I risultati dei più noti studi nel campo delle ecig sono necessari per impostare le linee guida delle principali politiche di salute pubblica.
Notando una crescente disinformazione nel campo delle sigarette elettroniche e della riduzione del danno e accorgendosi che molti organizzazioni internazionali, in prima l’OMS, non recepiscono correttamente i messaggi lanciati dagli esperti di settore, un gruppo di ricercatori internazionali, guidati dal CoEHAR, ha voluto valutare se alcuni tra i principali studi del settore fossero condotti nella giusta maniera.
Il risultato?
Gran parte delle ricerche nel campo del vaping contengono errori metodologici importanti, da cui discende un flusso di informazioni fuorvianti che alimenta il caos e la disinformazione soprattutto tra coloro che sono timorosi nell’approcciare il vaping per smettere di fumare.
Un problema che determina una diffusione capillare di notizie cosiddette “acchiappaclick”, basate su studi che contengono rilevazioni errate o soggetti di studio di cui non si considera la pregressa storia clinica o il precedente status di fumatori: insomma, un guazzabuglio metodologico che non facilita il compito di chi invece conduce seriamente le ricerche nel campo del vaping.
Sotto la supervisione della dott.ssa Cother Hajat, dell’Università degli Emirati Arabi Uniti, i ricercatori hanno analizzato i 24 studi più popolari sul vaping e pubblicati sulle più autorevoli riviste internazionali di medicina.
Gli scienziati hanno notato una pletora di errori disastrosi: ogni lacuna è stata identificata, categorizzata e accuratamente studiata.
Lo studio “Analysis of common methodological flaws in the highest cited e-cigarette epidemiology research” non lascia spazi a fraintendimenti: la quasi totalità delle ricerche più note del settore ha rilevato difetti metodologici, mancando di una chiara ipotesi, utilizzando un metodo inadeguato, non rilevando dati essenziali e non correggendo i risultati considerando ovvi fattori di confondimento.
Molti degli studi analizzati contenevano informazioni soggettive e, analizzando nel dettaglio i lavori che valutavano la possibilità che lo svapo fosse o meno uno strumento valido nei percorsi di harm reduction o cessazione, sono emerse problematiche legate a metriche valutative poco idonee.
“La maggior parte degli studi inclusi nella ricerca non ha beneficiato di una appropriata progettazione e non ha dato risposta alle ipotesi e alle domande iniziali presentate. Nel nostro lavoro offriamo delle raccomandazioni pratiche che possono migliorare enormemente la qualità e il rigore della ricerca futura nel campo della riduzione del danno” spiega la dott.ssa Hajat.
Gli autori concludono che molte delle ricerche più influenti sulle sigarette elettroniche sono di scarsa qualità e inadeguate a indirizzare le scelte di salute pubblica e offrire raccomandazioni pratiche per migliorare al ricerca in questo campo.
“Siamo orgogliosi di annunciare l’analisi più completa mai pubblicata sui difetti metodologici comuni nella ricerca sulla sigaretta elettronica!” dichiara il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.
“Invitiamo ricercatori, revisori, redattori scientifici e responsabili politici di tutto il mondo a leggere questo articolo e imparare come prevenire la propagazione di errori comuni che generano una distorsione della verità scientifica.
La reiterazione sistematica degli stessi errori che conducono a una scienza priva di informazioni utili è la nuova pandemia! Sono sbalordito che studi di così bassa qualità abbiano passato la revisione editoriale di prestigiose riviste scientifiche. È in gioco la credibilità degli scienziati nel campo del controllo del tabacco e della loro attività di ricerca!”
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.