Il problema è che non solo le loro conclusioni non sono avvalorate dai dati del sondaggio, ma vanno in direzione diametralmente opposta. A smascherare questa ennesima “truffa” scientifica, i due ricercatori più produttivi e autorevoli del panorama scientifico internazionale sulle sigarette elettroniche, Riccardo Polosa, professore ordinario di Medicina Interna all’Università di Catania, e Konstantinos Farsalinos, cardiologo alla Onassis Cardiac Surgery Center di Atene.
Polosa e Farsalinos, in una lettera scientifica pubblicata oggi su JAMA Pediatrics, fanno innanzitutto notare che si tratta di una indagine di tipo cross-sezionale e non prospettico e pertanto qualsiasi associazione osservata tra uso di sigaretta elettronica e maggiore propensione al tabagismo non implica necessariamente una causalità. Inoltre, l’indagine non tiene conto di alcune caratteristiche della popolazione che possono giocare un ruolo cruciale nel determinare un nesso di causalità. Sebbene gli autori abbiano riconosciuto questa limitazione nel testo, hanno poi finito per stilare una conclusione che induce il lettore a pensare che le sigarette elettroniche possono indurre gli adolescenti a prendere il vizio del fumo.
Polosa e Farsalinos smontano in modo elegante il ragionamento di Dutra e Glantz utilizzando la loro stessa banca dati. Nel 2011 il sondaggio includeva anche la domanda se i partecipanti avessero mai provato strumenti per smettere di fumare negli ultimi 12 mesi. Gli interventi per smettere sono stati distinti come farmacologici (ovvero, gomme alla nicotina, cerotti o qualsiasi altro farmaco antifumo) e non farmacologici (ovvero, programma antifumo in una scuola o in una comunità, programma antifumo via telefono o internet, assistenza da parte di familiari o amici, ipnosi, agopuntura, o la sola forza di volontà). E’ stata quindi analizzata la forza delle associazioni tra questi interventi e l’abitudine di fumare, il non fumare, la frequenza d’uso delle sigarette negli ultimi 30 giorni e il numero complessivo di sigarette in coloro che le fumavano. Utilizzando la stessa analisi statistica di Dutra e Glantz (ovvero, una regressione logistica), Polosa e Farsalinos hanno dimostrato come gli interventi per smettere (sia di tipo farmacologico che di tipo non farmacologico) risultassero significativamente e fortemente associati alla propensione di essere tabagisti, alla maggiore frequenza e consumo complessivo di sigarette convenzionali, e alla minore probabilità di rimanere non fumatori.
Nonostante questi risultati, sarebbe inopportuno (oltre che imbarazzante) concludere che il ricorso a strumenti per smettere di fumare invece di scoraggiare possono incitare al tabagismo nei giovani. Questo è esattamente ciò che Dutra e Glantz hanno fatto nel loro articolo, criminalizzando così le sigarette elettroniche. La loro conclusione, secondo cui gli adolescenti che sperimentano sigarette elettroniche passano al fumo di sigaretta, non sta né in cielo né in terra ed è in contrasto con le più elementari regole interpretative di studi scientifici di questo genere. Non solo, le loro conclusioni sono in netto contrasto con i dati della letteratura scientifica e con i sondaggi LIAF condotti nelle scuole siciliane:
E’ scandaloso che esperti in materia di biostatistica possano aver travisato in modo così clamoroso i risultati di questa ricerca. Ma ancor più preoccupante il ruolo giocato da JAMA Pediatrics in tutta questa vicenda; come è possibile che una rivista scientifica del calibro di JAMA Pediatrics possa aver approvato la pubblicazione di questo studio? L’unica spiegazione che possiamo dare è che le conclusioni distorte degli autori sposavano in pieno le posizioni ideologiche anti-sigaretta elettronica degli editori della rivista.
Purtroppo questa incomprensibile presa di posizione non riguarda solo JAMA, ma ampie frange della comunità medico-scientifica internazionale.
“Noi scienziati dobbiamo essere cauti con le affermazioni sulle sigarette elettroniche, e non possiamo permettere che si diffondano argomentazioni confuse e fuorvianti per disinformare la società e le autorità di regolamentazione – ha detto Farsalinos – È stata una chiara violazione del corretto svolgimento di un procedimento scientifico, e ci siamo sentiti obbligati a rispondere”.
“La scienza deve servire la verità, non gli interessi e le ideologie – ha commentato Polosa – È facile fare allarmismo ingannando chi non ha conoscenze adeguate per valutare le informazioni in modo critico, e trovo che sia molto disonesto che eminenti scienziati abusino della loro posizione e della loro conoscenza per disorientare cittadini, giornalisti e governi”.
La lettera di risposta di Farsalinos e Polosa è disponibile qui: