Il 36.esimo Rapporto Italia pubblicato da Eurispes delinea un quadro preciso sulla situazione attuale dei fumatori italiani: solo il 31,4% di loro afferma di aver provato a smettere, mentre ben il 15,5% afferma di non volerci assolutamente provare
Dati estrapolati dal Rapporto Italia Eurispes
Il Rapporto Italia pubblicato nei gironi scorsi da Eurispes dedica una sezione ai Centri Antifumo e alla LILT, Lega Italiana per la lotta contro i tumori, strutture che si impegnano nella lotta al fumo di sigaretta attraverso iniziative e strumenti diversificati.
Sebbene il numero di fumatori di sigarette tradizionali sia in diminuzione a fronte di una crescita del mercato dei prodotti privi di combustione, emergono evidenti difficoltà per i fumatori a smettere, sia per difficoltà oggettive che per mancanza di intenzione: “ben il 68,6% non ha mai provato a smettere di fumare, solo il 31,4% afferma di averci provato. Sull’intenzione di smettere di fumare in un prossimo futuro, solo il 12,2% dei rispondenti si propone di smettere di fumare entro sei mesi. Ben il 15,5% afferma di non voler assolutamente smettere”.
Interessanti i dati in merito al consumo e utilizzo dei prodotti privi di combustione: “il 62,7% degli utilizzatori di tali prodotti ritiene che lo Stato dovrebbe considerare l’utilizzo della sigaretta elettronica tra i fumatori che altrimenti continuerebbero a fumare in ogni caso. Secondo il 91,9% degli utilizzatori di prodotti a tabacco riscaldato, lo Stato, nel caso in cui fosse scientificamente provata l’esistenza di prodotti senza combustione meno dannosi rispetto a quelli tradizionali, avrebbe il dovere di promuovere campagne di informazione ed è altrettanto alta la percentuale di quanti vorrebbero una riduzione della tassazione su tali prodotti (90,1%)”.
Anche per quanto riguarda le limitazioni sui prodotti alternativi, la maggioranza del campione nel report Eurispes (71,6%) ritiene che si dovrebbe allentare la presa su tali strumenti sottoponendoli a meno divieti.
Sugli schemi di consumo pregressi emerge che “prima di adottare i prodotti a tabacco riscaldato l’87% degli intervistati fumava sigarette tradizionali, l’8,8% la sigaretta elettronica, il 2,7% altri prodotti tradizionali del tabacco e solo l’1,5% non utilizzava alcun prodotto. Si evince dunque che quasi tutti i consumatori di tabacco riscaldato lo scelgono in alternativa o in aggiunta ad un prodotto da fumo usato in precedenza (98,5%), mentre sono pochissimi quelli che vi si accostano come primo approccio”.
“Il 79,5% dei consumatori di prodotti a tabacco riscaldato afferma di aver abbandonato le sigarette tradizionali dopo essere passati ai prodotti senza combustione. L’85% dei consumatori di prodotti a tabacco riscaldato si dichiara in qualche misura concorde con il fatto che i fumatori che altrimenti continuerebbero a fumare dovrebbero essere incoraggiati dallo Stato e dalle Istituzioni sanitarie a considerare il passaggio a prodotti a tabacco riscaldato (45,9% “probabilmente sì” e 39,1% “assolutamente sì”)“
Per quanto riguarda i centri antifumo, 244 strutture totali nel nostro paese, e la LILT, Lega Italiana per la lotta contro i tumori, articolata in 106 associazioni provinciali e circa 400 ambulatori, la fotografia scattata da Eurispes lascia intendere che, nonostante le iniziative e i trattamenti proposti, i risultati non possono dirsi soddisfacenti.
“La maggioranza delle strutture (64% del totale) ha un numero di assistiti che non supera i 50 pazienti. La presa in carico di un numero di pazienti più consistente (51-100, 101-200, oltre 200) interessa complessivamente solo 23 strutture (36% del totale)”.
Per quanto riguarda i metodi proposti dalle strutture, “quasi tutti i Centri Antifumo e le LILT che hanno risposto al questionario adottano terapie farmacologiche a contrasto della dipendenza. Parallelamente a questo tipo di terapia farmacologica, la maggior parte dei Centri prevede un lavoro mirato sull’individuo, andando a modificare quelle che sono le abitudini e la routine attraverso counseling psico-educativo o con “comportamentisti professionisti”“.
Purtroppo, il percorso di follow up con il paziente è molto spesso assente, per mancanza di personale e fondi, e pertanto il successo di questi trattamenti non è rilevabile: “di conseguenza, il paziente o interrompe la terapia o ricomincia a fumare”.
E per quanto riguarda la possibilità di usare i prodotti alternativi all’interno di queste strutture?
“Meno della metà degli intervistati ha manifestato una netta contrarietà all’utilizzo dei prodotti innovativi senza combustione; la maggioranza dei rispondenti si divide tra coloro che sono favorevoli, coloro che sono favorevoli ma, in concreto, non consigliano l’utilizzo di tali prodotti e, infine, coloro che sono possibilisti” denotando quindi “quanto ancora sia nebuloso il tema delle nuove strategie di riduzione del rischio basate sui prodotti senza combustione”.
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.