Quanto tempo sopravvive l’odioso Coronavirus sulle superfici?
Questo importante quesito è stato ampiamente dibattuto in questi giorni, ma le notizie che circolano in rete risultano fuorvianti oltre che allarmanti.
Il Prof. Riccardo Polosa fa chiarezza, e lo fa analizzando in modo critico un recente articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine
“Gli autori dell’articolo riportano che il virus possa rimanere vitale sulle superfici sino a un massimo di 3 giorni. Ma cerchiamo di capire bene quali sono le condizioni dello studio sperimentale e se queste siano rilevanti quando messe a confronto con le normali condizioni ambientali.
In laboratorio, il virus viene impiantato in un brodo di cultura – una specie di energy drink per microorganismi – e quindi trasferito su superfici di diversa tipologia (plastica, cartone, legno, rame) per verificarne modificazioni nel grado di stabilità e vitalità nel tempo. Ebbene, si tratta di condizioni sperimentali estreme che non tengono conto di tutte quelle condizioni ambientali (temperatura, umidità, circolazione dell’aria, evaporazione) che notoriamente limitano la sopravvivenza delle particelle virali.
In generale, una persona infetta può contaminare le pareti o superfici attraverso goccioline emesse con la tosse o gli starnuti o veicolando le particelle virali con le mani. Ma questa forma di contaminazione ambientale non è assolutamente riconducibile allo scenario ricostruito in laboratorio dagli autori dell’articolo del New England Journal of Medicine.
Va da se – conclude Polosa – che quando un virus allevato in un brodo di coltura viene impiantato su superfici o pareti in un laboratorio la sua sopravvivenza risulterà di fatto prolungata artificialmente. Tre giorni? Mi sembrano un po troppi!”
Valeria Nicolosi è giornalista, esperta in progettazione e comunicazione pubblica (sociale e istituzionale). Laureata in Programmazione delle Politiche Pubbliche nell’Università degli Studi di Catania, è anche masterizzata in Comunicazione Pubblica nell’Università IULM di Milano. L'amore e l'interesse nei confronti della formazione dell'opinione pubblica l’hanno portata a collaborare come consulente per LIAF con l’obiettivo di aiutarli a definire azioni utili per la diffusione e la sensibilizzazione della cultura antifumo. Valeria è oggi press office di LIAF e collabora anche con istituzioni ed enti pubblici diversi.