E’ noto come la comunità scientifica abbia già da tempo manifestato delle perplessità sul razionale teorico di un vaccino antinicotina e il dibattito sulla validità su questa tipologia di approccio rimane aperto. La presenza di anticorpi antinicotina in circolo riduce certamente la quantità di nicotina che raggiunge il cervello impedendone il transito attraverso la barriera ematoencefalica.
Tuttavia, nei pazienti con manifesta dipendenza nicotinica (vale a dire la grande maggioranza dei fumatori!) questo rischia di tradursi in un atteggiamento di compenso inconscio da parte del fumatore con un maggior numero sigarette/boccate al fine di garantire stabili livelli cerebrali di nicotina necessari ad evitare i sintomi astinenziali.
In pratica si rischia addirittura di fumare di più per cercare di saturare gli anticorpi circolanti e permettere quindi libero accesso al cervello a quelle molecole di nicotina che non si trovano legate all’anticorpo.
Quindi il trovarsi in una situazione dove le molecole di nicotina sono legate ad anticorpi circolanti che ne impediscono la libera circolazione a livello cerebrale equivale al non introdurre nicotina nell’organismo (con tutti i disagi che i fumatori che tentano di smettere ben conoscono).
Ciò nondimeno, il vaccino antifumo può risultare vantaggioso nella prevenzione delle ricadute nei pazienti che sono stati avviati a programmi di disassuefazione dal fumo di sigaretta.