Dall’inizio della pandemia, è diventato prioritario studiare e comprendere quali fattori fossero responsabili di un possibile aggravamento dell’infezione da Covid-19.
La domanda principale, dunque, verteva sull’esaminare attentamente quali specifici elementi di rischio influivano sul quadro clinico del paziente: trattandosi di una patologia respiratoria, il fumo, con i ben noti effetti sul sistema cardiocircolatorio e polmonare, è stato oggetto delle ricerche di settore.
Come emerso dai primissimi studi, il numero di ospedalizzati tra i fumatori era insolitamente basso, anche se, una volta contratto il virus, le probabilità di incorrere in esiti negativi e gravi erano più alte.
Ma qual è la relazione tra fumo di sigaretta e infezione da covid 19?
I ricercatori del CoEHAR, Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania, in collaborazione con la Duke University negli Stati Uniti e grazie al sostegno del Comune e dell’IRCCS Oasi Maria SS. di Troina, hanno studiato per la prima volta il rapporto tra lo status di fumatori, verificato da specifici marcatori biochimici, e l’infezione da Sars-CoV-2 grazie ad una vasta ricerca sulla popolazione denominata “Progetto Troina”.
Il “Progetto Troina” riguarda uno studio di gruppo condotto tra luglio e settembre 2020 a Troina, un comune siciliano diventato ben presto zona rossa a causa all’elevato numero di contagi.
Considerando il notevole numero di infetti, si è voluto indagare l’incidenza dell’infezione da Covid-19, attraverso test sierologici sia sulla popolazione residente nel territorio comunale sia su un campione di lavoratori sanitari dell’IRCCS Oasi di Troina.
Lo studio – dal titolo “The effect of laboratory-verified smoking on SARS-CoV-2 infection: results from the Troina sero-epidemiological survey” e pubblicato su Internal and Emergency Medicine – ha rilevato che la prevalenza di positività anticorpale per il virus Sars-CoV-2 era inferiore nei fumatori rispetto che agli ex fumatori o a chi non aveva mai acceso una sigaretta: rispettivamente 19.8% e 31%.
Minor prevalenza che persisteva anche dopo aver valutato possibili fattori di confondimento come sesso, età, condizioni croniche, precedenti infezioni e gruppi di rischio.
Grazie alla conferma dello status di fumatori, attraverso specifici marcatori biochimici, i ricercatori del CoEHAR hanno chiarito una volta per tutte i risultati contrastanti di precedenti ricerche in merito all’associazione tra il fumo di sigaretta e il rischio connesso all’infezione da Sars-CoV-2.
Come afferma il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR:
«Rispetto ai non fumatori, i soggetti di cui è stata appurata in maniera oggettiva la condizione di fumatori sembrano essere meno suscettibili allo sviluppo dell’infezione da Sars-CoV-2. Questi risultati sono in accordo con dati precedenti che hanno dimostrato l’associazione tra lo status di fumatori autoriferito e una riduzione dei marcatori dell’infezione da Sars-CoV-2. I nostri risultati supportano l’idea che nuove applicazioni farmaceutiche innovative a base di nicotina possano prevenire l’infezione».
Per rilevare lo status di fumatori si è deciso di associare le dichiarazioni dei partecipanti all’individuazione di uno specifico marcatore biologico, la cotinina, un metabolita sierico della nicotina.
Su un totale di 1785 partecipanti allo studio e testati per i valori di cotinina, 1312 (il 73.5%) sono abitanti del comune di Troina, mentre 473 (il 26.5%) fanno parte del personale sanitario dell’IRCCS Oasi di Troina.
Nello specifico, la maggior parte dei partecipanti è rappresentato da donne (61.4%), con un’età media totale rilevata di 50 anni. Il 56.1% riportava almeno una patologia cronica.
I test sierologici condotti hanno rilevato una positività anticorpale generale del 5.4%; nessuna specifica differenza nella risposta anticorpale è emersa considerando dati su età e sesso.
La concordanza tra la storia clinica autoriferita relativa allo status di fumatori e la soglia sierica di cotinina è risultata essere alta, con valori pari al 97.1% negli ex fumatori e 98.7% nei non fumatori.
Per quanto riguarda, invece, la correlazione tra fumo e infezione da Sars-CoV-2, la prevalenza di positività alle immunoglobuline nei test sierologici è stata sorprendentemente bassa nei fumatori (19.8%) rispetto ai soggetti con cui si è avviato il confronto.
«Sono rimasta colpita nel vedere che lo status di fumatori era associato a una minore positività anticorpale da Sars-CoV-2– spiega la prof.ssa Venera Tomaselli, docente di Statistica sociale dell’Università di Catania e membro del CoEHAR- Tuttavia, va sottolineato che il fumo è un’abitudine di vita malsana che provoca la morte di circa 8 milioni di persone ogni anno, il doppio del Covid-19».
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.