Può un aumento dell’1% riportato da uno studio ottenere un titolo drammatico su famosi quotidiani internazionali?
La risposta è si quando si tratta di demonizzare qualsiasi cosa relativa alle sigarette elettroniche.
La percentuale incriminata appare in uno studio di cui vi abbiamo dato ampiamente notizia nei giorni scorsi: “Aerial Transmission of the SARS-COV-2 Virus through Environmental E-Cigarette Aerosol: Implications for Public Policies” del Dr. Roberto Sussman, Prof. Riccardo Polosa, Eliana Golberstein.
Lo scopo dello studio era di quantificare quanto i vapers esalino rispetto ai chi non utilizza la sigaretta elettronica e se ciò avesse conseguenze sulla diffusione del Covid-19. La ricerca inoltre “contribuisce alla definizione di linee guida per le politiche pubbliche sullo svapo e sul fumo nel contesto delle strategie di contenimento, prevenzione e mitigazione della pandemia COVID-19“.
Il risultato ha dimostrato come per la maggior parte degli utenti nell’atto di svapare il rischio sia aumentato solo dell’1% in ambienti interni. In alcuni casi, il rischio è salito al 17% per i dispositivi ad alta potenza. Ma tali dispositivi vengono utilizzati solo dal 10% dei vapers.
Come comparazione, lo studio ha spiegato come il rischio aumenti del 176% quando si parla e del 260% quando si tossisce ogni due minuti in un’ora.
Come sottolineato dallo studio, le esalazioni tramite svapo producono una nuvola visibile facilmente evitata da altri. Ciò implica che al di fuori di questa particolare area il rischio di infezione è trascurabile.
La conclusione dei ricercatori è che lo svapo non necessita di interventi particolari se non la distanza sociale e l’utilizzo di maschere protettive.
Questo avviene mentre i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno fatto un passo indietro rispetto alla precedente dichiarazione, in cui indicavano le sigarette elettroniche come un fattore di incremento del rischio. Nella nuova valutazione, non vi è infatti nessuna raccomandazione generale riguardo la cessazione dello svapo.
“La ricerca ha come scopo quello di implementare le politiche per contrastare la pandemia ed evitare qualsiasi panico irragionevole tra la popolazione“, ha detto il Prof. Riccardo Polosa, uno degli autori dello studio.
Tuttavia, il The Telegraph ha deciso di pubblicare un articolo con il titolo “Vapers with Covid-19 up to 20 per cent more likely to transmit it than infected non-smoker, study finds” citando erroneamente lo studio e diffondendo paure irragionevoli.
“Interpretare male il lavoro scientifico in modo dannoso è controproducente. Distrugge e mette a repentaglio il duro lavoro che molti scienziati devono fare ogni giorno per scoprire verità universali. Diffondere una mezza verità nella tua narrativa è brutto come mentire o diffondere teorie del complotto” ha affermato Eliana Golberstein, una delle ricercatrici dello studio.
Il tabloid britannico “The Daily Mail” ha scelto il titolo: “Vapers up to 17% more likely to spread coronavirus because it gets blown around when they breathe out, study says” affermando anche – in maniera ingannevole- come lo studio sostenesse il divieto in ristoranti e stazioni ferroviarie.
In risposta il Dott. Roberto Sussman, ricercatore principale dello studio, su Twitter:
Anche Chris Snowdon, dell’Institute of Economic Affairs in Gran Bretagna, nel suo blog Velvet Glove ha duramente criticato gli articoli del The Telegraph e del Daily Mail.
Il Regno Unito è da sempre in prima linea per quanto riguarda la riduzione del danno da tabacco e alternative più sicure alle sigarette tradizionali. Con sette milioni di persone che utilizzano sigarette elettroniche, il Regno Unito è anche il paese leader in Europa per numero di svapatori, sebbene ogni anno ci siano ancora 73.000 morti e 480.000 ricoveri ospedalieri.
Informazioni accurate basate su prove scientifiche sono un diritto innegabile per tutti i fumatori disposti a smettere o a passare ad alternative più sicure.
Diffondere paura con il giornalismo sensazionalistico causa molti danni, limitando l’efficacia delle politiche di Sanità Pubblica in grado di ridurre il carico dovuto dal fumo sui vari Sistemi Sanitari Nazionali.
“L’articolo di The Telegraph mira solo a diffondere disinformazione e non è basato sulla scienza. Ancora una volta, stiamo assistendo a pregiudizi da parte dei media nei confronti del mondo dello svapo” – si esprime così commentando il titolo il Prof. Riccardo Polosa, principale scienziato in ambito mondiale sulla riduzione del danno al tabacco e fondatore del CoEHAR.
Antonino D'Orto, giornalista, laurea in Comunicazione e Relazioni internazionali è impegnato da anni nella comunicazione istituzionale ed Ufficio Stampa. Per LIAF Magazine si occupa di Esteri, Riduzione del Danno da Fumo, geopolitica sanitaria.