichiarato commentando la notizia Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova citato da AdnKronos
La Spagna, con una popolazione di 46 milioni di abitanti, è una delle nazioni europee insieme all’Italia con il maggior numero di contagi. Da Marzo 2020, si registrano infatti nel paese un totale di oltre 3 milioni di casi e 76 mila decessi a causa del Covid-19.
“La proliferazione di divieti generici non basati su evidenze scientifiche produce maggiori danni che benefici. Fumo e svapo non sono la stessa cosa. Si tratta di strumenti e condizioni di utilizzo diversi, così come di principi opposti. I fumatori sono soggetti che vanno aiutati a smettere, non pazienti da tenere relegati con divieti e bandi” ha affermato il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di eccellenza per la riduzione del danno da fumo dell’Università degli Studi di Catania (CoEHAR).
“Una ricerca condotta proprio dal CoEHAR smentisce su tutta la linea l’approccio della Spagna. Considerando la brevità della svapata, il tempo di esposizione e i dati statistici su carica virale e tasso di infezione, svapare comporterebbe un aumento di solo l’1% del rischio di contagio rispetto alla normale respirazione a riposo” ha sottolineato lo scienziato catanese.
Che aggiunge: “un ulteriore studio del CoEHAR ha inoltre valutato l’effetto del fumo di sigarette sull’espressione della proteina che regola l’ingresso del virus nel corpo, suggerendo un possibile fattore protettivo della nicotina nei confronti dell’infezione.“
Sulla stessa linea di Polosa anche l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzata: “certamente l’abitudine consolidata al fumo può essere considerata elemento in grado di potenziare l’infiammazione correlata alla malattia Covid-19, ma individuare nel fumo passivo occasionale un’aumentata possibilità di rischio di contrarre il Sars-CoV-2 rimane ipotesi al momento priva di alcun fondamento.”
Antonino D'Orto, giornalista, laurea in Comunicazione e Relazioni internazionali è impegnato da anni nella comunicazione istituzionale ed Ufficio Stampa. Per LIAF Magazine si occupa di Esteri, Riduzione del Danno da Fumo, geopolitica sanitaria.