Al Fuori Tg di Rai 3 – condotto dalla giornalista Maria Rosaria De Medici – questa mattina è andata in onda una puntata speciale dedicata alle tasse sullo svapo.
In studio a dibattere sul tema il direttore di SigMagazine, Stefano Caliciuri, il direttore de Il Salvagente, Riccardo Quintili e uno dei membri del Comitato Scientifico della Lega Italiana Anti Fumo, il prof. Fabio Beatrice.
Proprio al professore, intervenuto per dare il suo parere scientifico, è stata fatta la prima domanda più rilevante sul tema: Fanno male o no le sigarette elettroniche?
Citando l’ultimo report del Public Health England, Beatrice ha ricordato al pubblico che secondo gli studi scientifici: “le sigarette elettroniche sono per il 95% meno nocive rispetto alla sigaretta convenzionale e questo proprio perché non prevedendo il processo di combustione, a differenza delle bionde, non sprigionano monossido di carbonio e fanno crollare la produzione di sostanze cancerogene”.
Un approccio positivo, come quello approvato in Inghilterra e diffuso in tutto il mondo, considera le elettroniche uno strumento efficace per la lotta al fumo e incentiva l’utilizzo da parte dei fumatori anche consigliando lo svapo in ambito medico.
“In Italia – come ha spiegato il direttore della struttura di otorinolaringoiatria all’ospedale San Giovanni Bosco di Torino – muoiono 80 mila persone l’anno e solo una piccola parte viene nei centri antifumo. Di questi, circa la metà smette. E di tutti gli altri fumatori che si fa? Anche se un paziente non accetta una terapia, non si può abbandonare. L’approccio inglese è molto più pragmatico di quello italiano. Le istituzioni italiane dovrebbero capire che un paziente non si abbandona e il fumatore è un paziente che va sostenuto più a lungo e in un percorso virtuoso verso la conservazione della propria salute“.
“L’elettronica avvicina i giovani al fumo?” – ha inoltre chiesto la giornalista.
“In realtà – ha risposto Beatrice – il problema riguarda la sperimentazione delle sigarette convenzionali che investe più di 7/8 milioni di giovani. Il punto sul quale le istituzioni dovrebbero soffermarsi non è la sperimentazione delle elettroniche ma il tipo di educazione alla salute che si promuove nelle scuole e nelle famiglie”.
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