Bandi e aumento dei prezzi: le politiche sociali ed economiche antibagismo di molti governi si fondano sull’assunto che un limitato accesso al prodotto si traduce in un effettiva diminuzione del numero di fumatori, sopratutto tra i più giovani.
Negli ultimi anni, diversi economisti si sono interrogati se effettivamente misure restrittive come quelle sopracitate abbiano un significativo impatto in termini di contenimento nei tassi di tabagisti.
Ultimo in ordine temporale, uno studio dei ricercatori delle università di Basilea e Losanna, in Svizzera, che ha valutato l’impatto delle politiche restrittive di accesso ai prodotti del tabacco sugli adolescenti svizzeri, incrociando i dati dal 2001 al 2016.
Aver impedito ai minori di accedere alle sigarette ha impattato sul numero di fumatori nel paese?
A quanto pare, no: l’impatto dei bandi non ha avuto ripercussioni né in positivo né in negativo. Secondo la ricerca, non solo i giovani, se necessitano di una sigaretta, riescono ad aggirare i divieti, come emerge anche da studi analoghi, ma sebbene considerino il fumo meno “figo”, non cambiano la propria percezione sul rischio legato alla sigaretta.
Lo studio ha analizzato le abitudini di circa 80.000 giovani svizzeri al di sotto dei 21 anni di età tra il 2001 e il 2016. Secondo i ricercatori, le attuali politiche non comportano una diminuzione delle probabilità che questi giovani diventino fumatori in età adulta.
Non variano nemmeno le percezioni in merito a malattie o decorsi patologici possibili legati al fumo: un dato curioso e allarmante, in un paese dove il 27% della popolazione fuma.
“Una possibile spiegazione può risiedere nel fatto che gli adolescenti riescano a trovare modi di aggirare il bando” spiega Alois Stutzer, uno degli autori dello studio.
Sebbene gli acquisti presso i tabaccai siano inferiori per via del bando, rimane invariato l’accesso alle sigarette, che continua attraverso amicizie o, come emerso anche in studi analoghi, all’interno delle famiglie stesse, se sono presenti fumatori.
“Dovremo essere consapevoli che i divieti sulle sigarette, se non sono supportati da misure delle forze dell’ordine, non sortiscono un effettivo cambiamento sui tassi di fumatori”, spiega il ricercatore.
Qual è la situazione in Svizzera per quanto riguarda le ecig?
Nel paese ha sede uno dei centri di ricerca principali della Philip Morris, una delle più grandi aziende del tabacco a livello mondiale. IL “Cube”, una struttura avveniristica legata allo sviluppo dell’IQOS, ha infatti sede a Neuchâtel.
Proprio la presenza di questa azienda rende la questione sulla limitazione della pubblicità relativa alle sigarette alquanto spinosa: è dal 2016, infatti, che nel paese si cerca di revisionare la la Tobacco Products Law, sopratutto per tutelare i più giovani.
La mancanza di un adeguamento di questa legge, impedisce inoltre al paese di ratificare La Framework Convention of Tobacco Control: all’interno del governo, correnti opposte si interrogano su quanto tali divieti non siano in realtà lesivi della possibilità delle industrie di promuovere i propri prodotti e la presenza di una di queste in territorio non agevola le trattative.
Già nel 2018, un’iniziativa partita su base popolare, sopportata da asscociaizoni come Swiss Cancer League, gruppi di medici e Sucht Shweiz ha richiesto un intervento legislativo per tutelare i minori dalla pubblicità legata al fumo, ma il governo ha rigettato la richiesta, riconoscendo al contempo la necessità di intervenire.
Al monento, nel paese, è vietato fumare negli spazi pubblici al chiuso e negli uffici, oltre che sui mezzi di trasporto, mentre, recentemente, è stata data indicazione per predisporre aree fumatori apposite in corrispondenza delle fermate dei mezzi di trasporto pubblici.
Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.