Un recente studio – pubblicato su ERJ Open Research e diffuso anche dai media italiani – ha analizzato gli effetti delle sigarette convenzionali mettendoli a confronto con quelli dei nuovi riscaldatori di tabacco (le cosiddette Iqos). La geniale conclusione degli autori è che: “Le Iqos potrebbero essere dannose quando le bionde“.
Insomma, tutte le organizzazioni internazionali (compresa l’Organizzazione Mondiale della Sanità) che in questi anni hanno dimostrato quanto gli strumenti alternativi al fumo di sigaretta convenzionale possano ridurre i danni da fumo in maniera esponenziale avrebbero “toppato“.
I ricercatori avrebbero esposto per “72 ore” cellule umane delle vie aeree a diverse concentrazioni di fumo di sigaretta, di vapore della sigaretta elettronica e di aerosol emesso da Iqos. 72 ore continue di esposizione. “Quanto può essere vicino alle normali condizioni d’uso questo limite temporale?” – si chiede il prof. Riccardo Polosa. Come già affermato tantissime volte dal docente catanese: “Questo approccio, privo di standard qualitativi e quantitativi, è ormai tristemente diffuso e fa acqua da tutte le parti. Rischia peraltro di minare il buon lavoro svolto da centinaia di ricercatori impegnati in tutto il mondo”.
Il prof. Massimo Caruso, ricercatore LIAF e docente di Immunopatologia presso l’Università degli Studi di Catania, ha così commentato lo studio:
“È disarmante notare la leggerezza della rivista ERJ, che pure dovrebbe essere tra le più affidabili e selettive in campo pneumologico, nel pubblicare dati ottenuti con esperimenti così incompleti e vaghi, in cui gli autori dimenticano persino di specificare i più basilari dettagli sulla produzione di vapore e fumo (es.: quante sigarette/heath sticks sono usate per preparare i terreni condizionati? Per quanto tempo è mantenuta attivata la resistenza della IQOS e della e-cig? L’aspirazione dei prodotti da fumo/vapore era continua o alternata?). L’utilizzo di Marlboro rosse comprate al tabacchino sotto casa (o sotto al laboratorio) già è segno di un gruppo che non ha nemmeno i rudimenti della ricerca sul fumo! Inoltre il setting dello studio è errato già dalla concezione! Dovrebbe essere ben noto infatti (se non agli autori dello studio, sicuramente ai revisori di ERJ) che le cellule epiteliali bronchiali vivono all’interfaccia aria-liquido, dunque affogarle nel terreno bubbled con fumo o vapore (sarebbe sicuramente lo stesso con aria di mare) non riproduce per nulla le condizioni fisiologiche, e dunque lo studio andava impostato in un modo totalmente diverso. Per questi grossolani errori i dati sono totalmente inattendibili e non riflettono nemmeno lontanamente l’utilizzo reale di questi prodotti e, dunque, le conclusioni degli autori dello studio sono degne del famigerato azzeccagarbugli“.
Valeria Nicolosi è giornalista, esperta in progettazione e comunicazione pubblica (sociale e istituzionale). Laureata in Programmazione delle Politiche Pubbliche nell’Università degli Studi di Catania, è anche masterizzata in Comunicazione Pubblica nell’Università IULM di Milano. L'amore e l'interesse nei confronti della formazione dell'opinione pubblica l’hanno portata a collaborare come consulente per LIAF con l’obiettivo di aiutarli a definire azioni utili per la diffusione e la sensibilizzazione della cultura antifumo. Valeria è oggi press office di LIAF e collabora anche con istituzioni ed enti pubblici diversi.