Creare una legge può essere semplicemente inteso come una “regolamentazione di una situazione, di una realtà”. Dare, però, volto a una norma significa valutare non solo la situazione da regolare, ma le eventuali applicazioni che tale legge avrà. E pure l’interpretazione stessa della legge viene regolata dal diritto: non può, infatti, avere senso diverso da quello espresso dalle parole e dalle loro connessioni e non può prescindere dall’idea del legislatore.
Alla base della legge esiste un’idea principe, un assioma, un principio generale che plasma la realtà, delineando una norma di condotta generale.
Principi cardine che ritroviamo anche nelle politiche di controllo del tabacco: è il caso dell’articolo 5.3 della Framework Convention On Tobacco Control, approvata dall’OMS, che recita testualmente: “Nello stabilire ed attuare politiche di sanità pubblica in relazione al controllo del tabacco, i contraenti devono agire per proteggere tali politiche da interessi commerciali e di altra natura dell’industria del tabacco, in accordo con la legislazione nazionale”.
Una enunciazione che nasce per mettere in guardia dalle influenze indebite di un’industria secolare, potente: un modo per dire “so che esisti e che ci sei, e ti teniamo d’occhio”. Mettendo per iscritto che sappiamo esserci delle modalità attraverso le quali l’industria del tabacco può influenzare le politiche di sanità pubblica, implicitamente dichiariamo tali influenze non possibili.
Un articolo implementato dal 2008 dalle Linee Guida per l’attuazione dell’articolo 5.3:una serie di quattro principi guida, il primo dei quali viene usato ad oggi come fondamento delle politiche degli attivisti anti tabacco: “Esiste un fondamentale ed inconciliabile conflitto tra gli interessi dell’industria del tabacco e gli interessi di salute pubblica”.
Non un principio guida che regola una situazione, ma un vero e proprio assioma: si riconosce che, qualunque cosa succeda, qualunque possa essere il cambiamento operato dall’industria del tabacco, non sarà mai a beneficio della salute pubblica, ergo sarà sempre da contrastare.
Et voilà, un tranello giusnaturalista moderno in piena regola: l’idea che alla base delle politiche di controllo del tabacco esista un principio cardine inconciliabile con qualsiasi norma del diritto positivo, ovvero che l’industria del tabacco in qualunque forma rappresenti il nemico.
Un assioma che ci spiega Clive Bates nel suo articolo pubblicato su Tobacco Reporter, dove vengono eviscerate le implicazioni del “principio inconciliabile”.
Innanzitutto, l’esperienza svedese da sola contrasta il principio: qui, l’utilizzo di snus ha portato a tassi di fumo molto bassi, con conseguente diminuizione rispetto alla media europea delle patologie fumo correlate. Ergo, esistono prove che eventuali declinazione dell’industria del tabacco agiscano come strumenti di riduzione del danno.
In secondo luogo, il principio influenza gli obiettivi delle politiche di controllo del tabacco. L’avvento del vaping ha segnato un nuovo corso delle politiche di controllo del tabacco: il concetto di riduzione del danno ha dato concrete possibilità a chi non riusciva o non poteva smettere di fumare di avere una possibilità concreta di abbandonare un vizio mortale.
Terzo, il principio distorce le evidenze scientifiche che provengono dalla ricerca. Gran parte dei ricercatori e degli scienziati anti tabacco ignorano i dati che supportano l’apporto benefico dei dispositivi a rischio ridotto, accomunando gli effetti del vaping a quelli del fumo di sigaretta.
Quarto, l’opposizione violenta a qualsiasi forma di innovazione. Mentre gli attivisti anti tabacco combattono ferocemente il mondo del vaping, influenzando le decisioni in materia di molti stati, alcuni dei quali ad oggi vietano produzione e commercializzazione di sigarette elettroniche, le sigarette convenzionali continuano ad essere vendute ed essere causa di morte. Un paradosso in piena regola: invece di fare fronte comune, combattiamo per qualcosa, le ecig, di cui abbiamo dati scientifici che ne dimostrano l’efficacia e la relativa sicurezza, invece di contrastare il fumo convenzionale, di cui consociamo le conseguenze mortali.
Clive Bates chiude sottolineando che dovremmo adottare un altro principio guida, ben più importante: ridurre i danni nella misura maggiore e il più rapidamente possibile. Bates scrive: “Il principio inconciliabile è una reliquia del passato e fallisce il check della realtà: è il motivo per cui gli attivisti del controllo del tabacco rischiano ad oggi di fare più male che bene”.
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.